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Galleria Tassonomica di
Natura Mediterraneo
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Earth whales
Moderatore
Città: Firenze
Prov.: Firenze
Regione: Toscana
1179 Messaggi Tutti i Forum |
Inserito il - 26 luglio 2007 : 12:13:31
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Ciao, questo breve racconto l'ho scritto x far sapere a tutti che, durante il pliocene, nella zona di Siena c'erano oltre 600 metri di acqua marina. Un breve racconto x un'insolita scoperta!
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In Toscana il Pliocene inizia con una trasgressione marina di proporzioni importanti.
Il mare supera la barriera morfologica costituita dalla dorsale medio toscana e si instaurano ambienti che subiscono un’evoluzione tettonica e stratigrafica propria.
Il mare arrivò a lambire i monti del Chianti spingendosi a sud fino al versante della Val di Chiana, ricoprendo i depositi continentali del Messiniano.
Il Pliocene inferiore è caratterizzato da una massima estensione marina ed i sedimenti che si depositarono al centro dei bacini raggiunsero spessori rilevanti.
A questo proposito sono state individuate a distanza di chilometri successioni sedimentarie correlabili spesse alcune centinaia di metri.
Durante il Pliocene in Toscana, inoltre, si instaurarono cicli sedimentari continentali che, anche nel corso del Pleistocene, portarono alla formazione di depositi fluvio-lacustri sormontanti, in discordanza, i sottostanti sedimenti marini.
Il raffreddamento climatico progressivo iniziatosi nel Pliocene medio superiore e culminato nei fenomeni glaciali del Pleistocene portò ad un graduale impoverimento delle faune marine della paleo-area mediterranea.
Molte specie di pesci ed invertebrati che caratterizzavano il mare del Pliocene inferiore scomparvero, e/o migrarono verso sud a latitudini più basse, fuori dal Mediterraneo.
Oggi è possibile ritrovarle viventi lungo le coste o nei fondali atlantici del Marocco e Senegal.
Osservando attentamente i fossili ed il contesto in cui si trovano accade di capire come gli antichi organismi sono morti e/o, più raramente, di scoprire tracce di predazione o più in generale dei rapporti predatore-preda.
A questo proposito è ricorrente osservare sui gusci dei Gasteropodi e dei Lamellibranchi del Pliocene caratteristici fori circolari che dimostrano l’attacco di murici e naticari carnivori e predatori.
Questi comuni organismi assalgono le loro vittime e, aiutandosi con la secrezione di sostanze chimiche (enzimi) e un’usura meccanica, ne sciolgono e perforano il guscio.
In seguito penetrano all’interno della conchiglia con la proboscide, strappano frammenti di carne e se ne cibano.
Quasi sempre le interazioni predatore-preda non lasciano tracce evidenti o non è sempre possibile interpretare o ricostruire queste antiche vicende.
Raramente, si tratta però di fossilizzazioni veramente eccezionali e caratteristiche soprattutto dei pesci e dei rettili, possiamo rinvenire resti fossili delle prede non digerite all’interno dello stomaco del predatore.
Proviamo ad ipotizzare gli ultimi istanti di vita di un piccolo pesce marino a sua volta predatore, ma in questo caso vittima: ci troviamo nel Pliocene medio, circa 3 milioni di anni fa, nel mare dove oggi si estende la provincia di Siena.
Il clima è caldo-umido e le acque marine sono popolate da molteplici forme di vita.
La notte, come è naturale, una folla di predatori marini risale dalle profondità in cerca di cibo.
In particolare i giovani Lepidopus, o pesci sciabola, si radunano in caccia in acque meno profonde attirati dalle piccole prede di cui si nutrono.
Un richiamo così allettante non lascia insensibili alcuni, anche se poco più grandi, temibili Barracudinas, anch’essi sopraggiunti in cerca di cibo.
Uno di questi, nel pieno della frenesia alimentare, non sa valutare i suoi limiti e le dimensioni di un giovane Lepidopus ingurgitandolo ugualmente.
Anche se apparentemente bizzarri, eventi di questo tipo non sono, sorprendentemente, così inconsueti nel mondo dei pesci fossili.
Molti esemplari infatti ingoiano prede relativamente grandi per le loro possibilità e ne subiscono invariabilmente le fatali conseguenze.
Nel nostro caso le dimensioni dell’esemplare ingoiato hanno determinato la morte del predatore per soffocamento.
Con tutta probabilità il Barracudina, agonizzante o già morto, discese lentamente da masse d’acqua superiori o vi fu condotto da deboli correnti, in un fondale privo o con scarsità di ossigeno (asfittico).
L’ambiente anaerobico, una specie di salamoia naturale, privo o quasi di energia e caratterizzato da una sedimentazione assente e/o finissima rese possibile la perfetta conservazione del nostro fossile.
Spesso accade che molti ritrovamenti, se pur casuali, avvengono al momento opportuno.
Quel giorno mi trovavo in cerca di fossili nella splendida campagna senese quando notai alcuni lavori di ampliamento di una strada.
Mi avvicinai e rimasi incuriosito dal colore e da altre caratteristiche familiari di alcuni blocchi di argilla rimossi dalle ruspe e cominciai ad aprirli come se sfogliassi le pagine di un libro.
La presenza di squame di pesce e resti di vegetali era notevole sulle superfici che stavo osservando.
Continuando a cercare rinvenni su una lastra di sedimento l’impronta di un crostaceo, un piccolo granchio non ben identificato.
Questo non era niente al confronto di quello che sarebbe avvenuto di li a poco.
Sul fondo della scarpata notai un altro blocco di sedimento con le stesse caratteristiche; mi avvicinai ed osservai un caratteristico distacco da disseccamento in corrispondenza di un piano di stratificazione.
Sollevai la parte superiore e rimasi senza fiato: un pesce, un grosso pesce di circa 40 cm era perfettamente conservato al centro della lastra.
Non ebbi il tempo di riprendermi dallo stupore della mia prima scoperta che subentrò un’emozione ancora più grande: all’interno della pancia del grosso pesce ce n’era un altro.
La delicata fase di recupero delle due lastre (impronta e controimpronta) mi impegnò per circa un’ora, dopo di ché, con le dovute cautele, riuscii a trasportarle per il successivo restauro.
In ottemperanza alle leggi che riguardano il rinvenimento e la protezione dei fossili informai immediatamente il Museo di Firenze e consegnai il reperto.
Una settimana dopo gli altri blocchi di sedimento rimasti sul posto erano malauguratamente stati sepolti dalle ruspe.
Molti fossili mostrano tracce di predazione: famosi sono i pesci della Green River Formation (Wyoming) e quelli dei giacimenti del Libano.
In questi casi la grande abbondanza e la conservazione eccezionale dei fossili fanno si che reperti di questo tipo siano paradossalmente quasi comuni.
Tuttavia l’eccezionalità del nostro pesce ingordo rimane tale in quanto si tratta, se controlliamo le fonti bibliografiche, nel contesto dei giacimenti nazionali, di un reperto unico o quasi.
Assieme ad esso, nello stesso giacimento ed in sopraluoghi successivi, sono stati rinvenuti altri importanti fossili di acque profonde, crostacei, resti vegetali (foglie, semi, strobili di pino) consegnati e conservati presso il Museo di storia naturale Sezione Geologia e Paleontologia di Firenze.
Molte difficoltà logistiche, legate soprattutto al rinvenimento, estrazione e restauro riguardanti i fossili e la Paleontologia, potranno essere almeno in parte superate nel nostro territorio grazie all’abilità e al valido aiuto di alcuni Ricercatori dilettanti del Gruppo AVIS Mineralogia e Paleontologia Scandicci che, collaborando con le Istituzioni, salvaguardano l’importantissimo patrimonio paleontologico toscano, garantendo ai Musei questa ed altre importantissime testimonianze del passato.
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Concludo dicendo che lo spirito con cui vengono inseriti questi articoli è a carattere divulgativo.
Ciao, Simone
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FOX
Moderatore
Città: BAGNO A RIPOLI
Regione: Toscana
21536 Messaggi Tutti i Forum |
Inserito il - 26 luglio 2007 : 12:22:16
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Grazie ancora Simone,
te ne siamo molto grati!
simo
Alto è il prezzo quando si sfida per vanità il mistero della Natura - I. Sheehan |
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