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 L'UOMO E LA NATURA: SCIENZA CULTURA ED ETICA
 L' evoluzione dell' Homo sapiens è terminata?
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Pag.di 8

marz
Utente Super

Città: Bergamo

Regione: Lombardia


8788 Messaggi
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Inserito il - 05 ottobre 2010 : 18:47:59 Mostra Profilo  Apri la Finestra di Tassonomia

Vi propongo un estratto di un articolo comparso su "La Repubblica" che potete leggere nella sua interezza qui Link

Qualcuno predice che in futuro diventeremo tutti superuomini: più alti, più forti, più belli, più intelligenti, praticamente perfetti.

Qualcun altro sostiene che ci trasformeremo in mostricciatoli dalla testa enorme e dal corpo rachitico, tranne le dita delle mani, lunghe e resistenti, per cliccare in continuazione i pulsanti di telefonini, computer, videogiochi, l'unica attività che vorremo fare in futuro (e la sola che alcuni di noi già praticano nel presente).

Ma un eminente genetista britannico afferma invece che simili scenari sono entrambi sbagliati: "L'evoluzione dell'uomo si è conclusa, è finita, terminata", annuncia il professor Steve Jones, biologo dell'University College London. "Tra un milione di anni o più avremo lo stesso aspetto, le stesse caratteristiche, che abbiamo oggi".

Il professor Jones è giunto alla sua ipotesi, pronunciata questa settimana durante un simposio scientifico a Londra, sulla base di un semplice ragionamento: le forze che sospingono l'evoluzione della specie, come la selezione naturale e la mutazione genetica, non giocano più un ruolo importante nelle nostre vite, o addirittura sono del tutto scomparse.

Tutto quello che abbiamo fatto negli ultimi cinque milioni di anni, dal momento in cui uno scimmione è sceso da un albero e ha cominciato a camminare faticosamente su due zampe, è stato dettato dalla selezione naturale: camminare eretti, scambiare informazioni con suoni e poi parole, usare utensili e armi, vivere in gruppi organizzati, è accaduto perché farlo creava un vantaggio ai membri della specie...

Nell'Europa dell'Età del Ghiaccio, una mutazione che dava a un bambino maggiore resistenza contro il freddo e la fame gli dava anche un forte vantaggio competitivo, che aumentava le sue probabilità di sopravvivenza e di passare quel gene ai propri discendenti...

Altri elementi contribuirebbero ad avere fermato l'evoluzione umana allo stato attuale, sempre secondo la teoria del genetista della Ucl: il fatto che non esistono più popolazioni isolate, che le razze si mescolano, che diminuisce il numero degli uomini che fanno figli in età avanzata...


Vi invito a leggere l' articolo di "La Repubblica" nella sua interezza, anche perchè contiene un evidente errore (suppongo dei giornalisti e non del genetista).

Comunque, il quesito che pongo è: "l' evoluzione dell' Homo sapiens è terminata?"



marz

Modificato da - marz in Data 05 ottobre 2010 19:07:34

gabrif
Moderatore


Città: Milano

Regione: Lombardia


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Flora e Fauna

Inserito il - 05 ottobre 2010 : 20:50:35 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Ciao,

se fra i dinosauri ci fossero stati eminenti genetisti e giornalisti, probabilmente avrebbero scritto anche loro qualcosa del genere.

G.


Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà. (Bernardo di Chiaravalle)
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marz
Utente Super

Città: Bergamo

Regione: Lombardia


8788 Messaggi
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Inserito il - 05 ottobre 2010 : 21:45:39 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Ciao, condivido molto questa tua affermazione, ma il problema, come vedremo (credo) nel corso della discussione è abbastanza più complesso.


marz
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Acipenser
Utente Senior


Città: Francoforte sul Meno
Prov.: Estero

Regione: Germany


1668 Messaggi
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Inserito il - 05 ottobre 2010 : 21:54:06 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Salve a tutti,

vorrei contribuire con una breve osservazione: l'evoluzione umana non può terminare perché le popolazioni reali annoverate dalla nostra specie possono, al più, soltanto approssimare popolazioni di Hardy-Weinberg.



Tautò tèni zon kài
tethnekós kai egregoròs
kai kathèudon kai nèon kai
gheraiòn tade gàr
metapésonta ekéina ésti
kakèina pàlin táuta.

Eraclito, Frammenti, 88; Di passaggio, Franco Battiato.
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elleelle
Moderatore Trasversale

Città: roma

Regione: Lazio


32945 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 05 ottobre 2010 : 22:49:45 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Faccio finta di non aver letto la risposta di Acipenser, perché non conosco la materia.

Avevo già scritto un annetto fa, in un'altra discussione di questa sezione (di quelle di taglio Edo-nistico), che anch'io consideravo praticamente conclusa l'evoluzione dell'Homo sapiens come specie animale.

Quello che ci mette fuori strada è che nella nostra specie è in corso una fortissima evoluzione culturale, che dà la sensazione che stiamo migliorando.
L'evoluzione culturale che viviamo è basata sull'accumulo di esperienze e conoscenze resa possibile dalla nostra capacità di comunicare e di registrare conoscenze e pensieri mettendoli a disposizione delle generazioni successive; una capacità che gli altri animali possiedono in misura minimale.
Infatti, il nostro sviluppo ha avuto un'accelerazione fortissima proprio quando abbiamo imparato a vivere in comunità numerose, a scrivere e ad apprendere da molti altri individui.

Per quanto riguarda l'evoluzione puramente biologica, secondo me, siamo addirittura in una fase involutiva (almeno per quanto riguarda la parte modernizzata del mondo), perché la selezione è inesistente.
La mortalità neonatale è quasi nulla; sopravvivono addirittura neonati con gravi malformazioni cardiache; la malnutrizione non uccide nessuno; le infezioni si curano con gli antibiotici; la chirurgia fa miracoli, e quindi, quasi tutti diventano adulti, forti o deboli che siano. Siamo sempre meno resistenti alle malattie, ma le medicine suppliscono a questa deficienza.

A volte c'è addirittura una selezione dall'alto che colpisce i più capaci e i più coraggiosi (piloti, alpinisti, sportivi in genere).
La nostra società è basata in massima parte sulla coppia, perciò, a differenza di quello che succede in altre specie di mammiferi, quasi tutti si riproducono; anche i brutti sposano le brutte e fanno figli brutti, ma li fanno.
Il numero di figli, spesso, è inversamente proporzionale al valore delle persone; scienziati, filosofi, artisti spesso muoiono senza lasciare discendenti, perché la loro vita è già abbastanza piena anche senza la famiglia.

Quindi, secondo me, la nostra evoluzione futura sarà quasi esclusivamente culturale, fatta eccezione per una certa evoluzione che deriva dalla miscelazione delle razze.

Non ho letto l'articolo, e quindi posso aver ripetuto cose dette lì; ma volevo prima scrivere quello che pensavo già da tempo.

luigi


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fern
Utente Senior

Città: Vicenza


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Flora e Fauna

Inserito il - 06 ottobre 2010 : 14:36:14 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Le idee con cui si argomenta la "fine dell'evoluzione" sono sostanzialmente due:
1) la medicina ci ha liberati da un certo tipo di selezione;
2) il rimescolamento della popolazione umana (?).
Io trovo due errori:
Uno, grossolano, e' il seguente:
le ... mutazioni che garantirono la sopravvivenza ... (n)ell'era primordiale ... non darebbero più il medesimo vantaggio. Dunque non avvengono.
L'errore (speriamo del giornalista) forse non e' casuale: e' invalsa in molti una visione finalistica, che si manifesta in affermazioni del tipo: "serviva un certo adattamento" quindi l'Evoluzione lo ha prodotto; dunque se non serve, Madre Natura (che "nihil frustra facit") non la produce.
Oppure, se l'uomo e' vertice e fine dell'evoluzione, siamo arrivati al capolinea.
L'altro errore mi sembra quello che parla di resistenza al freddo, nel corso degli ultimi 60 ka, cioe' durante l'ultima glaciazione. Ma non sono stati proprio gli "smilzi" Homo sapiens sapiens, forgiatisi al caldo africano, che hanno soppiantato i piu' adatti neanderthaliani? E non sara' stato per una superiorita' non biologica in senso stretto, ma culturale? (basta vestirsi bene)

L'idea (1) mi era gia' venuta molti anni fa, quando avevo scoperto di essere "microcitemico". Si tratta di un difetto genetico in cui un individuo con entrambi i geni difettosi muore (o almeno moriva) in tenera eta' senza riprodursi. Un semplice calcolo mi diceva che la frequenza di un tale gene doveva ridursi drasticamente nel giro di poche generazioni, nell'ipotesi di incroci casuali. Ma anche che, se le persone sono informate in modo da evitare incroci fra portatori, la percentuale resta invariata.
Cosi' la selezione naturale, che eliminava certe mutazioni nefaste, veniva meno e queste, che sempre avvengono spontaneamente, avrebbero finito per accumularsi. Poi pero' e' arrivata l'eugenetica ... devo ridere o piangere?

Il discorso sul rimescolamento della popolazione mondiale e' interessante, e probabilmente si riallaccia all'equilibrio di Hardy-Weinberg nominato da Acipenser, di cui l'unica cosa che so e' che si tratta di una distribuzione "di equilibrio", cioe' costante nel tempo, dei vari alleli in una popolazione ideale (infinita, con incroci casuali ecc. letto su Wikipedia). E' interessante perche' (a giudizio mio, cioe' di un non biologo)
a) piu' la popolazione e' grande meno incidono i fenomeni di deriva genetica, potente fattore di differenziazione di cui si e' parlato altrove
b) se popolazioni provenienti da varie parti del mondo si mescolano, vien meno l'effetto selettivo legato ad ambienti particolari (freddo, caldo, ...): Darwin scriveva che, incrociando varie razze di piccioni, altamente selezionate, ne risultava il comune piccione di citta'.
c) in compenso, in assenza di deriva genetica, l'unico fattore che puo'turbare l'equilibrio dovrebbe essere un vantaggio selettivo.

Il discorso di elleelle mi ricorda che l'uomo e' stato considerato un regno a se', distinto dal "regno animale", idea che condivido se si intende che con esso e' entrata sulla scena, prepotentemente, l'evoluzione culturale accanto a quella su base genetica.
Nell'ultimo numero di "Le Scienze" si parla della sopravvivenza della nostra specie nel periodo del "collo di bottiglia" durante la penultima glaciazione. Fra varie notizie piu' o meno opinabili una mi ha colpito: l'origine dell'ornamentazione, ovvero del pensiero simbolico, risale ad oltre 160 ka fa, ben prima di quanto si pensasse. Cio' mi ha fatto riflettere che quando l'uomo moderno incontro' i suoi simili di Neanderthal, molto tempo dopo, la differenza era forse piu' culturale che anatomica. Forse la ragione per cui ci sarebbe stato poco scambio genico (ma ce ne fu!) era proprio di tipo culturale. Ancor oggi fra gruppi sociali, caste, tribu' ... anche a contatto quotidiano, possano esserci barriere culturali tali da impedire ogni incrocio o quasi; perche' non avrebbe potuto essere lo stesso 20-30 ka fa? Se poi fosse vero che i neanderthaliani non avevano un vero e proprio linguaggio come quello di cui gia' disponeva "Homo sapiens sapiens" allora la barriera sarebbe stata praticamente invalicabile.

fern
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Subpoto
Moderatore


Città: Roma
Prov.: Roma

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Inserito il - 06 ottobre 2010 : 15:57:16 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Che l'uomo di Neanderthal fosse una specie diversa è stato dimostrato geneticamente mentre non sono stati trovati geni neanderthaliani in nessuna popolazione umana attuale, questo escluderebbe che vi siano stati scambi genici tra le due specie.
Tornando al tema principale non è concepibile che l'evoluzione di una specie termini, l'iter naturale è che una specie si evolva fino ad estinguersi o a trasformarsi in un'altra specie.
Ciò vale anche per l'uomo,se culturalmente si è posto al di fuori della natura non può sottrarsi alle leggi naturali.
Come già ricordato i geni negativi che avrebbero causato selezione vengono tramandati e si perpetuano generazione dopo generazione,le malattie genetiche sono in aumento come anche le allergie e molti altri fattori negativi.
La medicina non può risolvere tutto,la minor resistenza alle malattie la curiamo con antibiotici,ma questa non è una risorsa illimitata nel tempo,i batteri riescono a mutare velocemente creando ceppi resistenti molto più in fretta di quanto noi riusciamo a creare nuovi antibiotici.
La penicillina che ha rivoluzionato la terapia delle malattie infettive ormai in pochi anni è diventata quasi completamente inefficace.
Da un punto di vista fisico non si può negare che siamo in un'evoluzione negativa,basta fare un confronto con gli scimpanzè che sono i nostri parenti più stretti,inoltre la dipendenza da una tecnologia sempre più complessa rende la nostra società sempre più fragile.
In conclusione la specie Homo sapiens è una specie in declino che tende verso l'estinzione.



La natura è un libro aperto, siamo noi che non sappiamo leggerlo

Sandro
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marz
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Inserito il - 06 ottobre 2010 : 16:53:58 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Risulta evidente che sono emerse posizioni decisamente differenziate fra i diversi interventi, cosa che fa ben sperare per una discussione interessante.

Credo che nessuno di noi possa sapere con sicurezza cosa accadrà della nostra specie in futuro. Io ho le mie idee, ma nessuna certezza sul fatto che siano giuste.

Per quanto riguarda eventuali incroci genetici fra Homo sapiens ed Homo neanderthalensis, le ultime ricerche pare proprio che abbiano escluso tale possibilità
Link

Fern invece, secondo me, ha colto molto bene l' errore contenuto nell' articolo giornalistico, che attribuisce una visione finalistica alle mutazioni, cosa francamente inaccettabile in ambito scientifico.

Ne riparleremo.

marz
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fern
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Flora e Fauna

Inserito il - 06 ottobre 2010 : 17:33:39 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Che l'uomo di Neanderthal fosse una specie diversa è stato dimostrato geneticamente
in accordo con
I dati raccolti sembrano escludere un fenomeno di incrocio tra le due specie, di cui altrimenti sarebbe rimasta traccia sul Dna. (Repubblica, 16-11-2006)

In realta', nonostante tanto sbandieramento, questo fatto e' stato smentito da nuovi e piu' completi dati genetici, in un articolo comparso su Science il 7 Maggio scorso. Ecco l'articolo originale, oppure il commento su Science di cui riporto una frase:
both Europeans and Asians share 1% to 4% of their nuclear DNA with Neandertals. But Africans do not. This suggests that early modern humans interbred with Neandertals after moderns left Africa, but before they spread into Asia and Europe. The evidence showing interbreeding is “incontrovertible”
con buona pace del fatto che anche la conclusione opposta era, fino a pochi mesi fa, "incontrovertibile".

Il vecchio buon Neanderthal torna ad essere Homo sapiens neanderthalensis.

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elleelle
Moderatore Trasversale

Città: roma

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Flora e Fauna

Inserito il - 06 ottobre 2010 : 20:06:28 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Mi sembra che la problematica sapiens-neanderthalensis, per quanto interessante di per sé, non impatti sostanzialmente sul tema della discussione.
In ogni caso, parliamo della nostra evoluzione in un periodo molto più recente rispetto all'estinzione del neanderthalensis, quando comunque la specie era diventata una sola.
Riguardo al mio primo intervento, forse non mi sono espresso bene.
Non avevo sostenuto che l'evoluzione dell'uomo sia stata una cosa diversa dall'evoluzione degli altri animali, ma solo che noi, da un certo periodo in poi, abbiamo avviato un'evoluzione parallela di tipo culturale, che, essendo stata molto vistosa, ha mascherato l'evoluzione biologica.
Non è da escludere che anche altre specie, se se ne presentano le condizioni (nel nostro caso, l'uso delle mani, il linguaggio ecc...), possano fare altrettanto.
luigi
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theco
Utente Super




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Inserito il - 06 ottobre 2010 : 21:11:02 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
E' una bella discussione, ho poco tempo per dire la mia, mi richiamo a quanto già scritto qui, dove si parlava proprio di questi argomenti.
Link

In (barbara) sintesi la domanda giusta potrebbe essere non tanto se la nostra specie si sia sottratta all'evoluzione naturale, ma se l'evoluzione naturale sia arrivata, con i suoi metodi, a sintetizzare una specie in grado di prendere il controllo del meccanismo stesso che l'ha generata.

Non solo la nostra, ma l'evoluzione dell'intera biosfera potrebbe potenzialmente essere terminata e sostituita da un'evoluzione di tipo culturale.



Ciao, Andrea
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D21
Moderatore Tutor


Città: Cuneo

Regione: Piemonte


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Inserito il - 06 ottobre 2010 : 23:39:21 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Un paio di spunti e poi mi ritiro in buon ordine .
Sono riflessioni a caso, messe senza ordine nè sequenza logica. Solo idee estemporanee da riorganizzare per fare un discorso. Che però lascio a voi.

L'evoluzione procede per la "selezione del più adatto", di carattere neturale, a cui si somma la "selezione sessuale", spesso di carattere culturale (a seconda del "modello" preferito, variabile con le mode, si tende a preferire un partner cicciottello - come in passato - o uno più magro - come oggigiorno - ecc...). A tutto questo bisogna aggiungere l'evoluzione per micromutazioni genetiche spontanee, non sottomesse a fattori esterni: di quella è dura liberarsi! L'umanità dunque non si è sbarazzata di tutti i processi evolutivi che la modellavano, ma ne ha perfino creati di nuovi, di tipo culturale, come già accennato da altri.

Mi vien da pensare ai coccodrilli, alle tartarughe, agli squali, certe libellule, certi imenotteri: loro sembra abbiano bloccato la propria evoluzione qualche centinaio di milioni di anni fa, nonostante tutti i cambiamenti climatici e ambientali che si sono succeduti. Perchè per loro non c'è più evoluzione? Cosa dà al loro DNA tanta stabilità? Sono immuni alle micromutazioni spontanee? Noi non abbiamo una tale costanza genetica. Ma forse esistiamo da troppo poco tempo per affermarlo con sicurezza.

L'umanità si è affrancata da tante malattie, ma altre sono insorte e pure nefaste: chi non ha mai conosciuto una persona che poi è morta di cancro? Ma per l'evoluzione non conta che la persona sia morta, bensì che si sia riprodotta in tempo... Non sono le malattie a determinare l'evoluzione umana, se esse danno il tempo di far figli. La medicina allunga la vita, ma non incide sull'evoluzione, nè ora nè nel passato. Al più permette di fare più figli, dando ai genitori più tempo per farli. Ma questi figli saranno uguali a quelli generati in giovane età. Almeno credo, con qualche dubbio...

Ho fatto un giro con Google Earth su Rio de Janerio: le favelas sono molto più grandi della città ricca. E questo significa fame, malattie precoci, che colpiscono nell'infanzia (prima che ci si possa riprodurre), pericoli esterni (non saranno predatori, ma criminalità, sparatorie ecc...): la selezione lì è durissima. Sopravvivono solo i selezionati. Parliamo di una grande fetta dell'umanità, in tutti i continenti. Il blocco dell'evoluzione può riguardare solo i ricchi occidentali... ma a pensarci bene essi si stanno auto-selezionando diventando omogenei e delicati, retti da farmaci e non più da resistenza immunitaria innata ereditata per selezione.

Insomma, è molto facile che una malattia nuova e pesante falci la popolazione occidentale, che tenterà di resistere a suon di farmaci. I poveri del mondo, invece, sopravviveranno grazie alle difese ereditate geneticamente.
Col tempo, negli occidentali si accumuleranno debolezze, mentre fra i poveri, benchè la mortalità sarà più alta, vi sarà sempre qualcuno immune. Purchè altri elementi selettivi non lo fermino prima della riproduzione.
Ovviamente questo deve indurre a portare aiuti a quelle popolazioni, perchè preservino la loro biodiversità, che sarà il bacino su cui contare nel futuro.

Non dobbiamo pensare alla fine dell'evoluzione con sollievo: tutt'altro! E' proprio l'evoluzione continua e minuta a garantirci la sopravvivenza nel futuro: se ci basiamo solo sui farmaci e cure costose, basterà una crisi economica a spazzarci via (è un elemento di selezione anche questo, per chi basa la propria sopravvivenza sul benessere sociale! ).
Non siamo coccodrilli, che vivono immutati da intere ere senza risentirne. Noi abbiamo bisogno della variabilità genetica!

Dario.


"Siamo noi, che sotto la notte ci muoviamo in silenzio, tra gli anfratti dei sogni che il giorno ci ispira,
nei meandri di un tempo che cambia ogni volta, cercando qualcosa che non abbiamo mai perso." (1795 J.d.L.)
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marz
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Inserito il - 07 ottobre 2010 : 00:50:49 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Gli spunti offerti dalla discussione sono talmente tanti, che mi sono un pò smarrito (rinvierei ad un' altra discussione il problema degli incroci genetici dell' Homo neanderthalensis).

Faccio solo una considerazione abbastanza interessante (penso) sulla microcitemia (di cui ha parlato fern), che è una malattia ereditaria dei globuli rossi (è inutile entrare in ulteriori dettagli clinici).

Subito dopo la scoperta della particolare distribuzione nel mondo delle diverse microcitemie è apparsa evidente una cosa veramente singolare: le zone microcitemiche coincidevano esattamente con le antiche aree geografiche di diffusione della malaria.

Anche in Italia era chiaramente riconoscibile un'esatta corrispondenza nella distribuzione geografica dei portatori di microcitemia (Delta Padano, Sardegna, Sicilia, ecc..), con le zone malariche (adesso con i flussi migratori interni la cosa è un pò più sfumata).

Sulla base di questo rilievo si è ipotizzato che per la microcitemia una maggiore resistenza verso la malaria perniciosa e quindi una maggiore sopravvivenza dell'eterozigote talassemico in confronto all'omozigote normale, sia stato in passato il fattore selettivo positivo che ha consentito la comparsa e poi la permanenza nei secoli di numerosi focolai di microcitemia, nonostante il fatto che gli omozigoti andassero incontro a morte precoce.

Cioè, in pratica, quello che era un difetto genetico (da mutazione) che in caso di omozigosi portava a morte, in caso di eterozigosi era diventato un fattore protettivo nei confronti della malaria (che fino a pochi decenni fa era uno dei principali problemi sanitari italiani).

E nelle zone malariche le probabilità di sopravvivenza dei portatori eterozigoti di microcitosi erano notevolmente più alte dei soggetti sani.

Ho citato questo esempio più che altro per spiegare quanto possano essere particolari e strani i meccanismi di selezione naturale.

Parlando della microcitemia, abbiamo visto un esempio in cui una mutazione "difettosa", in situazioni particolari, può diventare un elemento positivo di selezione naturale, per poi tornare, adesso che la malaria è scomparsa (nei Paesi Europei, perchè in altre zone è ancora un problema molto grave), un fattore negativo.



marz

Modificato da - marz in data 07 ottobre 2010 01:22:12
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marz
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Inserito il - 07 ottobre 2010 : 01:59:00 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
L' esempio di prima mi sembra interessante perchè comunemente si dice che la selezione naturale premia il più forte.

Non è così, o, quanto meno, spesso non è così. Del resto, se fosse così, non si capirebbe, ad esempio, perchè i dinosauri ad un certo punto si siano estinti.

La selezione naturale premia non il più forte, ma il più "adatto" (semmai il problema è definire cosa si intende per più adatto).

Comunque non esistono regole generalizzabili in tutti i contesti: la selezione naturale opera su una determinata popolazione, in un determinato ambiente e per un prestabilito periodo di tempo.

marz
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elleelle
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Flora e Fauna

Inserito il - 07 ottobre 2010 : 11:33:28 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Sicuramente, è vero che la selezione premia il più adatto e non il più forte, ma credo che molti di noi, negli interventi precedenti, abbiano usato la parola "forte" con questo stesso significato (=capace di sopravvivere). Tanto è vero che ci sono molti casi in natura in cui la selezione ha premiato gli individui di taglia più piccola ecc...

Credo anch'io che le popolazioni del terzo mondo si stiano ancora evolvendo in una certa misura, nonostante noi occidentali facciamo del nostro meglio per bloccare questo processo e farli diventare come noi.

Probabilmente, in base alla selezione naturale, il mondo di domani sarà sempre più popolato di persone provenienti dai paesi poveri, che saranno più sani e, probabilmente, anche più intelligenti di noi benestanti in fase involutiva.

Però, vorrei tornare sulla questione dell'evoluzione culturale, che, forse, potrebbe scombinare tutto. Pensate che sia vero che la nostra specie sia l'unica che è riuscita a capitalizzare nel tempo una cultura sempre crescente grazie alla scrittura e alla comunicazione sociale (e, magari, anche al lunghissimo periodo neotenico, che dura almeno 20 anni)?

Tra gli animali la capitalizzazione culturale è minima; ci sono i macachi del Giappone che hanno imparato a lavare le patate e a immergersi nelle pozze di acqua calda termale, gli scimpanzè che hanno imparato a estrarre le formiche con lo stecchino, i fringuelli della Galapagos che usano le spine per estrarre le larve xilofaghe, e poco altro.
La regola, per loro, è che ogni individuo parte quasi da zero e deve imparare a proprie spese come si fa a sopravvivere e non ha modo di imparare o insegnare niente, se non con l'esempio e l'imitazione.

Questo salto che noi abbiamo fatto (salto naturale, intendiamoci; non faccio nessuna ipotesi fantasiosa) ci può porre al di fuori del processo evolutivo naturale?
E' possibile che, in futuro, sia quasi esclusivamente l'evoluzione culturale a determinare la nostra sopravvivenza e la direzione in cui cambierà la nostra vita?

luigi
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theco
Utente Super




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Inserito il - 07 ottobre 2010 : 20:22:58 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Sul fatto che la nostra specie sia in grado di controllare e indirizzare l'ambiente (fatti salvi gli eventi catastrofici) credo sia piuttosto evidente (e anche piuttosto preoccupante).

Secondo voi quanto tempo dovrà passare prima che la nostra specie sia in grado di controllare e indirizzare compiutamente le ricombinazioni genetiche: immagino che sia più una questione di decenni che di secoli.

Se togliete dal tavolo le ricombinazioni geniche e la selezione naturale cosa rimane in grado di modificare lo stato evolutivo della nostra specie? Solo la nostra stessa volontà.

Ciao, Andrea
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fern
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Città: Vicenza


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Flora e Fauna

Inserito il - 07 ottobre 2010 : 21:33:09 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Prendo spunto dall'esempio di Dario, di animali come lo squalo che sembrano sottratti all'evoluzione; penso che il record spetti ai tardigradi, nel Cambriano gia' molto simili agli attuali.
In principio la cosa non sembrerebbe impossibile: se l'ambiente non cambia in modo sostanziale, la selezione potrebbe conservare piu' che variare una forma particolarmente ben riuscita. Forse, dal punto di vista di uno squalo, i mari attuali non sono poi diversi da quelli di 100 Ma fa. Molte specie non sono piu' le stesse, ma finche' ci sono prede, finche' i vecchi sistemi di caccia funzionano e la concorrenza non e' un problema, perche' cambiare? Qualche popolazione potra' adattarsi ad una nuova nicchia ecologica, ma altre popolazioni potrebbero restare come sono.
Sospetto pero' che questa immutabilita' sia "di facciata" (anche se la "facciata", cioe' il "disegno costruttivo" e' tutt'altro che secondario): le mutazioni a livello molecolare potrebbero essere tali (io credo che lo siano) che uno squalo di oggi non puo' essere la stessa specie che viveva anche "solo" 10-20 Ma fa.
Tanto piu' che ogni specie e' coinvolta in una perenne corsa agli armamenti contro patogeni e parassiti, che mutano in tempi brevi minacciando ad aggirare le difese dell'organismo. Nella co-evoluzione generale chi si ferma e' perduto.

A proposito di certi confronti fra il "ricco occidente" ed il resto del mondo: il vertiginoso aumento della popolazione mondiale, concentrato nei paesi in via di sviluppo, credo derivi dal fatto (correggetemi se sbaglio) che proprio quei medicinali e cure
che "corrompono" l'uomo occidentale hanno notevolmente aumentato il tasso di sopravvivenza infantile in quei paesi, a fronte di una immutata tendenza a generare molti figli. I tassi di mortalita' non sono confrontabili con i nostri, ma non dimentichiamo che la popolazione mondiale rimase piu' o meno stabile per secoli, quando non era inusuale che una donna generasse 10 figli o piu'. Tanto per farci un'idea del tasso di mortalita' "naturale".
Talvolta mi viene da considerare, quando qualcuno si lamenta per l'immigrazione, che magari la stessa persona si adopera "per aiutare i bambini" negli stessi paesi d'origine degli immigrati, ma l'incoerenza e' umana, e non e' sempre un male.
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elleelle
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Flora e Fauna

Inserito il - 07 ottobre 2010 : 22:24:04 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Effettivamente, anch'io credo che la crescita vertiginosa della popolazione in certi paesi africani derivi dallo squilibrio tra nati e morti, nel senso che, con le medicine - nonostante tutto - la mortalità è diminuita, ma la natalità è rimasta quella (che, una volta, era necessaria per garantire l'equilibrio).
Secondo me, il primo aiuto da dare a quelle popolazioni sarebbe l'informazione.

Credo anch'io che una specie, o si estingue, o si stabilizza (almeno a livello macroscopico) almeno fintanto che l'ambiente non cambia radicalmente.
Peraltro gli squali ci somigliano, nel senso che fanno pochi figli, ma ognuno di essi ha un'alta probabilità di diventare adulto; molto più alta rispetto ai pesci ossei.
luigi
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fern
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Flora e Fauna

Inserito il - 08 ottobre 2010 : 21:04:39 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Mi ha molto colpito il pessimismo di chi vede nell'uomo una specie in declino irreversibile.
Pur avendo per primo accennato un'idea del genere (accumulo di mutazioni negative in assenza di una selezione naturale) in realta' non la vedo cosi' tragica anzi, se devo dire, vedo in questo atteggiamento principalmente l'interiorizzazione di un senso di colpa per i "crimini della societa' opulenta".
Molto tempo fa avevo espresso il dubbio che il mito della caduta, diffuso forse in tutti i popoli (nella Bibbia conseguenza del peccato originale), nasca dalla coscienza di una rottura insanabile uomo-natura, avvenuta in un tempo mitologicamente lontano che pero' qualcuno avrebbe identificato con il paleolitico (ma chi? non ricordo proprio). Si sta ripetendo qualcosa di simile?

Perche' dovremmo essere una specie in declino, proprio quando non siamo mai stati cosi' numerosi? Un alieno che studiasse la biologia terrestre vedrebbe nell'uomo una specie invasiva, di cui in effetti abbiamo tutte le qualita', come capacita' di sopravvivere negli ambienti piu' diversi, capacita' di rapida crescita numerica, competitivita' nei confronti di altre specie ecc.
Il confronto con lo scimpanze' (credo si riferisca alla variabilita' genetica) non tiene conto di alcuni fattori importanti:
- alla variabilita' dello scimpanze', a livello di specie, potrebbe non corrispondere una variabilita' a livello di popolazione. Sospetto che le piccole popolazioni di scimpanze' siano geneticamente omgoene al loro interno, ben piu' delle popolazioni umane assai piu' numerose.
- la nostra specie e' passata attraverso un "collo di bottiglia" intorno a 200 ka fa, che ha fortemente ridotto la variabilita' genetica. Eppure, per quasi 200 ka l'umanita' e' sopravvissuta pur non avendo i mezzi attuali, pur essendo geneticamente piu' omogenea di oggi (nel frattempo ci saremo pur differenziati, no?) oltre che numericamente esigua. Dobbiamo preoccuparci del futuro?
Penso di si', ma non per questi motivi: dopo tutto un secolo di benessere (esagero), evolutivamente parlando non e' nulla (anche perche' nell'uomo sono solo 4-5 generazioni).
La resistenza alle malattie non dipende solo dai geni: una persona che ha disponibilita' di cibo, riposo ecc. ha molte piu' possibilita' di spuntarla di chi e' deperito dalla fame e altri bisogni. Se ho ben capito, ai tempi dei nostri nonni i ricchi erano quasi immuni a molte malattie che invece mietevano vittime fra i poveri.
Insomma, io credo che il vero rischio per l'umanita' nasca dal suo successo, con la distruzione dell'ambiente naturale, l'esaurimento delle fonti di energia, l'alterazione del clima ecc.
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elleelle
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Flora e Fauna

Inserito il - 09 ottobre 2010 : 01:18:39 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Io non sono pessimista. Credo che le cose stiano proprio così.
Insisto (scusate appunto l'insistenza) che noi stiamo mascherando il declino biologico con l'evoluzione culturale. E' solo grazie a quella che siamo così numerosi e adattabili. Avendo perso la nostra elasticità, modifichiamo l'ambiente grazie al patrimonio di conoscenze che abbiamo accumulato.
Riusciamo a sopravvivere in Antartide solo perché viviamo in ambienti isolati e riscaldati.
E lo stesso si può dire di tutte le nostre performances brillanti: successi culturali. Come animali, siamo fragilissimi.
luigi
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Manon
Utente nuovo

Città: roma


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Inserito il - 09 ottobre 2010 : 14:53:55 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Ciao a tutti. Ho appena fatto la scoperta di questo forum. Quindi siate buoni con me se ribadisco concetti già espressi.
Io credo che non si potrà mai fermare l'evoluzione, perché sarebbe come negare il continuo movimento che si oltrepassa, cioè quello dell'universo che ci circonda. Non riesco a differenziare razionalmente l'evoluzione culturale da quella naturale: l'una non è il frutto dell'altra? La natura stessa della nostra evoluzione è stata di "aculturarci"; è stato il nostro "adattamento" alle difficoltà, la nostra difesa. Che poi si riveli essere la strada per la nostra "perdizione", avendo rovesciato adattamento nostro con adattamento di ciò che ci circonda alle nostre caratteristiche, sfruttando il nostro ambiente, soffocando il pianeta con la nostra presenza, mettendo a rischio l'intero equilibrio, è una cosa accettata.
Il proprio dell'evoluzione è la sparizione, cioè più esattamente il cambiamento. Tutto si muove, anche ciò che ai nostri occhi sembra fisso nei secoli dei secoli. Perché pensare che l'evoluzione sia finita per certe spezie? Che senso avrebbe? Le cose dovrebbero quindi rimanere tali per SEMPRE? Credo nel continuo movimento di nascita, vita, morte, apparizione, evoluzione, sparizione. Anche se ciò avviene molto lentamente. E l'uomo non potrà sottrarsi, credo.
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