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Inserito il - 28 luglio 2007 : 16:10:44 Mostra Profilo  Apri la Finestra di Tassonomia

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Lo Squalo Preistorico



Il fatto che alcuni mesi fa sia affiorato dagli abissi del mare di Numazu, città portuale nella sezione meridionale di Honshu in Giappone, uno squalo dalle sembianze preistoriche ha avuto grande risalto.

Il nome scientifico a molti non dirà un gran che, ma in una di quelle due parole si celano le sue fattezze: Chlamydoselachus anguineus (squalo anguilla).
Il corpo è molto affusolato e le sue movenze in acqua lo fanno sembrare un serpente o una grossa anguilla.
L’animale in questione misurava circa 150 cm e si trattava di una femmina del peso di 8 kg.
Gli esemplari di questa specie possiedono una bocca frontale con piccoli denti tricuspidali e sei fessure branchiali, la prima delle quali molto simile a un collare.
Inoltre alcune caratteristiche anatomiche lo rendono del tutto diverso dagli squali moderni; per questo viene considerato un vero e proprio fossile vivente.
Non è pericoloso per l’uomo perché la sua dieta è costituita da cefalopodi e piccoli crostacei.
Non si conoscono le reali cause che hanno spinto l’animale verso le coste; pare infatti che questa specie, che abitualmente vive a una profondità di oltre 600 metri, ascenda talvolta gli abissi spingendosi verso la superficie.
Taluni sostengono che l’esemplare sia giunto sottocosta sfruttando una corrente ascensionale, ma i motivi e le circostanze restano del tutto incerte.
Secondo alcune fonti ufficiali l’esemplare sarebbe morto per cause naturali poco dopo il suo avvistamento, ma alcune voci sostengono che sia stato ucciso al fine di poterlo studiare.
L’unico dato certo è che attualmente lo squalo si trova nei laboratori del centro marino di Awashima.
Questa notizia mi dà lo spunto per raccontarvi un retroscena che non tutti conoscono.

Adesso riavvolgiamo la pellicola del tempo e facciamo un piccolo salto che ci riporta in Toscana verso la fine del 1870.

Premetto che, per chi non ne fosse a conoscenza, sono stati prima scoperti i resti fossili e poi l’esemplare vivente.
Il primo scopritore si chiamava Roberto Lawley (1818-1881). Roberto Lawley , uno dei più grandi naturalisti dell’800, mentre perlustrava le campagne di una Toscana molto diversa da quella che conosciamo oggi, notò per terra uno strano dente che lo lasciò molto perplesso!
Egli ne trovò altri, ma non avendo nessun riferimento scientifico si trovò costretto ad accantonare quegli strani oggetti.
Erano anni in cui, a causa delle enormi distanze, era molto difficile reperire le specie viventi ed i musei, purtroppo, non possedevano le collezioni che abbiamo la fortuna di vedere oggi.
Molti animali erano sconosciuti, soprattutto quelli che vivevano a profondità abissali.
I giorni trascorrevano senza fornire una risposta o un segnale che potesse dare un senso a quella scoperta; e così, nel 1876, nel suo lavoro “Nuovi studi sopra ai pesci ed altri vertebrati delle colline toscane”, Lawley lo presentò al mondo scientifico con queste testuali parole:

"La radice ha due rami, è quasi saldata per tutta la sua lunghezza, ma sul davanti, giust’appunto nella sua saldatura, sorge il dente centrale e forma con i due laterali tutto un dente; il loro apice cambia di colore atteso essere tutto dentina ed è trasparente. I denti sono flessuosi e la radice fa quasi angolo retto con essi. Di questi denti ne possedo due perfettamente completi, e sette più o meno mutilati, ma tutti egualmente conformati, e riconoscibili: mi provengono tutti da Orciano Pisano, dove sembrano rarissimi. Per quanto io abbia osservato, non mi è stato possibile di vedere un dente simile né viventi, né rappresentato in disegno né di pesci né di rettili”.

Purtroppo Lawley fu stroncato da un male improvviso nel 1881; molti dei suoi studi rimasero incompiuti e la maggior parte dei reperti fossili raccolti andò dispersa.
Tre anni dopo la sua morte, fu pescato uno strano essere nel mare del Giappone: uno squalo appunto.
Un certo Samuel Garman (1846-1927), di professione Zoologo, venne a conoscenza di tale avvenimento e recatosi sul posto, ebbe la possibilità di poterlo studiare dando il nome alla specie nel 1884.
Ironia della sorte?
Chissà!
L’unica cosa certa è che il nostro Lawley morì senza sapere a che genere di animale appartenesse quel dente.
Per fortuna, molti anni più tardi, alcuni ricercatori e studiosi hanno riconosciuto parte del merito della scoperta a quello che è stato uno dei più grandi naturalisti del passato; inoltre, il ricordo di questo ritrovamento ci ha permesso di scoprire che questi esemplari nuotavano in Toscana oltre tre milioni di anni fa, in un periodo in cui le acque marine avevano il predominio sulla terraferma.


Dai fossili e dalla geologia si può ricostruire la sequenza di eventi biologici e geologici che si sono realizzati durante un certo periodo di tempo e si può capire in che modo il territorio in cui viviamo ha assunto le attuali caratteristiche.

Ciao,
Simone





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