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 L'UOMO E LA NATURA: SCIENZA CULTURA ED ETICA
 Che posto ha l'uomo nella Natura?
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vespa90ss
Utente Super


Città: Firenze

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Inserito il - 22 novembre 2008 : 20:05:31 Mostra Profilo  Apri la Finestra di Tassonomia

............Non c'è nessun motivo di rattristarsi se teniamo separate la società umana e la natura: è una questione di rispetto per entrambe.
Allo stesso modo come non è indice di disprezzo se teniamo il gatto o il cane nella sua cuccia anziché farlo dormire con noi nel letto o mangiare nel nostro piatto; ad ognuno il suo ruolo, i suoi tempi, i suoi odori e la sua privacy...............


Proprio prendendo spunto da questa frase che ho raccolto dalla lettura di un recentissimo post intendo dare il via all’analisi di questo problema che mi sembra piuttosto centrale per poter affrontare con lucidità qualsiasi discussione incontreremo nel nostro cammino fra le pagine di Natura Mediterraneo.
Abbiamo in moltissime occasioni affrontato il problema delle uccisioni degli animali da parte dell’uomo a vario titolo ed abbiamo argomentato con tutte le nostre forze e le energie per comprendere fino a che punto fosse lecito intervenire per essere noi a decidere quando, se e come recidere il sottile filo che li tiene legati all’essere o non essere. Tutto questo non solo in funzione di una nostra migliore esistenza ma in taluni casi anche della loro.
Quale posto pensiamo che ci competa nella natura in relazione al nostro modo di decidere e di scegliere sulla loro esistenza, sui loro ritmi, sui loro spazi di pertinenza? Dove riteniamo di poterci posizionare?

Ricordo che negli anni cinquanta cani e gatti erano considerati appena poco di più che di un selvatico: era tanto se veniva assegnato loro un nome. Era quasi una regola almeno per i gatti.

Spesso erano presi in considerazione solo quando commettevano qualcosa di indesiderato: ecco che pedate, offese ed urla rivolte contro di loro erano abbastanza usuali.

Una cuccia al freddo nel giardino, al massimo nel garage lasciando la serranda socchiusa.
Il buio, il freddo, la solitudine, forse la paura.
Qualche osso, dei tozzi di pane. Una scodella con l’acqua sempre sporca. Spesso una catena per non farli allontanare troppo.

Oggi grazie al cielo, qualcosa sta cambiando. Vivono con noi, nella nostra casa: frequentano le nostre stanze, ascoltano le nostre voci, comprendono perfettamente le nostre emozioni, chiedono le nostre carezze. Cercano il nostro contatto per addormentarsi.
Desiderano comunicare in qualche modo.

Il nostro posto credo si sia leggermente spostato. Riusciamo a penetrare il loro sguardo ed a comprenderne la loro disperazione per non riuscire a trasmettere come vorrebbero la loro gioia nel sentirsi coinvolti nella nostra vita.
Stanno acquistando consapevolezza di sé. Poco alla volta. Alcuni stanno imparando persino ad accennare un sorriso al rientro del “padrone”.

Ecco che la frequentazione assidua con gli animali domestici ci porta a modificare la posizione che ci era stata assegnata dalla cultura ereditata dai nostri genitori.
Non siamo più in quel posto. Ci stiamo trovando un poco più in là. In un posto diverso rispetto alla natura.
Un passo più verso…
non so.
Verso qualcosa di più bello e diverso, sicuramente.

Ma siamo certi che solo loro stiano acquistando veramente consapevolezza di sé?

Beppe


Modificato da - Acipenser in Data 25 marzo 2010 02:23:52

D21
Moderatore Tutor


Città: Cuneo

Regione: Piemonte


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Inserito il - 22 novembre 2008 : 21:21:22 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Se mi permettete, vorrei scrivere due parole su questo argomento.
Parole grette e scontate, nulla di impegnativo: non prendetemi sul serio! Non son degno di tanto!

Premessa: un mio Prof delle superiori (vecchi tempi) porta in classe il giornale... Beh, ogni tanto lo faceva... Trova una vignetta e ce la legge:

"Ci sono due agricoltori che parlano fra loro; uno dice:
-Vengono a dirci come dobbiamo gestire la Natura!-
L'atro chiede: -E da dove vengono?-
Risposta: -Dalla città!-"


Lui, il Prof, s'è messo a ridere e ha detto che era proprio vero... Io no.

Infatti credo che solo chi non dà per scontato d'avere la Natura alle porte di casa sappia cosa significa vivere senza. E inoltre, non ci trovo un granchè di naturale in una monocoltura innaffiata di antiparassitari. Sarà necessaria per la sopravvivenza della nostra società, d'accordo, ma non ditemi che quella è "Natura".

Altra premessa: qualche giorno fa ho sentito qualcuno, che vive in campagna, lamentarsi delle reintroduzioni di rapaci. Diceva che poi prendono le sue galline. Ora: noi, tutti appassionati di natura, siamo abituati a considerare un rapace come una ricchezza irrinunciabile nel mondo in cui viviamo, ma chi alleva galline in cortile lo vede come un antagonista.

Se io dovessi mettere su un piatto della bilancia una gallina domestica e sull'altro un'aquila, scelgo senz'altro il rapace. Ma non è così per tutti.

Insomma, pare che perfino oggi ci sia chi vive fuori città e coltiva il suo orticello vedendo ciò che davvero è NATURA come un nemico che gli sottrae profitti.

Forse oggi, noi cittadini, o se preferite noi gente moderna, di città o di villette in campagna, gente quasi libera dalla selezione naturale (ci manca poco... forse... o forse è una nostra illusione), possiamo permetterci di tollerare, e perfino godere di ammirare, il vero spirito naturale.
Chi invece viveva 50-60 anni fa in una società rurale cercava di strappare alla Natura tutto ciò che poteva pur di sopravvivere. In certi casi questo sentimento perdura tutt'ora.

L'Uomo faceva sicuramente parte della Natura quando "giocava alla pari", sottoposto alle stesse durissime regole di vita degli altri animali. Ma l'umanità non è una specie che prende "solo ciò che serve per sopravvivere"... L'umanità fa scorte, accumula, taglia, uccide, mette da parte per avere sempre di più. E' così che è nata la società moderna: quando si sono accumulate abbastanza ricchezze da non doversi più spezzare la schiena, allora si è potuto "fare altro", come intraprendere le ricerche scientifiche su nuove cultivar di grano, nuove macchine agricole, nuove industrie.

E oggi molti esponenti dell'umanità, almeno qui in occidente, possono vivere un'intera vita senza la necessità di usare una zappa... Senza neppure toccare mai un suolo coltivabile, senza allevare galline e senza guardare con sospetto ogni rapace in volo.

Gli animali domestici come cani e gatti, di cui parlava Vespa, sono forse trattati con più rispetto semplicemente perchè possiamo permettercelo. Forse non c'entra nulla la nuova consapevolezza ecologica, protezionistica, ambientalista, perfino animalista.

Forse, semplicemente, oggi non andiamo più in rovina se il nostro cane ci mangia la cena. Ne facciamo un'altra. E due coccole al cane che, trascurato un momento, aveva tanta fame per colpa nostra.

Ora mi chiedo: abbiamo perso l'appartenenza alla Natura, perchè siamo sfuggiti alla sua regola di combatti-per-vivere, o piuttosto il nostro benessere ci ha donato la possibilità di guardare alla Natura stessa senza cupidigia, senza lo smodato desiderio di appropriarsene per "mangiare anche stasera", e quindi goderne appieno, senza secondi fini?

Mio nonno non riusciva a guardare una vallata piena di precipizi scoscesi e rocce cristalline che si elevavano in cielo senza considerarla "brutta". Non c'era alcuna bellezza in una terra aspra, per lui. Invece una valle ampia, pianeggiante, verde e dominabile era "bella". Lui, ovviamente, non era scalatore per sport, o escursionista, o birdwatcher...

Temo dunque che il nostro evolverci nel rispetto della Natura sia dovuto al benessere di cui godiamo. Tuttavia non credo che questo ci abbia allontanato dalla Natura: al contrario: sono convinto che ci abbia reso più consapevoli di cosa è davvero la Natura. Insomma: abbiamo potuto "fermarci a guardare", e vedere l'insita bellezza anche in una valle rocciosa.

Forse, e qui mi aspetto critiche da ogni dove, siamo più vicini alla Natura oggi, che non dipendiamo più così tanto da Lei, che in passato, quando ne facevamo parte come ogni altro organismo. In fondo, anche il cervello umano, le sensazioni che proviamo, ciò che pensiamo e il modo di pensarlo sono un dono dell'evoluzione.

E non credo che sia un caso che, appena ci siamo slegati dalla stretta dipendenza dalla Natura, siamo andati subito a cercarla, studiarla, ammirarla, come prima ci era difficile fare!

Ne abbiamo ancora bisogno, se non per la sopravvivenza del corpo, almeno per la felicità dello spirito. Siamo sempre Natura, in modo diverso, non più opportunistico, ma libero.

Dario.


"Siamo noi, che sotto la notte ci muoviamo in silenzio, tra gli anfratti dei sogni che il giorno ci ispira,
nei meandri di un tempo che cambia ogni volta, cercando qualcosa che non abbiamo mai perso." (1795 J.d.L.)
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elleelle
Moderatore Trasversale

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Flora e Fauna

Inserito il - 23 novembre 2008 : 00:08:04 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Sono d'accordo.

Visto che la frase citata nel primo post era mia, vorrei spiegare meglio che cosa intendo col concetto di separazione (e conseguente voglia di reincontrarsi, come dice Dario), provando a rivisitare la storia del rapporto tra gli uomini e gli animali come me la ricordo io.

Quando ero bambino capitava di veder bastonare gli asini per strada e anche i cani che abbaiavano troppo; tutti gli animali domestici e di allevamento erano trattati come cose, senza alcun rispetto. Questo comportamento era coerente con le ideologie religiose che consideravano l’uomo completamente diverso dagli animali e infinitamente superiore a loro, perché dotato di anima.

Poi, piano piano, sono nati movimenti e organizzazioni per la protezione degli animali, che hanno rotto questo fronte; sono state fatte anche delle leggi specifiche per garantire un po’ di rispetto agli animali domestici. Gli animali selvatici, però, erano considerati ancora come prede o come nemici.

Una svolta decisiva fu quella che promosse la difesa delle specie selvatiche a rischio di estinzione, con la nascita del WWF e altre associazioni naturaliste. Si cominciò a limitare sempre di più la caccia, per motivi non solo etici, ma anche conservazionistici.

L’ulteriore affinamento è stata l’ecologia, che si è affiancata allo studio naturalistico delle singole specie, ed ha chiarito che, per salvaguardare gli animali a rischio di estinzione bisognava studiare il loro ecosistema e intervenire sugli squilibri.

Infine, si è capito che le minacce agli ecosistemi naturali minacciano anche noi e, per ultima, è nata la cultura ambientalista, che considera l’insieme uomo + natura, legati da interessi e destini comuni.

Io riconosco che l’evoluzione del rapporto verso gli animali domestici ha fatto da apripista verso una cultura più rispettosa di tutti gli altri esseri viventi, visti non più come creati per noi e nostra proprietà, ma come nostri coinquilini che ci hanno preceduto nel condominio del pianeta.

A questo punto, però, sappiamo tante cose in più sulla natura, sugli animali selvatici e sugli ecosistemi; i bambini ne sanno più di quanto ne sapevano gli adulti 40 anni fa e non c’è più bisogno del passaggio logico attraverso il rapporto con gli animali domestici per rispettare la natura.
Anzi, la conoscenza del comportamento degli animali in natura ha evidenziato quanto siano innaturali i comportamenti degli animali domestici e quanto i due mondi siano incompatibili, perché gli animali domestici hanno comportamenti più umani che animaleschi.

In conclusione, io non credo che oggi regalare (brutta parola!) un cane ad un bambino lo aiuti ad amare e capire la natura e ad instaurare con essa un rapporto corretto. Il cane si prende in braccio, ci si gioca; il cane si comanda e si domina;la natura, invece, va osservata muovendosi in punta di piedi, senza disturbare, senza interferire.
Secondo me, è meglio se gli regaliamo una macchina fotografica, dei DVD naturalistici, dei libri ricchi di fotografie e, tutt al più, un acquario di invertebrati che non si possono prendere in braccio.

luigi







Modificato da - elleelle in data 23 novembre 2008 00:09:01
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gigi58
Moderatore Trasversale


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Inserito il - 23 novembre 2008 : 10:53:41 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Affrontare un discorso sul ruolo dell'uomo nella natura è sicuramente interessante ma maledettamente complicato, come complicate sono le azioni dell'uomo e si rischia di intraprendere discussioni magari accese come è capitato in un paio di recenti post.
Innanzitutto questo ruolo è sicuramente dinamico nel tempo, nel senso che è mutato e muta nelle varie ere della nostra evoluzione (spesso si potrebbe parlare anche di involuzione)
Poi occorrerebbe valutare il ruolo delle varie "sottospecie" (so che il termine non piacerà ai più): appartengo e apparteniamo alla peggiore sottospecie mai apparsa al mondo, noi occidentali, esseri laboriosi, intelligenti, civili, lungimiranti (Sic!!) nel corso dei millenni abbiamo con la nostra cultura spazzato via, fagocitato, distrutto culture di altre "razze" "civilizzandole" e portandole ad abbandonare quello che era il loro modello di sviluppo che sino a propva contraria aveva retto per migliaia di anni in equilibrio con la natura circostante senza violentarla, o meglio senza modificarla in maniera irreversibile così come abbiamo fatto noi del "vecchio continente.
Mi rendo perfettamente conto che non serve rispolverare il Mito del Buon Selvaggio, che è impensabile, oltre che improbabile, rinunciare alla tecnologia (che in questa momento ad esempio mi permette di colloquiare con altri miei simili ad distanza di Km), ma sono certo che l'affermazione inserita in un film di prossima uscita è vera: "se l'uomo muore, la Terra sopravvivera', se la Terra muore, l'uomo perira'...".
L'uomo sta facendo di tutto per dimostrare che la definizione sistematica di cui si è gratificato (Homo sapiens sapiens ) è quanto di più errato possa esistere


Gigi

Modificato da - gigi58 in data 23 novembre 2008 10:57:37
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Hemerobius
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Flora e Fauna

Inserito il - 23 novembre 2008 : 12:12:06 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Complimenti a chi mi ha preceduto per gli interventi pieni di riflessioni e di spunti. Penso di condividere tutta quanto è stato scritto qui, ma credo anche che sia necessario affrontare una visione più globale del problema.

Parto da alcuni dati che, citando a memoria, possono essere imprecisi ma non sostanzialmente diversi dal vero.
I grandi mammiferi pleistocenici si sono estinti in Eurasia circa 10.000 anni prima che in America. La specie umana è arrivata in America circa 10.000 anni dopo che in Eurasia. La stima della popolazione umana nel neolitico per l'intera Europa era di circa un milione di unità. E con una popolazione così bassa l'ipotesi che i grandi mammiferi si siano estinti a causa dell'uomo preistorico è comunque presa in seria considerazione.
Alcune popolazioni umane vivono in apparente equilibrio con il loro ambiente (i Boscimani, gli Amazzonici, i Papua) ma nessuna di queste ha un'agricoltura.
La scoperta dell'agricoltura in Medioriente 6-10.000 anni fa ha causato un completo cambiamento dell'ambiente "naturale" del Mediterraneo.

Non so se siamo più naturali noi, che viviamo senza natura in grandi città amando i rapaci ma devastando, più o meno consapevolmente e direttamente, la terra o i nostri progenitori che devastavano le coste mediterranee con l'ascia ed il fuoco.

Certamente è pensabile uno sviluppo umano in armonia con la natura, ma questo secondo me sarà possibile solo se l'uomo riuscirà a liberarsi della propria natura.
Questa mia affermazione richiederebbe una lunga spiegazione ma per il momento la lascio alle vostre riflessioni (e contestazioni) così com'è.


Ciao Roberto

verum stabile cetera fumus
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gigi58
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Inserito il - 23 novembre 2008 : 13:04:59 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Caro Roberto i tuoi interventi sono sempre puntuali e precisi e come al solito evidenziano bene le problematiche. Hai, per esempio, messo il dito su una delle "piaghe" provocate dall'uomo "civile " l'agricoltura o, preciserei, l'agricoltura da profitto, che vede 4-5 specie invadere il pianeta a spese della biodiversità, che vede la ricerca scientifica delle grandi multinazionali sempre più indirizzata ad imporre i suoi OGM, che vede le industrie sempre più pronte a favorire la globalizzazione dei consumi e delle produzioni.
Così abbiamo visto ad esempio l'abbandono di certi cereali minori capaci di produrre in terreni " agronomicamente poveri" e quindi di sostentare la popolazione locale a favore del frumento anche in quegli ambienti dove senza un notevole dispendio di energia (per produrre concimi, irrigare, arare ecc.) era impossibile l'attecchimento di tale specie, in tal modo quella popolazione non era più autosufficiente ma dipendente in tutto dal "nostro" occidente.
Il discorso sull'invadenza e sui disastri provocatidell'agricoltura da profitto e dell'industria ad essa asservita (fitofarmaci, diserbanti, concimi) rischia di essere infinito per cui non vado oltre anche per non tediarvi.
Per ritornare al tuo intervento

Certamente è pensabile uno sviluppo umano in armonia con la natura, ma questo secondo me sarà possibile solo se l'uomo riuscirà a liberarsi della propria natura.

Ritengo che vada modificato in: Certamente è auspicabile uno sviluppo umano in armonia con la natura, ma questo secondo me sarà possibile solo se l'uomo riuscirà a liberarsi della propria natura, cioè liberarsi dell'Homo e riappropiarsi del Pan

Al termine voglio lanciare una provocazione, chissà, visto che siamo diventati un pericolo per l'ambiente in cui viviamo e che il nostro numero ha probabilmente superato il carico sopportabile, se è previsto anche per noi un abbattimento selettivo

Gigi
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elleelle
Moderatore Trasversale

Città: roma

Regione: Lazio


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Flora e Fauna

Inserito il - 23 novembre 2008 : 17:41:16 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Secondo me, parlando di abbattimento selettivo, hai centrato il problema di fondo.

Il bello è che per noi non c'è nemmeno bisogno di abbattimento selettivo, perché abbiamo imparato a separare l'attività sessuale dalla riproduzione e possiamo limitare le nascite; evolvendoci, qualcosa di buono, almeno, l'abbiamo imparato.

Quindi, secondo me, è incomprensibile e irresponsabile che ci "gingilliamo" con le fonti di energia alternative, con la lotta all'effetto serra e alla deforestazione, anziché insegnare e promuovere il controllo delle nascite in tutti paesi dove la popolazione è in crescita.

E' come se fossimo su una barca che fa acqua e tutti sgottassero freneticamente invece di cercare di rimettere il tappo al suo posto.

Certo non sarà una cosa semplice: ci saranno controindicazioni economiche, culturali o religiose, ma almeno bisognerebbe cominciare a parlarne.

luigi





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theco
Utente Super




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Inserito il - 24 novembre 2008 : 21:04:39 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
In effetti una riduzione quantitativa della popolazione umana penso che avrebbe un effetto positivo sull'ambiente, però mi sembra riduttivo ridurre il problema a questo fattore.

La 'qualità' nell'uso delle risorse ambientali mi sembra altrettanto, e forse anche più importante: è vero che le popolazioni occidentali tendono a mantenersi costanti (e in alcuni casi a decrescere), ma è altrettanto vero che rappresentano il consumo della stragrande maggioranza di risorse ambientali ed energetiche del pianeta... gli altri sono tanti, ma consumano solo le briciole che noi lasciamo.

Anche l'argomentazione relativa alla sessualità occidentale non mi convince del tutto: è vero che la nostra civiltà ha imparato felicemente a separare la sessualità dalla procreazione, ma la limitazione delle nascite non è dovuta al sorgere in occidente di una qualche coscienza ambientalista, ma solo al modello di vita individualistico proposto dalla nostra cultura attuale, che considera la prole (soprattutto se numerosa) come un impedimento alle libertà dell'individuo.

Non ne faccio una questione morale, avere o non avere figli è una sacrosanta libertà individuale, ma dietro alla limitazione delle nascite mi sembra di vedere all'opera lo stesso meccanismo individualistico che agisce nel consumo delle risorse planetarie: la diminuzione delle nascite in occidente è un positivo effetto collaterale di un approccio esistenziale che non condivido, basato sui valori dell'individuo e quindi potenzialmente dannoso per le 'cose comuni', come l'ambiente.

Ciao, Andrea
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mauretto
Moderatore


Città: pergine valsugana
Prov.: Trento

Regione: Trentino - Alto Adige


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Micologia

Inserito il - 24 novembre 2008 : 21:06:44 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Uh uh che begli argomentoni qui dentro, trovo questo tipo di chiacchiare estremamente stuzzicante.
Ma non so dove andare a parare, da dove cominciare: dai cani, dagli ecosistemi, dall'essere umano...

Prendo spunto allora dall'affermazione sull' "abbattimento selettivo" dell'essere umano, questo si che è un argomento che mi sta a cuore.
In quanto appartenente alla razza umana, mi sento responsabilizzato in questo senso, come se avvertissi la necessità di portare sulla schiena alcuni doveri che questo status di essere in grado di imporsi sulle altre forme di vita porta con sè.
Non si più pensare di aumentare di numero, come non si dovrebbe pensare di sottrarre ulteriore superficie alla crosta terrestre: a volte penso che il nostro ( inteso come umanità ) atteggiamento nei confronti del mondo sia intollerabile e grottesco, poi però un po' mi spavento visto che ne faccio parte e vi partecipo a piene mani ed allora un po' smetto di pensarci....
Se penso solo alle cose che, nel mio piccolo, sono scomparse da quando ero bimbo... mi viene il magone.
Se poi penso a chi di anni magari ne ha il doppio rispetto a me penso che il dolore sia enormemente maggiore, che la rabbia muti in vera malinconia.
Ogni tanto quando pedalo in una buona giornata, magari una domenica con il sole e poco traffico, mi lascio andare a fantasie degne di Amelie e immagino, immagino...
"Pensa te che bello se le strade andassero tutte sottoterra, se tra i palazzi ci fossero grandi parchi, magari anche qualche boschetto lasciato vergine, se tutte le pareti delle case fossero coperte di piante, fiori e nidi".
"GNIC GNIC GNIC"... e pedalare diventa dolce con l'aria in faccia.
Poi dopo poco mi rendo conto di quale orrore ecologico sia Bologna e mi ripiglio, ma " pensar l'è ancor gratis " e allora ricomincio...
Poi nuovamente mi sento un po' c******** ( passatemi il francesismo ) e penso che, ovviamente, le mie sono farneticazioni, ma non dimentico che senza sogni non si può vivere, anche se lontani e chiaramente inattuabili bisogna tenerli sempre a mente e, ogni tanto, pensarci bene e fare i conti con la propria coscienza.
E' chiaro che dobbiamo portare con noi un forte senso di responsabilità, non solo civica com'è abitudine ma anche ecologica.
E' logico che se, ad esempio, mangio carne tutti i giorni ( la carne inquina un sacco e, come ben dovremmo sapere, l'allevamento intensivo è una cosa ripugnante ), uso solo e sempre la macchina, scaldo in inverno le case a 25° ecc ecc mi devo sentire tremendamente in colpa e non farlo più. E' logico che non posso fare sempre finta di non sapere o semplicemente pensare che non è il mio comportamento a fare la differenza.
Il ruolo che l'uomo dovrebbe avere, viste le sue peculiarità uniche nel regno animale, dovrebbe essere quello di vivere come meglio crede cercando senza assurdi estremismi di ripettare quanto è presente nel mondo assieme a lui.
Lo so, vuol dire tutto o nulla...

La verità è che la nostra razza è tanto presuntuosa da essersi dovuta inventare l'anima per trovare un carattere distintivo su tutte le altre forme di vita, e questo ha letteralmente spazzato via ogni discussione.
Ma chi ha guardato un cane negli occhi, non può non capire che i sentimenti son gli stessi, non siam solo più bravi a far di conto.
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theco
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Inserito il - 24 novembre 2008 : 21:14:21 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Mauro sono pienamente d'accordo con te: l'impegno individuale verso il miglioramento è l'arma più preziosa che abbiamo a disposizione.

Ciao, Andrea
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elleelle
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Flora e Fauna

Inserito il - 24 novembre 2008 : 21:34:48 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Se le mie argomentazioni hanno fatto storcere la bocca anche alle persone più competenti e sensibili che frequentano questo forum, figìuriamoci agli altri! E la conferma che il problema non si affronterà finché non ci sbatteremo la testa contro e ci faremo molto male.
Nel mio messaggio precedente ho calcato la mano per farmi intendere: per continuare con la metafora della barca, è sottinteso che bisogna sia cercare di tappare il buco una volta per tutte (affrontare il problema del controllo della popolazione) sia sgottare l'acqua (risparmio energetico, fonti alternative, raccolta differenziata eccc.)
Purtroppo, siamo riluttanti ad affrontare il problema dei problemi perché ci evoca (a sproposito) fantasmi ideologici sgradevoli: pulizia etnica, razzismo e altre cose che non "c'azzeccano" niente.
Controllare le nascite non significa affatto limitare il diritto ad avere figli per le famiglie che ne vogliono; significa intanto insegnare come si fa a quelle che non ne vorrebbero avere altri e non sanno come fare.
Significa far capire che è irresponsabile e colpevole mettere al mondo figli che non siamo in grado di mantenere.
Essere altruisti e generosi non significa dare la vita a più persone possibile (è una trappola mentale pensare che abbiamo dei doveri verso chi non esiste ancora), ma significa piuttosto "dare giorni alla vita" come dice la Montalcini, cioè permettere a chi nasce di vivere dignitosamente e - perché no? - felicemente.
Mettere al mondo solo tanti figli quanti potranno vivere come meritano non è egoismo; è il massimo del senso di responsabilità morale che una coppia può avere.

Non cadiamo nelle trappole e nei luoghi comuni: la procreazione responsabile è un diritto/dovere di ogni coppia e bisognerebbe far cultura su questo tema.

Chiedo scusa, mi sono lasciato andare .... spero di non essere stato troppo retorico.

luigi




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Hemerobius
Moderatore


Città: Alghero
Prov.: Sassari

Regione: Sardegna


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Flora e Fauna

Inserito il - 24 novembre 2008 : 21:53:10 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
L'uomo è veramente un'esperimento della natura assolutamente anomalo. Da giovane ero convinto che ci sarebbe stata salvezza solo nella nostra "parte" naturale (animale). Oggi sono giunto alla conclusione opposta, solo correggendo la nostra natura saremo in grado di salvarci e di salvare il mondo (almeno così come lo conosciamo). Altrimenti seguiremo il "crescete e moltiplicatevi", che non è retaggio religioso ma genetico, con tutto quel che ne consegue.
Sull'impegno diuturno e personale in difesa dell'ambiente sono d'accordo ma viene in mente la storia di San Francesco ed il suo radicalismo. Francesco diceva che non si poteva essere buoni cristiani se non vivendo in povertà (scusatemi la tremenda semplificazione). Noi potremo essere buoni "terrestri" senza abbandonare nei fatti il consumismo?

Ciao Roberto

verum stabile cetera fumus
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vespa90ss
Utente Super


Città: Firenze

Regione: Toscana


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Inserito il - 24 novembre 2008 : 22:14:53 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Non solo abbiamo inventato l'anima ma abbiamo pensato bene che forse si poteva anche aumentare la quantità delle specie presenti sul pianeta e magari migliorarle.
Quale miglior posto allora se non inventarsi il ruolo di un nuovo Pancreatore? Costruire su misura, dietro specifiche precise di utilizzo, nuovi animali: per scopi estetici, per finalità esclusivamente fantasiose, ma soprattutto per scopi pratici. Cavalli da soma, da traino, da corsa, da trotto, da equitazione. Cani da caccia, da tartufo, da salvataggio, da compagnia, da difesa.
E proseguendo con tutti gli animali da cortile senza arrestarsi nemmeno di fronte al regno vegetale.

Ma questo è stato solo un gioco da bambini....: abbiamo provato a farlo anche con l'uomo.
No, non sto parlando del Superuomo, il tentativo fallito di Hitler.
Sto parlando dei 300 anni di deportazione degli schiavi dall'Africa in America.
Una selezione naturale che in oltre tre secoli si calcola abbia lasciato sopravvivere solo i più forti (forse non più del 30%) tra una massa stimata fra 20.000.000 e 100.000.000 di persone, durante i trasferimenti dall'interno del continente africano per giungere alla costa. Il restante della decimazione sarebbe avvenuto durante il lungo e penoso tragitto dei velieri attraverso l'oceano. Giungevano vivi a terra solo gli indistruttibili.

E dopo non molto qualcuno pensò bene di selezionarli come i cavalli da corsa, facendo accoppiare solo i migliori per esaltare le caratteristiche di forza e resistenza alla fatica nei campi di cotone. Trecento anni di selezione che è andata ad aggiungersi a quella naturale. Una selezione protratta per quindici generazioni.
E in questo caso, senza formalmente dichiararlo, l'uomo ha piegato fortemente il corso della Natura.
E' riuscito a crearsi un posto speciale, forse sentendosi alla destra di qualcosa o di qualcuno. E difficilmente lo mollerà.

Quali e quanti spazi d'azione allora ci rimangono ancora inesplorati? Riuscirà allora l'uomo ad avere la percezione del Pan (splendido Gigi), a cercarlo, vederlo finalmente e comprenderlo questo Tutto di cui siamo atomo ed essenza?

Beppe


Credo che moralità significhi trovare il coraggio di fare una scelta
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lynkos
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Inserito il - 25 novembre 2008 : 08:16:42 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Che posto abbiamo nella natura? La mia prima risposta è nessuno... Perché la semplice esistenza della parola "natura" (Garzanti: personificazione delle forze, degli elementi, dei fenomeni naturali (considerati in contrapposizione all'uomo)... presuppone la volontà dell'uomo stesso, inventore di parole, di mettersi da parte e di considerarsi una cosa distinta da tutte le altre forme di vita sulla Terra. Però, allo stesso tempo, questa volontà mi sembra del tutto "naturale" e istintivo, un meccanismo "specie-centrico" sviluppato durante l'evoluzione per assicurare, appunto, la sopravvivenza della propria specie, al discapito di tutt'altro. Osservando il mio cucciolone pazzo, non ho dubbi che ha anche lui questo stesso senso di identità, di specie-ficità, che gli porta a reagire in modo profondamente diverso davanti ad un altro cane, certe altre specie che potrebbero contribuire alla sua sopravvivenza in un modo o un altro (l'uomo prima di tutto, poi eventuali prede e anche ipotetiche minacce, rappresentate in caso suo principalmente da buste di plastica vaganti) e tutto il resto che non incide in modo palese sulla sua esistenza che tratta con la massima indifferenza.
Insomma, per me, l'antropocentrismo è paradossalmente la dimostrazione più eloquente che l'uomo è semplicemente un'altra specie d'animale seguendo i suoi istinti di sopravvivenza sulla Terra, anche se come dice Roberto, "assolutamente anomalo" per molti aspetti.
Il problema è che da una parte siamo diventati troppi, mentre dall'altra la nostra tecnologia sviluppata oltre misura ci rende immensamente impattanti individualmente e collettivamente, al punto che, se qualche entità sovra partes non-terrestre si decidesse di fare uno studio d'impatto ambientale sull'uomo, non ho dubbi che l'Homo sapiens sarebbe giudicato una "specie infestante" (Garzanti: di animali e vegetali, accentrarsi in gran numero in un luogo, in una zona, producendo gravi danni) e che per ristabilire gli equilibri vari occorrerebbero provvedimenti decisi e dolorosi.
Per il resto, prendo in prestito le parole di Roberto con le quali mi identifico totalmente.
Da giovane ero convinto che ci sarebbe stata salvezza solo nella nostra "parte" naturale (animale). Oggi sono giunto alla conclusione opposta, solo correggendo la nostra natura saremo in grado di salvarci e di salvare il mondo (almeno così come lo conosciamo). Altrimenti seguiremo il "crescete e moltiplicatevi", che non è retaggio religioso ma genetico, con tutto quel che ne consegue. Sull'impegno diuturno e personale in difesa dell'ambiente sono d'accordo ma viene in mente la storia di San Francesco ed il suo radicalismo. Francesco diceva che non si poteva essere buoni cristiani se non vivendo in povertà (scusatemi la tremenda semplificazione). Noi potremo essere buoni "terrestri" senza abbandonare nei fatti il consumismo?


Sarah Gregg - Con altri occhi


"A cosa serve una grande profondità di campo se non c'è un'adeguata profondità di sentimento?" Eugene Smith, fotografo americano

Modificato da - lynkos in data 25 novembre 2008 08:17:40
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gigi58
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Inserito il - 25 novembre 2008 : 09:21:08 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia

Da giovane ero convinto che ci sarebbe stata salvezza solo nella nostra "parte" naturale (animale). Oggi sono giunto alla conclusione opposta, solo correggendo la nostra natura saremo in grado di salvarci e di salvare il mondo (almeno così come lo conosciamo).

Caro Roberto e Sarah probabilmente avete ragione (chi vivrà vedrà, ai posteri l'ardua sentenza), io, pessimista per eccellenza , mi chiedo ma non è che tutto dipende dalla nostra discendenza da "Caino" ? Abbiamo di fatto eliminato i vari "Abele" : Boscimani, Aborigeni e quindi il nostro comportamento è intrinseco alla nostra stessa natura, da cui anche pensandolo, non riusciamo e non possiamo liberarci.
Da qualche parte ho letto la teoria di Adam Lipowski, un fisico dell'Università Adam Mickiewicz in Polonia, il quale ha messo a punto un modello computerizzato che dimostrerebbe come le periodiche estinzioni di massa potrebbero essere state causate dalla evoluzione di un "super-predatore". Di norma la terra è stata popolata, per la maggior parte del tempo da predatori di media di efficienza, ma ogni tanto mutazioni genetiche hanno comportano l'evoluzione di una essere altamente efficiente. "Questi super-predatori hanno decimato rapidamente la popolazione di prede, e dinevitabilmente hanno firmato il loro stesso declino". In questa chiave potremmo essere noi Homo sapiens sapiens gli attuali super-predatori?


Gigi
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elleelle
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Inserito il - 25 novembre 2008 : 13:05:32 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Avete ragione.

E allora? Che vogliamo fare?

Aspettiamo che ci pensino gli extraterrestri?

luigi



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theco
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Inserito il - 25 novembre 2008 : 13:13:05 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Messaggio originario di elleelle:

Se le mie argomentazioni hanno fatto storcere la bocca anche alle persone più competenti e sensibili che frequentano questo forum, figìuriamoci agli altri! E la conferma che il problema non si affronterà finché non ci sbatteremo la testa contro e ci faremo molto male.
Nel mio messaggio precedente ho calcato la mano per farmi intendere: per continuare con la metafora della barca, è sottinteso che bisogna sia cercare di tappare il buco una volta per tutte (affrontare il problema del controllo della popolazione) sia sgottare l'acqua (risparmio energetico, fonti alternative, raccolta differenziata eccc.)
Purtroppo, siamo riluttanti ad affrontare il problema dei problemi perché ci evoca (a sproposito) fantasmi ideologici sgradevoli: pulizia etnica, razzismo e altre cose che non "c'azzeccano" niente.
Controllare le nascite non significa affatto limitare il diritto ad avere figli per le famiglie che ne vogliono; significa intanto insegnare come si fa a quelle che non ne vorrebbero avere altri e non sanno come fare.
Significa far capire che è irresponsabile e colpevole mettere al mondo figli che non siamo in grado di mantenere.
Essere altruisti e generosi non significa dare la vita a più persone possibile (è una trappola mentale pensare che abbiamo dei doveri verso chi non esiste ancora), ma significa piuttosto "dare giorni alla vita" come dice la Montalcini, cioè permettere a chi nasce di vivere dignitosamente e - perché no? - felicemente.
Mettere al mondo solo tanti figli quanti potranno vivere come meritano non è egoismo; è il massimo del senso di responsabilità morale che una coppia può avere.

Non cadiamo nelle trappole e nei luoghi comuni: la procreazione responsabile è un diritto/dovere di ogni coppia e bisognerebbe far cultura su questo tema.

Chiedo scusa, mi sono lasciato andare .... spero di non essere stato troppo retorico.

luigi


Niente bocca storta, Luigi, tanto è vero che condivido il tuo ultimo intervento in ogni sua parte

Trovo acuta anche l'osservazione di Sarah, quando sottolinea che abbiamo sentito la necessità di trovare un nome alla natura solo nel momento in cui abbiamo sentito la necessità di creare un distinguo.

Messaggio originario di Hemerobius:
solo correggendo la nostra natura saremo in grado di salvarci e di salvare il mondo


Anch'io credo questa cosa.

Credo che facciano parte della nostra natura, intendendo con questo termine tutto quello che eravamo prima di coniare il termine 'natura', sia l'istinto riproduttivo, sia le strutture mentali di aggressività che hanno condotto il nostro sviluppo culturale verso l'individualismo e quindi verso il consumismo.

Per superare questa condizione culturale non serve ritornare indietro, ad un'ipotetica situazione di armonia con la natura (che tra parentesi non credo sia mai esistita... è solo che i nostri antenati avevano a disposizione tecniche distruttive molto meno efficaci delle nostre), ma andare oltre.

Che l'anima ci sia stata donata o sia un prodotto della nostra evoluzione culturale il risultato non cambia... è arrivato il momento di utilizzarla, in contrapposizione alla nostra natura.

Ciao, Andrea
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gigi58
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Inserito il - 25 novembre 2008 : 13:33:03 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Messaggio originario di theco:
....Che l'anima ci sia stata donata o sia un prodotto della nostra evoluzione culturale il risultato non cambia... è arrivato il momento di utilizzarla, in contrapposizione alla nostra natura.

Ciao, Andrea

Condivido il senso: è certamente il momento di utilizzare la parte della nostra evoluzione che definirei coscienza più che anima (non sono un credente, ho paura che attualmente solo in pochi hanno preso coscienza delle problematiche legate al nostro essere "umani" e purtroppo ancora in meno a passare ai Fatti come dice bene Roberto.
Anche io mi auguro che la quantità di "uomini di buona volontà" aumenti


Gigi
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a p
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Inserito il - 25 novembre 2008 : 13:46:00 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Leggendo tutte queste posizioni mi sembra che ci sia una concezione olistica della Natura. Non dobbiamo dimenticarci che da quando l'Uomo ha messo il piede sulla Terra l'ha trasformata per il soddisfacimento dei propri bisogni.
In nessun angolo del nostro pianeta c'è una vera Natura Wilderness, anche ai poli, in cima all'Everest e così via

Per questo motivo, al termine Natura sostituisco "Territorio governato". Nel territorio governato al centro c'è l'uomo (ma non è una visione antropocentrica) che cerca di vivere in equilibrio con le risorse naturali, assicurandone la rinnovabilità. So che anche questa è utopia ma è quello cui si dovrebbe tendere.

Alessandro PD


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elleelle
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Flora e Fauna

Inserito il - 25 novembre 2008 : 16:00:15 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Tu hai ragione, in senso generale, anche se esiste tuttora una differenza molto vistosa tra le aree molto antropizzate e quelle poco antropizzate e penso che mantenere queste ultime così come sono diventate, sarebbe già un bel risultato.
Se era questo il senso del tuo intervento, penso anch'io che, ormai, la soluzione non può più essere quella di tirarsi indietro (ammesso che fosse possibile), ma di gestire la situazione.

luigi




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Inserito il - 25 novembre 2008 : 17:12:54 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Messaggio originario di elleelle:

Tu hai ragione, in senso generale, anche se esiste tuttora una differenza molto vistosa tra le aree molto antropizzate e quelle poco antropizzate e penso che mantenere queste ultime così come sono diventate, sarebbe già un bel risultato.
Se era questo il senso del tuo intervento, penso anch'io che, ormai, la soluzione non può più essere quella di tirarsi indietro (ammesso che fosse possibile), ma di gestire la situazione.

luigi







esattto, l'hai detto in modo molto più semplice del mio e molto più comprensibile

Alessandro PD


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