Grazie Acipenser di aver ripescato questo topic, l'argomento proposto da Hemerobius è perfettamente in linea con i temi trattati nel 1° Convegno di NM.
Concordo con Hemerobius sul concetto che con l'avvento di alieni ,almeno osservando in un lungo periodo, non si ha la paventata perdita di biodiversità ma un rimescolamento che porta all'affermazione della specie più adattabile anche se per eventi naturali forse non sarebbe mai arrivata in quell'areale,anche se a volte si ha la perdita di qualche specie non si crea un vuoto. Esaminando le variazioni di fauna avvenuti sul nostro territorio dopo l'ultima glaciazione mi sono accorto che moltissime specie non sono autoctone ma appartengono alla fauna nordafricana,anche se il numero di specie è limitato costituisce una grande porzione della biomassa di gasteropodi della pianura e del piano submontano. Le condizioni che hanno favorito il successo di queste specie è stato generato dall'aumento delle temperature che hanno spostato tutti gli habitat verso l'alto,in questo modo gli alieni hanno colonizzato facilmente la fascia rimasta praticamente vuota ed impedendo alle specie autoctone di generare varianti che si potessero adattare a questi habitat. La conseguenza è stata che tra le specie ritiratesi in ambienti più alti e freschi si è interrotto il flusso genico creando un fenomeno di insularismo tra le popolazioni che si sono trovate separate. Un'osservazione di come queste specie sono ben adattate ce l'ha data Cornu aspersum che mentre la popolazioni autoctone sono state decisamente decimate da questi ultimi anni di siccità questa specie è rimasta abbondante, anzi ha colonizzato nuovi territori. Nei testi ottocenteschi è segnalata nella zona dell'ulivo fino ad 800 m di quota, mentre due anni fu in piena siccità l'ho ritrovata sul Gran Sasso viva e vegeta sopra i 1200 m.
La natura è un libro aperto, siamo noi che non sappiamo leggerlo