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Galleria Tassonomica di
Natura Mediterraneo
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Autore |
Discussione |
Piccolo Lupo
Utente Senior
Città: Cairo Montenotte
Prov.: Savona
Regione: Liguria
687 Messaggi Tutti i Forum |
Inserito il - 04 ottobre 2008 : 21:12:21
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| Messaggio originario di elleelle:
Tra gli esempi positivi (almeno ad un esame superficiale), citerei:
1) la creazione di laghi e bacini artificiali in zone prive di specchi d'acqua naturali, che hanno permesso lo sviluppo di specie che prima erano poco presenti;
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Mi riallaccio a questo e lo restringo ai minimi termini, sopratutto nelle zone collinari boschive il ripritino associato alla cura degli antichi "scalmi" d'acque nei ruscelli e torrenti.
"se avessi cinquantatre' minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana..." |
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a p
utente ritirato in data 22.02.2012
9799 Messaggi
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Inserito il - 04 ottobre 2008 : 23:13:35
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Ci sono due esempi molto interessanti di impatto positivo ... ma non lasciateVi condizionare da questa mia affermazione.
Alessandro PD
Chi ama la Natura le lascia i suoi fiori |
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Flavia
Utente Senior
Città: Terni
Prov.: Terni
Regione: Umbria
565 Messaggi Tutti i Forum |
Inserito il - 04 ottobre 2008 : 23:47:26
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| Messaggio originario di Piccolo Lupo:
Da anni sto riconvertendo un bosco di castagni e farnie da ceduo ad alto fusto,impatto positivo o negativo? 2 ettari. Per quel che posso vedere e capirne a me pare positivo.
"se avessi cinquantatre' minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana..."
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Potrei affermare, per un attimo dimenticandomi di tutte le definizioni che mi sono state insegnate, comprese quelle prima citate da Alessandro, che gli impatti sono sempre negativi perchè nonostante in alcuni casi portino ad un temporaneo aumento di diversità biologica, rappresentano comunque un'alterazione del naturale progredire delle cose. Ad esempio la presenza di una prateria secondaria, ad esempio un pascolo, aumenta la biodiversità di un'area che magari prima era occupata da una faggeta quasi monospecifica, ma porta all'eliminazione o alla riduzione di un habitat che è quello della faggeta stessa. Quanto ho appena detto potrà sembrare assurdo a qualcuno, ma non lo è se riflettiamo e proviamo ad immaginare come sarebbe stata la terra senza l'uomo. Probabilmente il paesaggio sarebbe stato molto più monotono di quello attuale ma le forme di vita non sarebbero state minori, ma semplicemente diversamente didtribuite. In poche parole si avrebbe avuto una biodiversità pari o addirittura maggiore a quella attuale nel totale, ma una diversità minore in aree più ristrette. Per rispondere alla domanda di piccolo lupo...nella mia ottica e credo anche in quella comune riconvertire un ceduo in un bosco ad alto fusto è sicuramente positivo, perchè tende a ricreare un habitat che sarebbe stato tale (forse senza il castagno) in origine, ma non si può dire che questo faccia aumentare la biodiversità. Un ceduo o un arbusteto presentano molte più specie di un bosco ad alto fusto.
Questo mio lungo e contorto discorso stà a significare che spesso l'uomo attribuisce il significato di "bene" e di "male" soltanto a ciò che più gli fa comodo. In certi casi aumentare la biodiversità o mantenerla in determinate aree fa comodo, soprattutto a tutt'oggi in cui la diversità biologica rischia veramente di scomparire...in altri casi come nel caso dei cedui la biodiversità viene considerata superflua (giustamente). Infatti la ceduazione può provocare dissesti idrogeologici, o provocare fenomeni di impoverimento del suolo. In poche parole tutto è relativo e tutto dipende dalla mente dell'uomo, ciò che è utile lo è spesso per l'uomo ma non è detto che lo sia anche per la natura. Comunque l'uomo fa parte della natura ed è per questo che spesso si parla di sviluppo sostenibile.
Flavia |
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theco
Utente Super
6117 Messaggi Tutti i Forum |
Inserito il - 04 ottobre 2008 : 23:47:42
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Beh, naturalmente gli esempi di impatti positivi indotti dall'attività umana sono moltissimi, però forse il punto è un altro: cosa significa positivo? positivo per chi? o per quale visione dell'ambiente naturale?
La risposta non può essere semplicemente un computo quantitativo della biodiversità... se così fosse potremmo considerare ogni giardino zoologico come un regno della biodiversità; occorre un punto di vista qualitativo.
Cerco di spiegare con un esempio cosa voglio dire. Dalle mie parti esiste un'oasi naturale (bellissima) di circa 200 ettari, gestita da decenni da un'associazione ambientalista. Si tratta di una foresta allagata, l'unica nel suo genere per molte centinaia di chilometri intorno. L'oasi è inserita all'interno di un territorio completamente antropizzato.
Lo squilibrio idrogeologico tra l'oasi e i terreni circostanti si è fatto nel tempo molto marcato e oggi lo status di foresta allagata è garantito solo da un sistema artificiale di regolazione dei livelli d'acqua, del tutto avulso dalla dinamica naturale circostante. Purtroppo l'idraulica non è il solo problema: l'interrimento progressivo dell'oasi e la pressione delle specie vegetali xerofili presenti all'esterno, spesso in situazione di alloctonia, porta alla necessità di sfalci continui e drastici del manto vegetale. Infine, a proposito di specie esotiche, pare che le nutrie trovino oltremodo divertente vivere in una foresta allagata e questo costringe la gestione ad una continua mattanza dei toponi, con tanto di taglie modello western.
In poche parole l'oasi è in forte disequilibrio con il terreno circostante e gli interventi devono diventare sempre più incisivi mano a mano che avanza lo squilibrio. Quell'oasi naturale è in realtà un luogo dove l'impatto dell'attività umana sulla natura supera di gran lunga quello dei terreni agricoli circostanti. A questo punto nasce l'idea di impatto positivo: nei terreni agricoli circostanti è quasi assente la vita naturale, all'interno dell'oasi vivono ancora specie vegetali e animali scomparse da tempo in tutta la pianura padana, la cui sopravvivenza è garantita solo dal fatto che 'non si lascia fare alla natura'. Cosa pensare di tutto ciò?
Da una parte mi viene da pensare che l'idea di 'congelare' un particolare ambiente sia una scelta per certi versi criticabile, però d'altra parte rimane il fatto che se non si agisse così, se si lasciasse fare alla mano della natura (che qui natura più non è) il tutto diventerebbe in pochi anni una distesa di Conyza canadensis, finalmente in equilibrio con i terreni circostanti.
Ciao, Andrea |
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Salvatore Caiazzo
Moderatore
Città: Monteveglio
Prov.: Bologna
Regione: Emilia Romagna
3994 Messaggi Tutti i Forum |
Inserito il - 05 ottobre 2008 : 00:04:09
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La discussione è decisamente interessante ed è tenuta a livello alto, purtroppo io riesco a guardare il forum solo a quest'ora e non sono più in grado di ragionare; mi viene solo da rispondere, alla domanda: come sarebbe stata la terra senza l'essere umano? Semplice, non sarebbe stata la terra. Buonanotte.
Siamo parte della natura - Salvatore |
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Piccolo Lupo
Utente Senior
Città: Cairo Montenotte
Prov.: Savona
Regione: Liguria
687 Messaggi Tutti i Forum |
Inserito il - 05 ottobre 2008 : 00:08:22
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| Messaggio originario di Flavia:
| Messaggio originario di Piccolo Lupo:
Da anni sto riconvertendo un bosco di castagni e farnie da ceduo ad alto fusto,impatto positivo o negativo? 2 ettari. Per quel che posso vedere e capirne a me pare positivo.
"se avessi cinquantatre' minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana..."
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Per rispondere alla domanda di piccolo lupo...nella mia ottica e credo anche in quella comune riconvertire un ceduo in un bosco ad alto fusto è sicuramente positivo, perchè tende a ricreare un habitat che sarebbe stato tale (forse senza il castagno) in origine, ma non si può dire che questo faccia aumentare la biodiversità. Un ceduo o un arbusteto presentano molte più specie di un bosco ad alto fusto.
Flavia
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Vorrei per un momento ricondurre l'analisi a quel che concerne le mie zone, migliaia di ettari di ceduo all'abbandono da decenni per lo spopolamento collinare di queste zone, solo in quest'ultimi decenni c'è stata una significativa ripresa alla cura ed al mantenimento del ceduo secondo crismi,domanda, vaste estensioni di ceduo in suddette condizioni di abbandono presentano più specie?
"se avessi cinquantatre' minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana..." |
Modificato da - Piccolo Lupo in data 05 ottobre 2008 00:10:03 |
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Flavia
Utente Senior
Città: Terni
Prov.: Terni
Regione: Umbria
565 Messaggi Tutti i Forum |
Inserito il - 05 ottobre 2008 : 00:18:16
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| Messaggio originario di theco:
Beh, naturalmente gli esempi di impatti positivi indotti dall'attività umana sono moltissimi, però forse il punto è un altro: cosa significa positivo? positivo per chi? o per quale visione dell'ambiente naturale?
La risposta non può essere semplicemente un computo quantitativo della biodiversità... se così fosse potremmo considerare ogni giardino zoologico come un regno della biodiversità; occorre un punto di vista qualitativo.
Cerco di spiegare con un esempio cosa voglio dire. Dalle mie parti esiste un'oasi naturale (bellissima) di circa 200 ettari, gestita da decenni da un'associazione ambientalista. Si tratta di una foresta allagata, l'unica nel suo genere per molte centinaia di chilometri intorno. L'oasi è inserita all'interno di un territorio completamente antropizzato.
Lo squilibrio idrogeologico tra l'oasi e i terreni circostanti si è fatto nel tempo molto marcato e oggi lo status di foresta allagata è garantito solo da un sistema artificiale di regolazione dei livelli d'acqua, del tutto avulso dalla dinamica naturale circostante. Purtroppo l'idraulica non è il solo problema: l'interrimento progressivo dell'oasi e la pressione delle specie vegetali xerofili presenti all'esterno, spesso in situazione di alloctonia, porta alla necessità di sfalci continui e drastici del manto vegetale. Infine, a proposito di specie esotiche, pare che le nutrie trovino oltremodo divertente vivere in una foresta allagata e questo costringe la gestione ad una continua mattanza dei toponi, con tanto di taglie modello western.
In poche parole l'oasi è in forte disequilibrio con il terreno circostante e gli interventi devono diventare sempre più incisivi mano a mano che avanza lo squilibrio. Quell'oasi naturale è in realtà un luogo dove l'impatto dell'attività umana sulla natura supera di gran lunga quello dei terreni agricoli circostanti. A questo punto nasce l'idea di impatto positivo: nei terreni agricoli circostanti è quasi assente la vita naturale, all'interno dell'oasi vivono ancora specie vegetali e animali scomparse da tempo in tutta la pianura padana, la cui sopravvivenza è garantita solo dal fatto che 'non si lascia fare alla natura'. Cosa pensare di tutto ciò?
Da una parte mi viene da pensare che l'idea di 'congelare' un particolare ambiente sia una scelta per certi versi criticabile, però d'altra parte rimane il fatto che se non si agisse così, se si lasciasse fare alla mano della natura (che qui natura più non è) il tutto diventerebbe in pochi anni una distesa di Conyza canadensis, finalmente in equilibrio con i terreni circostanti.
Ciao, Andrea
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Ti do ragione in pieno solo che il problema è proprio questo quanto è bene mantenere un ecosistema congelato senza farlo progredire? Ti faccio un altro esempio, in Umbria c'è il Lago Trasimeno, la sua profondità è di circa 6 metri, è un lago laminare di origine tettonica. Come lago laminare il suo destino sarebbe stato quello di prosciugarsi tendendo a diventare una zona paludosa e c'è stato anche un periodo, tra gli anni '50 e '70 che lo stava diventando. L'uomo, ovvero le istituzioni hanno ben pensato di aumentare il livello del lago e di riportarlo a 6 metri creando delle canalizzazioni artificiali il tutto con la scusa che altrimenti il lago sarebbe morto. In realtà, quello che la maggior parte della gente non sa è che il lago è stato nuovamente riempito, affogando gran parte del canneto e facendo scomparire numerosissime specie vegetali come ad es. la Ninfea albasolo perchè il lago venisse sfruttato da un punto di vista turistico e solo perchè potesse essere usato per annaffiare le coltivazioni di tabacco e di granturco. Ora la popolazione è tutta contenta quando si parla del Lago Trasimeno e le istituzioni si lamentano continuamente che il lago è sotto lo zero idrometrico, la verità è che quel lago non dovrebbe naturalmente possedere quello zero idrometrico che dovrebbe essere posizionato, invece, più in basso e non dovrebbe avere l'aspetto attuale, ma sarebbe dovuto essere una palude. Ora il problema è chi lo ha detto che un lago debba essere più bello o più naturale di una palude? La mia risposta è: la politica (sbagliata) e la popolazione che non comprende l'importanza di certi fenomeni naturali perchè vorrebbe che tutto fosse immutabile e immutato.
Flavia |
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lynkos
Con altri occhi
Città: Sant'Eufemia a Maiella
Prov.: Pescara
Regione: Abruzzo
17647 Messaggi Tutti i Forum |
Inserito il - 05 ottobre 2008 : 05:57:35
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Purtroppo in questi giorni non ho né tempo né neuroni liberi per partecipare come merita questa interessantissima discussione. Ma comunque, mi trovo decisamente in accordo con Flavia. Non appena riesco a liberare un po' di spazio cerebrale per elaborare una risposta, vi raggiungo (non finire tutti i panini nel frattempo, mi raccomando ).
Sarah Gregg - Con altri occhi
"A cosa serve una grande profondità di campo se non c'è un'adeguata profondità di sentimento?" Eugene Smith, fotografo americano |
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Hemerobius
Moderatore
Città: Alghero
Prov.: Sassari
Regione: Sardegna
4877 Messaggi Flora e Fauna |
Inserito il - 05 ottobre 2008 : 08:58:39
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Prima di accettare un mondo in cui ogni cosa sia lasciata alla natura bisognerebbe decidere definitivamente se l'uomo vi appartiene o no. Perché per assurdo, seguendo il ragionamento "lasciamo fare alla natura", il destino della terra è subire un'ulteriore "grande estinzione" a causa di uno dei suoi "errori" (che siamo noi) per poi ripartire e lasciare tutto in mano, probabilmente, alle formiche. Quando lessi che i grandi mammiferi pleistocenici si estinsero nell'area paleartica (Eurasia) diecimila anni prima che nell'area neartica (Nordamerica) quasi sicuramente a causa della pressione di predazione dell'uomo primitivo ho capito che, a lungo andare, avremo poche alternative all'ipotesi "assurda" di cui sopra. Se non quella di imparare a gestire le nostre attività umane nel rispetto degli organismi che ci circondano ma, soprattutto, per impedire la nostra stessa estinzione.
Ciao Roberto
PS: giuro che avrei voluto cominciare la giornata con un messaggio più sereno . Quasi quasi adesso mi vado a fare una bella passeggiata con i cani (anche loro però ormai poco "naturali") .
verum stabile cetera fumus |
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a p
utente ritirato in data 22.02.2012
9799 Messaggi
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Inserito il - 05 ottobre 2008 : 09:34:55
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Rispondendo ad Andrea, cerchiamo di vedere se l'impatto ambientale è positivo sia in un'ottica antropocentrica (con riferimento all'uomo) che olistica (con riferimento all'ecosistema), come del resto è stato fatto. Il primo presuppone una sostenibilità debole, l'altro una sostenibilità forte
Alessandro PD
Chi ama la Natura le lascia i suoi fiori |
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Piccolo Lupo
Utente Senior
Città: Cairo Montenotte
Prov.: Savona
Regione: Liguria
687 Messaggi Tutti i Forum |
Inserito il - 05 ottobre 2008 : 13:02:00
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Se e quando vi andrà siete disponibili a darmi il vostro pensiero riguardo ad una grande opera e relativo impatto ambientale? Non sò fornirvi il link più corretto per sviluppar l'argomento ma son sicuro che da soli da un qualsiasi motore di ricerca troverete sufficenti informazioni. ENEL centrale idroelettrica di Entracque. Posso dirvi che ho seguito negli anni a partire da bambino, correva l'anno 1969 la costruzione di quest'opera, ricordo le scritte ed i manifesti sulle casermette del periodo bellico che riportavano: Visitate la Valle (valle Gesso) prima che l'Enel la distrugga! Da allora ho continuato a visitar la valle e quei monti,ne ho visto le grandi movimentazioni di mezzi e materiali e temevo, temevo fortemente per quel che è diventato poi il Parco dell'Argentera-Mercantour delle Alpi Marittime...
"se avessi cinquantatre' minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana..." |
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Caterina
Utente V.I.P.
Città: Letojanni
Prov.: Messina
Regione: Sicilia
362 Messaggi Tutti i Forum |
Inserito il - 05 ottobre 2008 : 15:56:53
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Credo che questo post richiami a concetti ben più profondi con i quali si rispondono domande del tipo "cos'è naturale?" e "qual'è lo stato originale di un sistema?".
Se vogliamo rimanere in ambito di quello che è naturale, un impatto antropogenico puo' essere:
-negativo (l'uomo ormai non più parte dell'ecosistema) (e questo riporta quanto affermato da flavia | gli impatti sono sempre negativi perchè nonostante in alcuni casi portino ad un temporaneo aumento di diversità biologica, rappresentano comunque un'alterazione del naturale progredire delle cose |
-positivo (l'uomo come parte dell'ecosistema)
come dice hemerobius | Prima di accettare un mondo in cui ogni cosa sia lasciata alla natura bisognerebbe decidere definitivamente se l'uomo vi appartiene o no. |
adesso, è inevitabile pensare che possiamo lasciar fare alla natura perchè tutto torni "naturale", come dice bene di nuovo hemerobius | La leggenda che basti lasciar fare alla natura perché tutto torni in equilibrio. La cosa è un po' (molto) più complessa di così ed anche molto più dura (purtroppo). In realtà ormai l'uomo è necessario per gestire gli ecosistemi, soprattutto in paesi piccoli e densamente abitati come l'Italia. |
L'uomo, nel caso di regioni popolate da millenni quali l'europa, ha modificato gli ecosistemi in maniera irreversibile, e da noi non si può più parlare di natura senza includere l'uomo. Basta pensare alla forma (a parere di molti "estrema") con cui gli ecosistemi sono gestiti nelle "moorlands" in inghilterra: le moors (brughiere) sono fortemente gestite perchè rimangano brughiere e non si evolvano verso il loro stato ecologico successivo (quindi bruciate ogni anno, appena appare un albero viene sradicato, le pecore ci devono pascolare in numeri prestabiliti etc).
In realtà sembra che finora abbiamo considerato un impatto ambientale in relazione a quanto questo possa modificare la biodiversità di un dato ecosistema. Quindi: abbiamo un bosco centenario di conifere, quasi monospecie (come spesso sono i boschi centenari di conifere). Arriva l'uomo e vi taglia, in una sola zona, una trentina di alberi (quanto basta per far arrivare luce al suolo). Dopo circa 2 anni avremo una zona che per quanto non bellissima (rispetto ai nostri parametri di bellezza che spesso rispettano molto quanto è antico) avrà una biodiversità molto più alta rispetto al bosco nei dintorni. Eccoti un esempio di impatto positivo... PERO' così dimentichiamo tutti gli altri servizi (brutto termine, ma questo è quello che si usa, vedi Link) che quel bosco centenario può apportare all'uomo che vive nei suoi dintorni: non solo biodiversità, ma anche protezione da frane (se questo è il servizio più importante, allora è spesso meglio che il bosco sia lasciato com'è), protezione delle risorse idriche (idem), valore del paesaggio, valore economico, riduzione di diossido di carbonio etc etc....
Dato che (mi ripeto) ormai in regioni quali l'Europa l'ambiente naturale è stato e continuerà ad essere gestito, l'importante è quindi considerare l'impatto ambientale di una certa attività su di un ecosistema specifico considerando tutti i servizi che quel particolare ecosistema ci offre (la disciplina è relativamente recente ma già molto ben studiata, se volete altre references fatemi sapere, non mi piace appesantire il discorso "mostrando" quanto sono "esperta" - premetto che non mi definisco assolutamente esperta, lascio agli altri queste definizioni: questo porta anche a farmi scrivere post destinati a veramente tutti, che poi vengono definiti inadeguati (a dir poco) solo perchè non scrivo nella maniera pallosa degli scienziati ortodossi e tradizionalisti, che esprimendosi in una certa maniera non fanno altro che allontanare gli appassionati dalla vera scienza).
Infine, Ellelle! (ciao di nuovo )
| Butto là alcune proposte:
1) evitare di mettere i rifiuti a disposizione degli animali; magari, ci fa piacere pensare che i nostri sprechi sono utili a qualcuno, ma non fa bene all'ecosistema;
2) punire severamente il rilascio di specie alloctone e domestiche (compresi i cani), con particolare riguardo alla liberazione di animali di allevamento ad opera di animalisti ignoranti;
3) organizzare delle campagne di abbattimento delle specie che sono sfuggite ai meccanismi automatici di controllo dei rispettivi ecosistemi;
4) per quanto riguarda l'ultimo punto, anziché pagare dei guardiacaccia o guardiaparco per farlo, si potrebbero autorizzare i cacciatori, dietro pagamento di un eventuale compenso se si tratta di specie di valore commerciale, come cinghiali o fagiani. Naturalmente, i luoghi e i tempi dovrebbero essere stabiliti in maniera rigorosa da organi competenti e il tutto ben controllato. Usare i cacciatori avrebbe il vantaggio di far incassare soldi allo stato e di dare uno sfogo a chi ha la passione per la caccia e, magari, si rivolge al bracconaggio.
Forse, si evolverebbe una nuova specie di "cacciatori ecologisti" al servizio della natura, che si divertirebbero ugualmente con il loro sport preferito.
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e
| Quest'estate ho visto tutti i giorni, sulla strada per Santa Teresa Gallura, varie decine di corvi o cornacchie posati sui fili o in volo; alle isole Marmorata ho contato oltre 200 cormorani appollaiati tutti insieme sugli scogli, per non parlare degli storni di Roma. Quando mi chiedo che cosa mangiano giornalmente tutti questi signori, mi prefiguro una strage di piccoli animali di tante specie, magari a rischio di estinzione e penso che le leggi protezionistiche, forse, dovrebbero essere ritarate. |
i corvi (specie che ho studiato a lungo tempo fa) come anche i gabbiani sono scavengers (spazzine) e arrivano benissimo a nutrirsi SOLO di rifiuti umani (alimentari certo). Però è vero che i loro numeri sono aumentati quasi ovunque per questo motivo (sono bestiole intelligentissime!) e posso assicurarti che in molti paesi (UK, Finlandia...) vengono eliminati in massa in certi periodi dell'anno da "pattuglie" umane (tutto regolamentato ovviamente). Stessa cosa per le alci in Finlandia, si possono uccidere in un certo numero ogni anno nella stagione venatoria in quanto sono troppe e hanno pochissimi predatori naturali (tra i quali l'uomo...).
Ciao a tutti,
Caterina
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elleelle
Moderatore Trasversale
Città: roma
Regione: Lazio
33002 Messaggi Flora e Fauna |
Inserito il - 05 ottobre 2008 : 16:24:48
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La questione è indubbiamente molto complessa e bisognerebbe prima di tutti mettersi d'accordo sugli obiettivi, che sono diversi e alternativi. Io, prima, ho indicato due esempi positivi (da prendere con le molle) per venire incontro all'invito del moderatore a non essere troppo distruttivi, ma penso che sia molto più facile trovare quelli negativi.
Per trovare punti di aggregazione tra le posizioni, potremmo provare a tornare indietro a quando l'ecologia non era stata ancora inventata e il WWF si preoccupava di salvare singole specie in via di estinzione. Anche se oggi sappiamo che il problema è più complesso, comunque, penso che siamo tutti d'accordo sul fatto che l'estinzione di una specie è un male. E questo potrebbe essere un primo obiettivo comune.
Se la quantità di specie è un bene, forse anche la loro distribuzione potrebbe essere un bene: una garanzia che, se una popolazione si estingue ce ne siano altre che possano subentrare. E quindi, creare tanti boschi separati, tante zone umide, tante coste protette, è meglio che everne una sola in cui si concentrano tutte le popolazioni. La Nocciolaia che nasconde le ghiande in giro per il bosco docet.
Poi, se abbandoniamo l'ecologia pura e ragioniamo da ambientalisti, anche la fruibilità della natura per gli essere umani può essere un fatto positivo. Avere un parco pubblico con un laghetto, un bosco e delle radure naturali dentro o vicino alle città migliora la qualità della nostra vita e affina la nostra sensibilità verso la natura. Meglio che doverseli andare a cercare lontano poche volte all'anno - cosa che non tutti possono fare.
Comunque, mi sembra che tutte le iniziative che prendiamo abbiano impatti forti e che le dobbiamo gestire, sia quelle negative che quelle inizialmente e intenzionalmente positive, perché non sfuggano di mano.
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lynkos
Con altri occhi
Città: Sant'Eufemia a Maiella
Prov.: Pescara
Regione: Abruzzo
17647 Messaggi Tutti i Forum |
Inserito il - 05 ottobre 2008 : 17:05:49
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Roberto dice: "La partecipazione [in questa discussione] è libera, aperta, favorita e GRADITA da parte di tutti". Mbeh, c'è libertà e libertà caro Roberto! Ho l'idea che per un non-esperto di inserirsi in questa discussione e mettere in dubbio l'onniscienza e l'onnipotenza della scienza canonica più o meno equivale ad andare nella curva sud dello Stadio Olimpico quando Roma sta perdendo 0 a 5 nel derby, poi di alzarsi in piedi sventolando una bandiera bianca e azzurra, urlando Forza Lazio! Liberissimo di farlo per carità, ma l'aggettivo che mi sorge spontaneo non è coraggioso quanto incosciente! Il problema è che non ho statistiche, teorie, paradigmi e dati vari a portata di mano per poter citare e le uniche curve di cui posso parlare in modo convincente sono quelle della luminosità. Quindi, per forza sarà facilissimo di demolire, anche di ridicolizzare volendo, qualsiasi visione alternativa che propongo. Pazienza. Ormai ho fatto l'abitudine, quindi, avanti...! Allora, il momento della confessione... pur non essendo né metropolitana, né ignorante delle "attività primarie zoo-agro-silvo-forestali" (anzi, sono figlia di un botanico agronomo e praticamente cresciuta dentro un'università "zoo-agro-silvo-forestale" in Inghilterra, una delle prime università, se non mi sbaglio, di offrire anche un corso di "ecologia"), sono decisamente simpatizzante con la "leggenda" che "basti lasciar fare alla natura perché tutto torni in equilibrio" (OK, OK, non sparate tutti insieme, ho solo detto che sono simpatizzante, mi rendo conto perfettamente che non è così semplice). Comunque, le mie motivazioni non sono per nulla "poetiche", "romantiche" o "animaliste", ma invece altamente pragmatiche. E' semplicemente che le mie "peregrinazioni" per la vita e esperienze dirette e indirette mi suggeriscono che, almeno per ora, farei meglio affidarmi alla natura che agli uomini, per ragioni che cercherò di spiegare dopo. Prima però, Luigi/Elleelle dice: "Oggi, lasciare che la natura faccia il suo corso non basta più; sarebbe come se un padre dicesse che lascia crescere i figli secondo le loro inclinazioni senza intervenire per aiutarli e correggerli". Sai Luigi, io lo vedo in maniera inversa. Secondo le mie interpretazioni delle dinamiche, siamo invece noi i figli della natura e nel lungo termine, se continuiamo a mancare di rispetto alla natura, è molto più probabile che sarà invece lei di intervenire per correggere noi, non noi che riusciremo a "gestire" lei. Un punto di vista che mi pare rispecchia l'affermazione di Roberto che dobbiamo "imparare a gestire le nostre attività umane nel rispetto degli organismi che ci circondano ma, soprattutto, per impedire la nostra stessa estinzione". Perché tutto questo scetticismo verso gli sforzi dell'uomo per "gestire" gli ecosistemi della nostra pianeta? Prima di tutto, perché purtroppo non credo che l'uomo è ancora (e forse non lo sarà mai) in grado di nemmeno capire, tanto meno gestire alla sua volontà, la complessità infinita di dinamiche, interazioni, flussi e cicli di cui l'ecosistema della Terra è composto, un unicum che non può essere considerato come piccoli frammenti staccati, che è per ora l'unica scala su quale siamo capaci di reagire e agire. Insomma, finora l'uomo non si è dimostrato nemmeno capace di capire e gestire le dinamiche e equilibri della sua propria specie, non è proprio un'ottima referenza sul suo curriculum. Le curve di Roberto (niente di personale ) sono affascinanti, ma (non sparare, ti prego) la mia paura sia che magari hanno più effetto in un'aula universitaria o intorno ad un tavolo di pianificatori regionali, che non sul campo. Girando, ascoltando, vedendo, mi sembra che nel settore ambientale, moltissimi dei nostri "interventi mitigatori" sono mirati a correggere altri "interventi mitigatori" precedenti, implementati o per indifferenza, o per errore, o in buona fede, ma basati sull'ignoranza (nel senso, che i fautori ignoravano certi fattori che adesso prendiamo per scontato). In alcuni casi, siamo arrivati agli interventi per mitigare gli effetti degli interventi mitigatori che mitigavano... ecc. ecc.. Insomma, se avessi fatto la scettica, mettendo in dubbio la saggezza di quegli interventi di partenza una cinquantina di anni fa (anche se all'età di 1 anno, avrei avuto qualche difficoltà farmi capire), nonostante il fatto che erano basati sul pensiero e teorie più avanzati dell'epoca e ideati e implementati dai più alti esperti di quel periodo, avrei avuto ragione. A quel punto, avere la fiducia cieca nella scienza e la tecnica di oggi, mi sembra più un atto di fede che di logica. Inoltre, mettiamo che esistono davvero una scienza e una tecnica onniscienti e onnipotenti. Non riuscirete mai a convincermi che esiste anche la volontà politica e economica di implementare gli interventi e strategie che suggeriscono fino in fondo, mettendo al centro d'attenzione solo il bene della natura e degli ecosistemi naturali. Senza considerare in primis gli interessi dell'uomo. Non ci posso credere, mi dispiace, ma mi sembra fantascienza. Qui subentra il discorso "uomo fa/non fa parte della natura?", un altro tema affascinante da dibattere, ma rischierei di andare fuori tema. In breve, per gli scopi di questo dibattito, secondo me, sì, in quanto è una fra le tante specie che abitano sulla Terra; no, in quanto la sua posizione di predominanza e potere esige che prende un passo indietro e per quanto possibile considera in modo disinteressato gli ecosistemi "naturali" e altri conviventi della Pianeta. Difficile, impossibile forse, ma sarebbe per me il vero significato della civiltà. (Quanto scrivo, ma state leggendo ancora?) Allora, arriviamo al discorso di Flavia con quale mi trovo molto in armonia... e questo è il secondo motivo per quale ho più fiducia nella natura che negli uomini. Insomma, mi permetto di citare le sue parole: "spesso l'uomo attribuisce il significato di "bene" e di "male" soltanto a ciò che più gli fa comodo", poi "tutto è relativo e tutto dipende dalla mente dell'uomo, ciò che è utile lo è spesso per l'uomo ma non è detto che lo sia anche per la natura". Non potrei esprimermi in modo migliore. Aggiungo che l'altro grande difetto dell'uomo pianificatore è che in genere ha un orizzonte temporale (se non un temporale sull'orizzonte) molto limitato, nel caso dell'uomo politico (con il "p" minuscolo, spesso colui con il potere decisionale in mano), di solito fino a, o poco oltre, la prossima elezione o assemblea generale. Al di fuori degli ambiti rarefatti dei teorici e mettendo i piedi nel fango quotidiano, è molto raro di trovare persone con la capacità e volontà di guardare oltre qualche decennio. Parlare di secoli, manca per scherzo! Invece sono quelli i tempi della natura, per non tirare in ballo anche quelli geologici che si contano in millenni. Insomma, vogliono vedere i risultati e li vogliono subito o sono guai! Mi viene un dubbio. Non potrebbe essere che certe situazioni di squilibrio, anche di "degrado", sono invece fasi di passaggio in un processo naturale che, se lasciato fluire, porterebbe a nuovi equilibri? Certo ci vorrebbe tempo, molto tempo, tempi naturali non tempi politici o antropici. E poi, forse non sarebbero nemmeno gli stessi equilibri che riconosciamo, che amiamo e che ci fanno sentire sicuri e in controllo, potrebbero anche essere molto diversi e non così "utili" o "comodi" per gli uomini. Ma di definirli migliori o peggiori sarebbe, secondo me, di peccare di antropocentrismo. Un esempio (poi prometto che mi fermo, forse ) vicino al mio cuore, un bosco, un faggeto diciamo. Quante volte ho sentito dire che bisogna gestire il bosco, pulirlo, sistemarlo, e così via. Ed è vero, un bosco giovane, o un vecchio bosco ceduo che si sta avviando verso alto fusto sembra ai nostri occhi (beh, non ai miei, ma i miei sono strani, si sa) fuori controllo, degradato, i sentieri si chiudono, non si riesce a penetrare nel sottobosco, forse gli alberi non sono in forma perfetta perché piantati/cresciuti troppo vicini... Un casino insomma! Ma se il bosco viene lasciato evolvere, pian piano gli alberi più forti crescono, gli alberi più deboli muoiono (e formano un habitat ricco anche loro), la chioma chiude fuori la luce, il sottobosco si dirada. E nel posto delle stradine forestali e aree luminose post-taglio, di creare le radure e zone di diradamento, ci pensa la natura... un albero grande cade di là, una frana disbosca di qua, una valanga dirada le chiome e entra la luce. E il processo si ricomincia da capo. Insomma, tutto nel routine normale del pianeta che vive. Però, per arrivare ad un bosco maturo e stabile, ci vorrà tempo, secoli forse. E durante quel periodo, quel bosco non avrà nessun'utilità per uomo e non farà guadagnare niente a nessuno, nemmeno ai ricercatori scientifici (mamma mia, quanto sono cattiva !). Con tutto questo non voglio dire assolutamente che l'uomo dovrebbe stare lì con le mani in mano. Anzi. Secondo me, ha già un bel lavoro avanti cercando di capire e gestire se stesso, con l'obiettivo di ridurre la pressione immane della sua propria specie per dare alla natura una tregua e spazio per fare il suo lavoro in modo efficace. Ecco la vera sfida e nel mio parere umile da non-esperto, a questo punto l'unica strada percorribile. Significherebbe limitare la crescita della popolazione mondiale e l'occupazione del suolo o almeno bloccarle al livello attuale, vorrebbe dire mutare l'intera base del nostro sistema socioeconomico basato sulla crescita economica infinita, riducendo da molto entrambi il consumo di materie prime e l'inquinamento. Insomma, abbiamo da fare! Cosa dite? Impossibile, un'Utopia? Eh sì, forse avete ragione... ma secondo me, non più un'Utopia che credere di riuscire a controllare e plasmare con sicurezza le dinamiche e equilibri naturali della Terra, che sia negli interessi dell'uomo, che sia (magari) negli interessi del pianeta intero. (C'è rimasto qualcuno?)
Sarah Gregg - Con altri occhi
"A cosa serve una grande profondità di campo se non c'è un'adeguata profondità di sentimento?" Eugene Smith, fotografo americano |
Modificato da - lynkos in data 05 ottobre 2008 17:10:47 |
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Hemerobius
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Prov.: Sassari
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4877 Messaggi Flora e Fauna |
Inserito il - 05 ottobre 2008 : 19:19:13
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Ma io sono d'accordo! A parte qualche cosuccia qua e là. (E la lunghezza del testo ... )
Il problema non è essere d'accordo sulle questioni di principio ma sulle qestioni pratiche. Non è neppure essere d'accordo sugli obiettivi a lungo periodo, è come arrivarci.
Le curve le citavo in modo critico, molti di quelli che dicono "lascia fare" si aggrappano a quelle curve. Invece funzionano solo in contesti molto particolari. La natura è molto più dura di quello che noi comunemente pensiamo.
Essendo la popolazione umana in sovrannumero e dovendo fare i conti con questa lasciare fare alla natura significherebbe quel che ho già scritto: arrivare ad una estinzione di massa e far ricominciare una nuova era dominata, questa volta, probabilmente dagli insetti. Una gran brutta prospettiva per le future generazioni.
Faccio un esempio concreto. Un'area boschiva piccola (400 ha) ma importantissima situata vicino al mare a sud delle foci del Po. Il Gran Bosco della Mesola, arrivata a noi perché un tempo era riserva di caccia! Ospitante l'unica ed ultima popolazione di cervo di sicura origine autoctona della pianura padana. Popolazione piccolissima. Quache decina di anni fa introdussero nel bosco il daino. Questo fa due cuccioli all'anno, il doppio del cervo, è molto più adattabile e compete meglio del cervo in un ambiente perturbato come per forza è ora questo piccolo lembo di bosco. Il cervo stava per estinguersi, quindi è stata creata un'area recintata solo per lui all'interno del bosco. Il daino però non si è limitato a competere col cervo, ha cominciato ad esercitare una pressione insostenibile sullo stesso bosco. Non c'era più rinnovamento, alcune specie vegetali importanti cominciavano a diminuire, insomma un disastro. Cosa avresti fatto tu?
Ciao Roberto
verum stabile cetera fumus |
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Flavia
Utente Senior
Città: Terni
Prov.: Terni
Regione: Umbria
565 Messaggi Tutti i Forum |
Inserito il - 05 ottobre 2008 : 21:35:17
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In tutto quello che ciascuno di noi dice, a mio parere, c'è un fondo di verità, tutti abbiamo ragione perchè ciascuno di noi protegge un pensiero profondo che è quello di continare a vivere in questo pianeta. Del resto questo pensiero ci viene impresso dalla natura stessa, dalla selezione naturale (se non avessimo avuto questo pensiero in testa anche nel corso della storia, la nostra specie si sarebbe estinta). Vorrei chiarire alcune cose che potrrebbero essere state fraintese da chi ha letto i miei messaggi. Non prendetemi per un'ambientalista convinta, non lo sono e non lo sarò mai, sono solo una naturalista che ha studiato determinati argomenti e alla quale sono stati dati certi insegnamenti. Gli insegnamenti da me ricevuti, non sono sempre stati condivisi, ma sono stati comunque accettati e capiti fino in fondo. Alla domanda "l'uomo fa parte della natura?" La risposta è "certamente!" L'uomo fa talmente parte della natura che come altri numerosissimi organismi agisce ed interagisce su e con l'ambiente in cui vive. Soltanto che tra l'uomo e gli altri organismi c'è una bella differenza. Tutti gli organismi sono sottoposti alla selezione naturale e grazie alle leggi della selezione si sono evoluti adattandosi agli ambienti in cui vivono. L'uomo, anch'esso, si è evoluto grazie alla selezione naturale, ma ad un tratto ha rallentato enormemente il processo selettivo agendo egli stesso sulla propria selezione. Questo è stato possibile per quel fenomeno che viene definito "evoluzione culturale", questo non è un fenomeno esclusivo dell'uomo (si può osservare in numerosi animali), ma nell'uomo è evidentissimo tanto che lo ha portato a conquistare qualsiasi spazio della Terra. In poche parole se noi riusciamo a resistere a -50°C senza possedere una pelliccia è perchè abbiamo imparato a coprirci. Naturalmente l'evoluzione culturale è anch'essa un prodotto della selezione naturale, la quale ci ha permesso di avere un sistema nervoso altamente sviluppato. Questo discorso potrà sembrarvi fuori tema, ma non è così. Quello che voglio dire è che solo l'uomo può decidere come continuare a gestire gli ecosistemi e l'ambiente in generale. Io ho parlato di "biodiversità" non per confondere le idee, ma perchè ho dato per scontato (di questo perdnatemi) alcuni concetti. Per biodiversità si intende la ricchezza di organismi (tutti gli organismi), di ecosistemi e di geni che sono contenuti negli organismi stessi. La biodiversità è un coccetto dinamico nel tempo e nello spazio perchè deriva ed è dipendente dall'evoluzione e dalla selezione naturale. Come potete vedere quindi quado si parla di impatto sull'ambiente si parla automaticamente di impatto sui sistemi biologici e quindi anche sulla biodiversità.
Quando ero all'università mi sono sentita dire da proff. che mi spiegavano la valutazione di impatto ambientale: "non siate troppo rigidi nelle valutazioni che fate, non si può dire di no a qualsiasi progetto, ad una strada, ad un palzzo, ad un'ospedale, ad una diga...bisogna sempre fare un analisi dei costi e dei benefici" Il concetto è che se una cosa è necessaria per la società, per lo sviluppo economico, per l'uomo, non si può dire di no, perchè si sciupa l'ambiente. I naturalisti, i biologi, i geologi sono costretti a dire di si anche se il prezzo da pagare per l'ambiente è molto elevato. L'unica cosa che si può fare è cercare di limitare i danni! Ed ecco che compare così un altro modo di dire che tutti conosciamo, "lo sviluppo sostenibile". Dove per sviluppo sosstenibile si intende sì lo sviluppo dell'uomo ma nel rispetto dell'ambiente, delle risorse che l'ambiente ci offre. Lo sviluppo sostenibile comprende anche l'equa distribuzione a tutte le popolazioni di tutto ciò che la natura ci offre.
Non so se mi trovo daccordo con quanto mi è stato insegnato a proposito della valutazione di impatto ambientale, ma questa è una realtà che ci viene imposta dall'"evoluzione culturale".
Per il resto posso dirvi che mi trovo in pieno accordo con Sarah la quale ha espresso in maniera eccellente un'altra realtà che sarebbe quella che ciascun naturalista sente dentro il proprio cuore, ma che spesso per vivere e far vivere deve sopprimere.
Concludo con una frase che dicono i Pigmei:"Nella foresta c'è tutto quello di cui l'uomo ha bisogno, acqua, cibo, medicine, riparo. Coloro che muoiono di fame pur vivendo vicino alla foresta, muoiono perchè non sanno sfruttare le risorse che la natura gli offre"
Come già detto da Sarah credo che la situazione attuale possa cambiare solo se cambiano le mentalità socio-economiche e culturali e solo quando tutte le parole dette nelle convenzioni internazionali si trasformeranno in fatti...cosa che ritengo alquanto lontana!
Con questo termino e spero di non essere stata troppo complicata nell'esprimermi. P.S. Comunque sono curiosa di sapere quali sono secondo voi altri impatti positivi?!!
Flavia |
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a p
utente ritirato in data 22.02.2012
9799 Messaggi
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Inserito il - 05 ottobre 2008 : 21:45:40
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Rispondo intanto a due messaggi
| Messaggio originario di elleelle:
Tra gli esempi positivi (almeno ad un esame superficiale), citerei:
1) la creazione di laghi e bacini artificiali in zone prive di specchi d'acqua naturali, che hanno permesso lo sviluppo di specie che prima erano poco presenti; 2) il disboscamento di aree non troppo estese per creare dei pascoli circondati da macchia; zone che possono risultare molto ricche di biodiversità;
Il tutto può funzionare solo se non si esagera ...
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Qui a mio parere esiste un esempio di impatto negativo (1) ed uno positivo (2)
Modificare un ambiente introducendo un bacino idrico ,può apportare inizialmente degli effetti positivi ma poi indubbiamente prevalgono quelli negativi. Primo fra tutti è la modificazione del microclima con effetti negativi in primo luogo proprio sulla biodiversità. E' stata molto brava Flavia a cogliere questa sottiliezza, riportando un altro esempio ma calzante anche con la situazione suddetta.
Piccoli disboscamenti aumentano la biodiversità, ci sono studi sia nazionali che internazionali su questo argomento. L'eccessivo avanzare del bosco soprattutto nelle aree montane abbandonate, crea disordini anche di natura idrogeologica (posizione antropocentrica).
Alessandro PD
Chi ama la Natura le lascia i suoi fiori |
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a p
utente ritirato in data 22.02.2012
9799 Messaggi
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Inserito il - 05 ottobre 2008 : 21:48:34
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| Messaggio originario di Piccolo Lupo:
Da anni sto riconvertendo un bosco di castagni e farnie da ceduo ad alto fusto,impatto positivo o negativo? 2 ettari. Per quel che posso vedere e capirne a me pare positivo.
"se avessi cinquantatre' minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana..."
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La conversione da ceduo a fustaia è uno dei principi della scuola austriaca della selvicoltura naturalistica. Nella fustaia prevalgono popolamenti disetanei, che favoriscono la colonizzazione dei boschi (posizione ecosististemica), migliorano la qualità paesaggistica (posizione antropocentrica)
Alessandro PD
Chi ama la Natura le lascia i suoi fiori |
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elleelle
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33002 Messaggi Flora e Fauna |
Inserito il - 06 ottobre 2008 : 00:20:07
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Come avevo detto, ho fatto quei due esempi come dimostrazione di buona volonta per non lasciar cadere il suggerimento di Alessandro, ma sono il primo a dire che la valutazione è difficile e opinabile. Comunque, a parte i grandi laghi, che possono cambiare il clima e sommergono un'intera valle, per quel che mi riguarda, la maggior parte degli animali acquatici che ho incontrato nella vita si trovavano in stagni, risaie, canali e altri piccoli specchi d'acqua artificiali.
Volevo dire a Sarah che non sono in disaccordo con lei. Lo so bene che la maggior parte degli interventi dell'uomo, compresi quelli di salvaguardia degli ecosistemi (addirittura la creazione di certi parchi) si sono rivelati dannosi per la natura. Questo, però, non significa necessariamente rinunciare per evitare danni peggiori; potrebbe anche voler dire che dobbiamo imparare ad operare meglio che in passato.
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lynkos
Con altri occhi
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17647 Messaggi Tutti i Forum |
Inserito il - 06 ottobre 2008 : 06:12:21
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Uhm, trovo tutto questo consenso decisamente destabilizzante , mò che gli dico!? Roberto, per quanto riguarda il Gran Bosco della Mesola, problema difficilissimo da ogni punto di vista e prima di rispondere dovrei comunque sapere qualcosa di più sul caso specifico. Non per cercare di sfuggire al confronto, ma ho paura che potrebbe portarci piuttosto lontano dal "concetto di impatto ambientale".
Sarah Gregg - Con altri occhi
"A cosa serve una grande profondità di campo se non c'è un'adeguata profondità di sentimento?" Eugene Smith, fotografo americano |
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