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Flora e Fauna

Inserito il - 06 maggio 2008 : 18:05:55 Mostra Profilo  Apri la Finestra di Tassonomia

Note biografiche:


Fulvio Fraticelli – Direttore Scientifico della Fondazione Bioparco di Roma.

Zoologo, da più di quaranta anni si interessa di ornitologia e in particolare dei meccanismi adattativi all’ambiente mediterraneo e a quello urbano.

Per molti anni ha svolto attività di educazione ambientale in una riserva del WWF Italia e per cinque anni ha diretto il settore Diversità Biologica di questa associazione.

Vanta decine di pubblicazioni nelle riviste tecniche più importanti del nostro paese e del mondo.





Fulvio Fraticelli
L''Okkione intervista Fulvio Fraticelli
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1)Caro Fulvio, mi interesserebbe conoscere il tuo parere sullo stato dell’arte dell’ornitologia italiana all’inizio del terzo millennio. Gli ornitologi italiani sono in fase di crescita (sul piano delle conoscenze), in fase inflattiva (sul piano numerico) o alla perenne ricerca di identità?


Penso che la situazione dell’ornitologia italiana, ma sarebbe meglio riferirsi solo agli ornitologi, abbia avuto in questi ultimi anni una radicale trasformazione. Sono sicuramente cresciuti gruppi di ricerca che, sotto la spinta di dover produrre lavori di qualità per acquisire punteggi per carriere universitarie, hanno elevato sensibilmente il valore delle ricerche prodotte. Questo però ha aumentato il gap tra professionisti e dilettanti, perdendo molti di questi ultimi lungo la strada.



2)Appassionati, birders, professionisti, pubblicazioni elettroniche in serie, accademia, mailing list e siti web. A tuo avviso la sinergia tra questi soggetti e media è sufficientemente sviluppata o potrebbe essere maggiormente dinamica e fruttuosa?


Internet ha offerto uno strumento straordinario per la condivisione di informazioni spesso in tempo reale. Forse proprio in questo campo bisognerebbe recuperare il ruolo dell’appassionato. Già grandi passi avanti sono stati fatti, ma ancora c’è molto da fare.



3)In questo momento Fulvio quali sono le ricerche in cui sei impegnato e i progetti in fase di realizzazione a cui dedichi le tue energie e competenze.


Purtroppo data la scarsità di tempo a disposizione da dedicare alle mie ricerche ho dovuto ottimizzare il poco disponibile. Usare il tempo di attesa alla fermata dell’autobus per effettuare un punto di ascolto e scendere una fermata prima per fare un transetto mi hanno permesso di raccogliere un’ingente mole di dati, in parte già elaborati. Forse all’inizio l’ornitologia urbana è stato un ripiego, certo manca l’emozione di un contesto paesaggistico naturale, ma i meccanismi adattativi che si vanno intuendo proprio in questo ambiente non hanno niente da invidiare a quelli di paludi, prati e boschi. Le cornacchie, i piccioni, i gabbiani e gli altri ospiti urbani sono diventati l’oggetto delle mie ricerche. Poi ci sono una vecchia passione: i passeri. Sulla passera domestica si stanno scrivendo in questi ultimi anni decine di articoli. La diminuzione in ambiente urbano è stata utilizzata, c’è chi dice strumentalmente, nel nord Europa per inserire questa specie tra quelle minacciate e, lo dicono sempre il malpensanti, per attivare meccanismi di finanziamento per il suo studio. Studiarla in Italia senza una lira dà ancora più soddisfazioni.



4)La crisi in cui versa l’I.N.F.S. che fatica a trovare una corretta soluzione, a tuo avviso rappresenta il sintomo di un paese a bassa “caratterizzazione naturalistica” o può in parte riflettere le difficoltà di indirizzo dell’Ente e del suo funzionamento recente? La mia opinione è che quali siano le cause, la presenza di un ente centrale con funzioni di indirizzo e coordinamento è assolutamente indispensabile. Forse un’articolazione policentrica e con maggiore apertura all’esterno sarebbe utile, ma servirebbero risorse che in questa fase sembra manchino anche per gli aspetti gestionali ordinari. Dobbiamo tuttavia continuare ad avere un approccio positivo e fattivo. Ma io devo solo fare le domande, pardon.

Penso proprio di sì, la crisi dell’INFS è sicuramente influenzata dalla bassissima cultura naturalistica del nostro Paese. La causa prima è questa e da qui si generano e purtroppo si giustificano le pressioni del mondo venatorio, le ingerenze e gli interessi dei politici, l’ignoranza dei media.
Il ruolo dell’INFS è insostituibile e penso che sia un dovere di tutti noi che abbiamo a cuore la conoscenza e la conservazione del patrimonio zoologico italiano supportare in tutti i modi questa istituzione.



5)Vecchia e nuova Sistematica. Splitting continui di specie e gruppi mi pare possano creare una certa confusione anche tra gli addetti ai lavori. Data per buona la tesi che una sistematica moderna non può prescindere da analisi del DNA e da comparazioni di distanze genetiche per separare gruppi (senza però dimenticare gli elementi classici quali oologia, morfometria, comportamento ecc.), non sarebbe opportuno proporre una sorta di moratoria (mettiamo 10 -15 anni) per sedimentare metodi e conoscenze più ampie e verificate e poi costruire il “Sistema nuovo”?


No, non sono d’accordo. Se lo splittaggio (che orrendo neologismo) non ha lo scopo di aumentare solo il numero delle figurine della collezione, ben venga. Dividere, saper riconoscere le differenze, capirne il significato adattativo non può fare certamente male. Da ragazzino, quando facevo il cane per uno zio cacciatore, mi è passato tra le mani un beccaccino che, ricordo, aveva tutte le caratteristiche del taxon neartico. A quei tempi però non erano disponibili gli strumenti per poter effettuare una determinazione. Ricordo che la questione, e in particolare la colorazione barrata del sotto ala, fu sbrigativamente risolta dallo zio cacciatore con la frase: “E’ un incrocio tra un beccaccino e un croccolone”. Ora che importanza ha se deve essere chiamato Gallinago gallinago delicata o Gallinago delicata, l’importante sarebbe stato capire se quelle ali avevano attraversato l’Atlantico.
Personalmente mi piace molto il concetto degli Evolutionarily Significant Unit (ESU). Non importa se quello che ho di fronte è una specie, una sottospecie, un ecotipo o altro, l’importante è che è qualche cosa che potenzialmente potrà evolvere in qualcosa di diverso rispetto alla specie madre. Saper riconoscere le differenze significa in realtà apprezzare e conseguentemente proteggere la diversità, la base dell’evoluzione.



6)Anche se gli studi faunistici in Italia sono tuttora prevalenti e la cerchia degli ornitologi “attrezzati” si è allargata non si riesce ad organizzare una task force coordinata a livello nazionale ed articolata su dimensione regionale in grado di monitorare se non tutta l’avifauna italiana (impresa non impossibile) almeno la maggior parte dei taxa ornitici. Io ritengo che ci sarebbero capacità, voglia e motivazione. Come al solito mancano i soldi (verissimo e grave) o siamo anche un pò troppo cani sciolti e pigri?

Secondo me la causa non è che mancano i soldi, ma che ce ne sono, pochi, ma ce ne sono. Anche rischiando di fare la parte del vecchio nostalgico (c’è poco da fare la parte, lo sono) le cose andavano meglio in passato quando non passava neppure nell’anticamera del cervello che per andare a contare anatre o a censire le specie nidificanti qualcuno ti potesse pagare. I soldi, ripeto pochi, che hanno cominciato a girare hanno dato purtroppo un colpo al volontariato duro e puro.



7)Gli ornitologi italiani sono stati considerati per troppo tempo dei “paria”, quasi delle schiappe col binocolo a forma di mandolino. Tuttavia mi sembra che la situazione recente sia radicalmente e profondamente cambiata negli ultimi anni. Cosa ne pensi Fulvio.?


Tu dici? Mah, certo delle eccellenze anche a livello europeo ora le abbiamo, ma è la media che mi preoccupa, anzi è la deviazione standard.



8)I Cambiamenti climatici, il global warming stanno mutando il panorama faunistico italiano. Per l’ornitologia, si sono osservati locali incrementi di popolazioni nidificanti in ambiente xerico e svernamenti di specie che normalmente avevano aree invernali in Africa. Sembrerebbe, senza entrare troppo nel dettaglio, e dato per certo che nessuno voglia andare a cercare Corrioni biondi sulle dolomiti di Belluno, che sul breve e medio periodo il riscaldamento possa essere valutato come fattore ecologico positivo per un numero elevato di specie. Cosa ne pensi Fulvio?


Il “fattore ecologico positivo” vallo a spiegare alle pernici delle nevi, ai fringuelli alpini, ai sordoni. Preferirei ancora vedere il merlo dal collare sulla Maiella che i trombettieri in Sicilia.



9)Ricerca di base e protezione. Mi interesserebbe una tua opinione sul tema in generale. In particolare, l’apporto degli ornitologi alla creazione dei S.I.C. (Siti Importanza Comunitaria) è stato rilevantissimo, tuttavia questo strumento di gestione stenta a decollare, anche se qualche apprezzabile risultato lo abbiamo ottenuto. L’interfaccia ricerca vs. burocrazia è sempre così “terribilmente” insormontabile?


I burocrati e i politici non riescono purtroppo a capire il tempo e la fatica che devono obbligatoriamente precedere le conoscenze. Mi è capitato di sentire molto spesso la frase: “Ma sì, che ci vuole, voi avete sicuramente già tutti i dati.” Aggiungi a questo l’ignoranza di funzionari che hanno coperto ruoli cardine in momenti in cui si andavano a definire gli strumenti comunitari di conservazione degli ambienti naturali. Mentre gli altri stati europei mandavano a Bruxelles zoologi e botanici, l’Italia ha mandato degli ingegneri nucleari. Senza commenti.



10)Per finire Fulvio e per dare uno spunto agli appassionati e agli ornitologi più giovani, quali sono a tuo parere le linee di ricerca maggiormente trascurate in Italia, quali quelle più urgenti e che a tuo avviso non meritano ulteriore dilazione?


La mediterraneità. Da noi niente è uguale ad oltralpe. Provate a ripetere in Italia una ricerca di ecologia comportamentale effettuata che so, in Inghilterra. Con buona probabilità avrete risultati molto, ma molto diversi. Alla faccia di chi generalizza pensando che quello che succede a casa propria è obbligatoriamente uguale a quello che succede nel resto del mondo.



11) Ringraziandoti di cuore, vuoi aggiungere qualche valutazione finale a margine?


Più che una valutazione una considerazione finale. Gli uccelli sono il miglior oggetto di studio per andare ad indagare i meccanismi dell’evoluzione. Studiare gli uccelli serve anche per capire meglio che diavolo chi diavolo è questa strana scimmia nuda (anche se con il binocolo al collo).


Angelo okkione Meschini





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