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gabrif
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3483 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 10 luglio 2009 : 21:58:06 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Un altro rettile immaginario laziale - ovviamente grosso e velenosissimo - è l'asprosordo, l'ultimo nato della vipera. Ho sentito questa storia sui Castelli Romani.

Ciao
Gabriele

E quannd te imparet a vèss pipistrell a gulà senza schema e cürvà senza cürva
Te pruvereet el tragitto impussibil del viagg che te feet senza moev gnanca un pàss.

(Davide Van De Sfroos)
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gabrif
Moderatore


Città: Milano

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3483 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 11 luglio 2009 : 18:24:12 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
L'altra citazione che mi viene in mente, anche se non sono strettamente immaginari, è il proverbio sulla vipera e l'orbettino, una creduta sorda e l'altro velenoso:

Se la vipera la ga sentiss e l’orbisoeu el ghe vedèss,
più nissun al mond ghe sarèss.

Se la vipera ci sentisse e l’orbettino ci vedesse, non ci sarebbe
più nessuno al mondo.


Ciao
Gabriele

E quannd te imparet a vèss pipistrell a gulà senza schema e cürvà senza cürva
Te pruvereet el tragitto impussibil del viagg che te feet senza moev gnanca un pàss.

(Davide Van De Sfroos)
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ospitone
Utente Senior

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1518 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 13 luglio 2009 : 09:50:21 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Inserisco un brano tratto dai 'Pregiudizi sugli animali della Sardegna', scritto da Efisio Marcialis a fine '800:

"La luscengola (Seps chalcides), detta anche Fienarola, viene conosciuta in Sardegna con i nomi Lanzinafenu, Fuisessini, Liscierba.
Tutti conoscono questo sauro, il quale, perchè ha le zampettine così corte, che appena si scorgono, sembra un serpentello, che sguscia in mezzo alle erbe, sotto il fieno, sotto i giunchi.
Anche questa bestiolina paga il suo tributo alle credenze.
Nella Planargia, a Scano, Sennariolo, a Cuglieri credono che se un bue mangia una luscengola, si gonfia nel ventre e muore. Come pure, se uno ha una fienarola o la pelle in tasca, nessun prestigiatore può fare i giuochi, e nessuna fattucchiera le sue malie. A Sassari, dai contadini, si crede che mettendola in tasca si vinca la Cabala del lotto".



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ospitone
Utente Senior

Città: Cagliari
Prov.: Cagliari

Regione: Sardegna


1518 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 13 luglio 2009 : 09:53:12 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Questo è invece il paragrafo dedicato alla lucertola:

"Si sa che in Sardegna si ha il Podarcis muralis, Lucertola delle muraglie, Lucertola muraiola, appellata nel dialetto meridionale col nome di Caluscertula; o nel Settentrione Tilighelta, e con vari altri nomi. Vari sono i pregiudizi che si hanno in Sardegna su questo piccolo sauro. A Cagliari, e credo in tutta la Sardegna, credesi dai fanciulli che, quando dietro un colpo di pietra, o per altro si stacchi la coda della lucertola, e si dibatte per terra, essa coda bestemmi contro i percussori. Affinchè poi non avvenga qualche grave danno a chi l'ha percossa, a Cagliari dicono: « arrinunzia, arrinunzia ». Con le quali parole si giudica non abbia più offetto la bestemmia, scagliata dalla povera bestiola nello strazio della sua ferita, contro il feroce percussore. Si trovano Lacerta muralis con due code, come L. muralis mostruosa, trovata dal signor Albani a Monza (Bollettino del naturalista Anno XVII N. 10). Il moncone della coda era sensibilmente deviato a sinistra. Fra questa nuova coda e la zampa destra, ma un po' superiormente, esce dal corpo un'altra coda più esile, lunga 3 cent. alquanto arricciata in sè stessa o volta a destra con la punta. Inferiormente le due code sono normali. A Sassari pure si crede che bestemmi, faccia le ficche, e si dice « tiaulu a te, santu a me ». A Bosa si dice dal volgo che se sopra una lucertola morta si mettono due fuscelli in croce, dopo un po' di tempo questi fuscellini vengono trasformati in due ossa disposte in croce, che sono utili per molte malattie. Si sa che fra le lucertole muraiole, se ne trova una verde (Tilighelta pintada) ed una bruna. Ebbene a Bosa, a Cuglieri, a Sennariolo crede il volgo che la lucertola verde abbia conficcato uno spillo alla Madonna, e la bruna l'abbia estratto. Perciò si fa alla verde un'attiva ed accanita caccia".

Infine quello sui serpenti che - come vedete - è piuttosto lungo:

"Veniamo agli ofidi. In Sardegna, dappertutto, si ha la credenza che esista la vipera (vipera aspis) e vien detta Pibera de aqua il Tropidotus natrix, Pibera de siccu il Periops hippocrepis. Da tutti quanti i naturalisti che hanno studiato i rettili della Sardegna, ed ultimamente dal Camerano nella sua opera « Rettili », è stato dimostrato che non esiste nella Sardegna nè la vipera aspis, nè alcun' altra specie di vipera. Di colubri, oltre quelli già accennati, si ha il più comune il Zamenis viridiflavus, il colubro uccellatore, l' Elaphis Aesculapi. Colora niedda, il colubro saettone. La fantasia popolare ha molto lavorato intorno a questi rettili.
Tutte sono biscie, e spesso per l'uomo, sono vipere velenosissime.
Plinio dice: Viperam accenset in littore, coire cum muraena vulgo existimata est. Anguem ex medulla hominis spinae gigni accepimus.
Si crede, quindi, nel Campidano di Cagliari, che l' alito della pretesa vipera sia velenosissimo, e che possa far stramazzare persino un cane.
E nel Campidano di Cagliari, come anche nella Planargia quando si vede una biscia (vipera per loro), portare una rana in bocca, si reputa che la biscia conduca la rana a covare le uova, quando, come dice Lessona nelle conversazioni scientifiche, è l' alimento prediletto delle vipere, delle biscie. A Sindia credono che se uno ammazza col dito pollice una biscia con una rana in bocca, possa guarire qualsiasi tumore, toccandolo col dito pollice.
A Bosa, e altrove, i ragazzi credono che, se si trova un nido di uccelli con delle uova e si contano o si narra sotto un tetto che possiede un nido, allora la biscia mangia gli uccelletti. Per contemplare viemmeglio questa credenza giova dire che a Cuglieri, ed anche altrove, si dice che ogni uccello deve lasciare senza covare un uovo come dono alla biscia, altrimenti la biscia mangia tutti gli uccellini che nasceranno. Dopo una guerra pare ci sia stata qualche stipulazione di patti. A Bosa credesi che la vipera, quando deve sgravarsi, si squarci il ventre sopra una pietra aguzza. A Sindia, poi, credono che se la biscia entra in una tana, e se la si prende per la coda, e si spezza, chi ha tentato di prenderla è un uomo destinato alla sventura. Si ha ancora, come pure a Ittiri ed in altre località, la credenza che se qualche biscia, specialmente nera, entra in una casa od in un cortile, non la si deve ammazzare, perchè arrecherebbe sfortuna, anzi le si deve dare da mangiare.
Nella Planargia si crede pure che, se uno porta una pelle di biscia o in un bastone, o come amuleto o in tasca, abbia sempre fortuna e vinca al lotto; ma, però, è scomunicato, perchè è il diavolo che lo fa vincere. Che se con una canna si percuote una biscia, tante ossa gli si rompono, quanti nodi contiene la canna. Altrove, purchè per 7 giorni non entri in chiesa, sarà fortunato portando seco la pelle. A Scano, a Sennariolo, a Cuglieri credono che, messa nel capo una pelle di biscia, non veduta da nessuno, faccia cessare l' emicrania. A Pozzomaggiore corre la leggenda che fu un tempo, in cui la vipera camminava dritta. La Madonna con un colpo di bacchetta la rovesciò: e d'allora in poi, dovette strisciare per terra. Ad Oristano credesi che se si taglia la testa ad una vipera, dalla testa nasca una nuova vipera; che una vipera a due code porti fortuna. A Esterzili, paese montuoso bagnato dal Flumendosa, presso cui le erbe crescono all'altezza dell'uomo come prati, si crede che chi veda una vipera colla testa incrociata acquisti il potere di guarire altri di molte malattie.
Come pure se vedono due biscie incrociate, e si getta loro addosso un fazzoletto od un cappello, con ciò si fa in modo che una partoriente, in quel momento, venga aiutata nelle sue doglie. A Meana, presso Aritzo, già nelle regione delle noci e dei castagni, si crede che esistano delle biscie con la coda tanto forte, come acciaio; e perciò denominate: « colora a coa de azzargiu.
Nel mese di Dicembre, a Cagliari, la terra dopo le prime pioggie, al caldo bacio del sole, a quel dolce tepore, incomincia a coprirsi d' una molle e tenera verde erbetta; i muri, ancora gocciolanti, diventano molli, vellutati per i morbidi muschi che li tappezzano; le colline anch' esse già hanno le roccie variamente chiazzate e screziate di bianco, di giallo, di rossastro, di nero, di verde per i licheni crostosi, e talvolta, fogliosi che vi sono cresciuti. È il tempo in cui si adornano a festa, ammantate tutte d' innumerevoli Thelisia alata (Lillu), che fanno un effetto bellissimo ed ammirevole alla vista. Allora dei giovani si recano per le colline a raccogliere materiali per il presepio, a raccogliere timi, che servono per far le costole del monte, sopra le quali mettendo dei pezzi di giornali, e spruzzando tutto con nero di fumo, con giallo cromo (mangara) vengono a rappresentare le rocce incrostate di licheni. Le zolle dei muschi, con qualche pezzo di vetro, servono a raffigurare i fiumi ed i laghi. Dei rami di pino con del cotone gli alberi nevicati. Nelle loro corse per le colline accade, talvolta che abbian sete; ed allora si mettono a bere l'acqua piovana che si trova ancora nelle incavità delle rocce. Ma, siccome hanno la credenza che la vipera (?), quando si abbevera, depone il veleno nell' acqua, per la qual cosa questa rimane avvelenata, perciò a fine di conoscere se è o no tale, vi fanno galleggiare dei fuscelli messi in croce. Se i fuscelli rimangono in croce è segno che l'acqua non contiene veleno di vipera; se non rimangono, ma si scompongono, vuol dire che l' acqua è inquinata di veleno. A Sassari, parimenti, si fa un uso identico. A Tresnuraghes credono che la vipera, deponga il veleno, quando va a bere. Allora la si può uccidere. Per paura del veleno, prima di bere acqua dalle pozze, si fa col dito sopra per tre volte la croce.
Plinio racconta che, presso i romani, si credeva che l' acqua delle fonti dove si trovava lungamente la Salamandra, fosse avvelenata.
A Cagliari si hanno delle chiocciole terrestri denominate « sizzigorrus de coloru »; cioè la Leucochroa candidissima, e l' Helix serpentina, perchè si crede che le allevi la biscia, come a Cuglieri si chiamano coccoide de ranas, perchè si crede che la allevi la rana. Infine a Cagliari, come nei villaggi, si racconta presso il volgo, che delle piccole vipere o bisciette siano entrate in bocca a bambini, mentre dormivano; e corrono per le bocche delle donne del volgo a Cagliari le novelle, in cui si narra che alcune persone abbiano inghiottito, in acqua bevuta, delle piccole vipere che sono cresciute nel ventre a tal segno da mettere in pericolo la vita del paziente, mediante la rottura della pancia; e che costoro siano state liberate da certe vecchie, che fecero loro bere latte caldo.
Esiste come si è veduto una biscia color nero detta Elaphis Esculapii (Colora niedda), che si trova nelle regioni montagnose, e specialmente nella Gallura e nella Barbagia. A spiegazione di quanto ho detto sulla biscia riporto il seguente brano del Figuier, detto dal Genè. Il padre Cetti, che per il primo descrisse una storia naturale della Sardegna, dice: « Questa serpe è, non solo non temuto, ma, amato e accarezzato. Meravigliose cose di esse si raccontano nei conventicoli delle donnicciole: si racconta che esse già furono donne fatidiche. Mi giova credere (aggiunge il buon gesuita) che queste storie si raccontano dalle donnicciole per ischerzo; ma non di meno un oggetto di apprezzamento e di affezione sono le serpi nere per molte fra la gente rusticana. Se alcuna serpe nera apparisce nella capanna del pastore e nel casolare del villaggio, si piglia ciò per segno di buona fortuna, di maniera che il disturbare il colubro si terrebbe per lo stesso che il disturbare la buona fortuna, già in procinto di entrare in casa. Si pigliano, quindi, le donnicciole la cura di conservare il colubro colla maggior premura, ponendogli quotidianamente da mangiare presso la sua buca; e vi ebbe già tal femmina che per due anni continuò siffatto ministerio.
Genè, dice: « io rispetto troppo il padre Cetti, perchè debba e possa dubitare della verità di quanto egli volle consegnare in questo brano della storia naturale dei rettili sardi; ma se le cose da lui narrate sono vere ai suoi tempi, non lo sono di certo ai nostri.
Ho visitata tutta quanta quell'isola; ho interrogato sul colubro nero donnicciole da pianura e da montagna, pastori e contadini, giovani e vecchi, dotti ed indotti; e nessuno seppe darmene notizia come di animale che da loro si conoscesse o di cui avessero sentito parlare, e molto meno come di animale che da loro si amasse. Del resto è troppo profondo il disprezzo ed esagerato l'orrore nei sardi per i serpenti ed i rettili tutti, siccome altra volta ho detto, perchè sia lecito supporre che possano fare una si grande eccezione in favore della varietà nera del colubro uccellatore. Del resto io provai come si abbia questa credenza in alcuni paesi della Sardegna. Continua sempre, Genè, dice: « A questa specie si devono riferire le storie che si narrano a casa nelle campagne, dei serpenti succhiavacche e dei serpenti che si introducono nella bocca di coloro che dormono. Noi cominciamo dal negare che i serpenti amino ed appetiscano il latte, a ciò indotti dal risultamento di molte prove fatte da noi con ogni possibile diligenza e perseveranza; negliamo che quindi vadano a succhiarlo dalle vacche.
Può darsi, benchè da noi non si creda, che, come fu le cento volte narrato, siasi qualche serpente attaccato nei pascoli e nelle stalle ai capezzoli delle vacche; ma se il fatto è vero, noi lo reputiamo male interpretato riguardo all'intelligenza. I serpenti siccome animali che traspirano pochissimo, sentono rarissimamente e debolmente la sete; e quindi impossibile che spingansi a quell'atto per dissetarsi. Se invece lo fanno per soddisfare la fame, avranno piuttosto il capezzolo di mira che non il latte che vi si contiene; giacchè il loro alimento consiste unicamente e senza eccezione di sorta alcuna nelle carni di animali vivi che essi addentano per una delle estremità, e che inghiottono intieri, come e più volte abbiamo detto nel corso di queste lezioni. Del resto, che l'azione del poppare sia fisicamente impossibile ai serpenti, lo dimostrano la struttura generale delle parti della bocca ed il modo e le vie della loro respirazione. Il vuoto non può farsi nella cavità della bocca di questi animali per la mancanza di labbra carnose, per la soverchia brevità del tragitto delle nari, per il difetto d'un velo al palato e per quella d'una epiglottide sull'ingresso della trachea. I denti, poi, essendo curvati, a punta acutissima e rivolti all'indietro fanno bensì, e molto utilmente, l'ufficio di uncini per rattenere la preda vivente, ma nell'azione del poppare aderirebbero sì fortemente al capezzolo della vacca, o tanto vi penetrerebbero, da non esser più in balia del serpente medesimo il distaccarsene. Sia dunque con buona pace dei mandriani; noi non sappiamo prestar fede a una diceria, la quale, benchè sia ripetuta da più secoli, non potè mai ottenere come cosa avverata e neppure come cosa possibile un posto nella scienza degli animali.
Quanto all'altra credenza popolare, che i serpenti si introducano talvolta per la bocca nello stomaco di coloro che dormono, il fatto potrebbe essere ammissibile, se il sonno fosse sinonimo, come soltanto è immagine, della morte. Ma nel corpo che dorme vi è una sentinella, la quale nel generale assopimento dei sensi e delle facoltà dell'anima, veglia alla sua custodia, e codesta sentinella è l'irritabilità dei tessuti. Ognun sa come le mosche col loro passaggiare sul volto bastino, sebbene tanto piccole e leggiere, per isvegliare gli addormentati, od almeno obbligarli a macchinali corrugamenti e contorsioni del viso. Ora che è mai l'irritazione della pelle in paragone di quella delle labbra, della lingua, del palato, e specialmente delle fauci?
E come potrà mai credersi che lo insinuarsi e lo strisciar di un serpente, possa riuscire insensibile a parti tanto delicate e solleticabili, e non rompere nella testa di un uomo il più alto sonno di cui sia capace? E poi credesi che l'esofago stia là in fondo alla bocca aperto come un tubo di latta, entro il quale senza alcuna difficoltà possa il serpente sdrucciolare e sprofondarsi? Provi chi ne ha bisogno a cacciare un dito nella gola, e sentirà se quello sia un passaggio mal custodito dalla natura.
Ma, dirà qualcuno, codesto fatto non è soltanto narrato e asserito dagli uomini delle campagne; sonovi storie belle stampate, che lo danno avvenuto le più e più volte.
È vero, e sarebbe sciocchezza il negarlo: in parecchie opere si tratta di serpenti che diconsi entrati in corpo di mietitori e di lavoratori addormentati nei campi; ma le opere si risentono dei tempi nei quali furono scritte, e delle persone che le dettarono. Quando la medicina stava nelle mani degli empirici, degli ignoranti, quando la storia naturale non era che un viluppo di favole e di assurdità simili a quelle che ora stiamo confutando, ogni concrezione mucosa era un verme, una rana, una lucertola, una biscia, e trovata nello stomaco e negli intestini, ed evacuata, era tosto creduta o nata colà per generazione spontanea o penetratovi dal di fuori per la via dell'esofago. Ma la medicina e la storia naturale, uscite da quelle tenebre e da quelle mani, ridono oggi di codesti svarioni, e non ammettono per credibili se non le cose possibili, le quali sono già abbastanza, ed anche troppo numerose, perchè l'umano intelletto abbia a tenersi obbligato di accrescerle colle sue fantastiche concezioni".





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Glypto
Utente V.I.P.

Città: Fossano
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Flora e Fauna

Inserito il - 13 luglio 2009 : 09:57:57 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Se vi interessa, posso postare le leggende e i miti popoloari sui rettili che ho trovato su un mio libro.
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ospitone
Utente Senior

Città: Cagliari
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1518 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 13 luglio 2009 : 16:35:15 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Certo, a me interessa molto!


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Glypto
Utente V.I.P.

Città: Fossano
Prov.: Cuneo

Regione: Piemonte


443 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 13 luglio 2009 : 17:11:33 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Riguardo alle chiacchere e ai luoghi comuni sui rettili riporto quanto scritto a pag. 164-165 del libro del "medico" inglese De Lacy Evans, "Come prolungare la vita" (Fratelli Bocca editori, 1906).In questo capitolo ("Esempi di longevità nell' uomo e nel regno animale e vegetale"), l'autore cita casi di persone, piante ed animali che sono vissute a lungo (ovviamente del tutto privi di fondamento).
Ecco cosa dice riguardo ai rettili:

"La testuggine è di vita così lunga che in Inghilterra se ne ricordano due che vissero una 120 ed un altra 200 anni. Nella biblioteca di Lambeth Palace vi è il guscio di una testuggine portatavi nel 1623;essa vi visse sino al 1730, e vi fu uccisa per caso. Un altra al palazzo vescovile a Fulham vi fu portata nel 1628 e morì nel 1753. Una a Pietroburgo visse 220 anni-Sir R. Phillips [mia nota: come potete (e potrete) vedere, Evans si rifà ad altri autori, come questo Phillipis].
Il coccodrillo e l'alligatore che, secondo l'asserizione di molti viaggiatori, aumentano in lunghezza per tutto il tempo che vivono, pare, da quanto si sa sinora, che vivano moltissimo-I serpenti vivono fino ad un età quasi incredibile, e molti credono che essi non muoiano mai per causa naturale.
Qundo il serpente è vecchio, premendosi tra due roccie, si spoglia della pelle vecchia è così ritorna giovane-Dizionario di Calmet.
Le serpi, le rane, le lucertole ecc., gettano via la pelle ogni anno, e pare che questo modo di ringiovanirsi contribuisca molto asostenere la durata della loro vita-Huffeland.
Molti rettili perdono la loro pelle, specialmente i serpenti. Nel cambiare la pelle una gran quantità di materia glutinosa e terrosa, che coll' accumularsi ha fatto sorgere le note caratteristiche della vecchiaia, è buttata via; l'animale se ne libera e diventa nuovamente giovane, in tutta l'espressione della parola. Vi può essere quindi un profondo insegnamento filosofico nel comando biblico: Siate qundi savii come i serpenti, ed innocenti come le colombe".

Continua...

Modificato da - Glypto in data 13 luglio 2009 17:21:12
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Glypto
Utente V.I.P.

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Flora e Fauna

Inserito il - 13 luglio 2009 : 19:12:16 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Riguardo alle voci popolari sui rettili realmente esistenti:

lucertola
-la protrettrice della lucertola è la Madonna;
-nei bestiari veniva spesso confusa con il ramarro;
-si dice che abbia le chiavi del paradiso sulla lingua;
-Quando una vecchia lucertola diventa cieca, può riacquistare la vista assistendo al sorgere del sole (antica credenza che si trova anche nel Fisiologo);
-chi vede un lucertola con due code sarà fortunato;
-ucciderne una porta disgrazia;
-se una lucertola entra in casa è segno di fortuna.

Ramarro
-la protrettrice del ramarro è la Madonna;
-i bestiari ne danno un immagine serpentiforme, ed è quindi scambiato spesso per il basilisco;
-come per la lucertola, se entra in casa porta fortuna, ma se è ucciso porta disgrazia;
-dove ci sono i ramarri ci sono anche i serpenti: il rettile cerca di avvertire l'uomo del pericolo guardandolo fisso e girando la testa dove c'è il serpente.esso ingaggia con gli ofidi lotte furibonde, ma riesce a salvarsi mangiando un erba magica.
-il canto del ramarro annuncia la pioggia.

serpente
-il suo protettore è San Paolo o San Domenico di Cucullo;
-quando va a bere, per non avvelenarsi, il serpente "depone" il suo veleno su di una pietra e, dopo essersi dissetato, lo riprende;
-il serpente ha paura dell'uomo nudo,
-esso non entra nelle vigne quando le viti hanno i fiori.
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ospitone
Utente Senior

Città: Cagliari
Prov.: Cagliari

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Flora e Fauna

Inserito il - 14 luglio 2009 : 16:13:36 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Messaggio originario di Glypto:

Riguardo alle voci popolari sui rettili realmente esistenti:


serpente
-quando va a bere, per non avvelenarsi, il serpente "depone" il suo veleno su di una pietra e, dopo essersi dissetato, lo riprende;



Ciao Glypto, dove hai reperito questo interessantissimo dato?


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aspisatra
Moderatore


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Regione: Switzerland


2170 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 14 luglio 2009 : 16:45:26 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Tutto molto interessante!

Quella del serpente che depone il veleno su di una pietra mentre si disseta l'ho già sentita pure io.

Un'altra versione dice di non bere a valle (o di non bere nella medesima pozza) di dove beve un serpente, per non rischiare l'avvelenamento.

Greg Meier

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ospitone
Utente Senior

Città: Cagliari
Prov.: Cagliari

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1518 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 14 luglio 2009 : 17:00:10 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Messaggio originario di aspisatra:

Tutto molto interessante!

Quella del serpente che depone il veleno su di una pietra mentre si disseta l'ho già sentita pure io.

Un'altra versione dice di non bere a valle (o di non bere nella medesima pozza) di dove beve un serpente, per non rischiare l'avvelenamento.

Greg Meier

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L'hai sentita in Svizzera? Dalle mie parti si dice che il serpente deponga il veleno prima di bere e le presunte ghiandole velenifere si presentano come delle piccole sferette spesso rinvenibili al suolo! Poi - dopo essersi dissetato - tornerebbe a riprendersele!


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aspisatra
Moderatore


Città: Svizzera

Regione: Switzerland


2170 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 14 luglio 2009 : 17:43:44 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
SÌ, ho sentito le due versioni in Svizzera.

Greg Meier

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ospitone
Utente Senior

Città: Cagliari
Prov.: Cagliari

Regione: Sardegna


1518 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 14 luglio 2009 : 17:50:04 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Davvero interessante! A questo punto chiedo ai moderatori: che ne dite di perfezionare il titolo del post con 'Rettili immaginari e credenze' o qualcosa di simile?


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Glypto
Utente V.I.P.

Città: Fossano
Prov.: Cuneo

Regione: Piemonte


443 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 14 luglio 2009 : 21:00:47 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Le credenze che ho riportato le ho rielaborate dal libro "L'arca di Noè-bestiario popolare" di Carlo Lapucci (Avallardi, 1995), e se interessa posto anche sul coccodrillo e sulla tartaruga e su altri argomenti "fantaerpentologici".
Comunque che ne pensate dell'estratto del libro di Evans?
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ospitone
Utente Senior

Città: Cagliari
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1518 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 15 luglio 2009 : 19:30:04 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Grazie Glypto per la segnalazione bibliografica!! I dati di Evans sono veramente 'strani', specialmente in serpente che ringiovanisce! per la tartaruga potrebbero avere un minimo di fondamento?


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steve93
Utente Senior


Città: catania
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1353 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 15 luglio 2009 : 19:43:41 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Messaggio originario di aspisatra:

Serpenti e latte.....

come già detto da Gomphus, una spiegazione è quella di animali uccisi in stalle (dove andavano a deporre le uova nei fienili e letamai) pieni di uova che col rompersi lasciano fuoriuscire un liquido dal serpente.
Alcuni studi hanno dimostrato che la temperatura della mammella di ovini, ma soprattutto di bovini sdraiati nei pascoli attira i serpenti. Questa cosa specialmente al mattino, quando il serpente è alla ricerca di calore umido.
Chiaro che una mucca che si alza spaventa il serpente che si è appisolato e che può reagire mordendo un capezzolo rimanendovi "impigliato".

L'assurdo delle dicerie è che da qualche osservazione "inspiegabile" ma razionale, siamo arrivati a credere che i serpenti si infilino nella gola dei neonati per bervi il latte appena succhiato!

Ricordo solo che la mandibola, ma ancora di più la struttura della lingua dei serpenti impedisce loro di succhiare.

Prendete un biacco (anche piccolo) e fatevi morsicare una zona un po' sensibile (non per forza il capezzolo)... lo stesso dolore sarebbe quello percepito da una mucca o da una capra che si fa "mungere" da un serpente.

Greg Meier

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Be storie di serpenti che bevono e amano il latte ne ho sentite poche...qui in sicilia il Gongilo è il rettile che ama il latte e che si infila nella gola dei bambini per bere il latte...infatti viene chiamato comunemente "Tirasciatu"
Che significa letteralmente (tira fiato) perchè infilandosi nelle gole edi neonati per il latte li soffocava.

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steve93
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Flora e Fauna

Inserito il - 15 luglio 2009 : 19:58:19 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Glypto mi piacciono molto le leggende sulle lucertole...se si fanno leggere a delle persone superstiziose magari ne ucciderebbero molte meno.

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spielhahn
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Flora e Fauna

Inserito il - 17 luglio 2009 : 11:13:04 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
gente, ieri ne ho sentita una nuova sul Biacco
stavo spiegando a dei miei amici che gli incantatori di serpenti non li ipnotizzano con la musica, ma li 'incantano', per così dire, con il movimento ondulatorio del flauto; e un mio amico mi fa: "è vero! quando si incontra il milò [il biacco] dicono di spostarsi davanti a lui a zig-zag, che per seguire il movimento si spezza la spina dorsale!"
. . .

Gabri
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ospitone
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Flora e Fauna

Inserito il - 28 luglio 2009 : 20:37:38 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Non poteva mancare un accenno alle superstizioni che colpiscono il geco: anche questo tratto da 'Pregiudizi sugli animali della Sardegna', scritto da Efisio Marcialis a fine '800:

"Ecco il Geco, l'Ascalabote, all'apparire del quale tutti fuggono con ribrezzo. In Sardegna se ne hanno parecchie: vi ha il Platydactilus mauritanicus, l'Hemydactilus verruculatus, il Phyllodactilus europaeus: i quali tutti sono denominati a Cagliari col nome di Pistilloni, nel logudorese col nome di Tarantula, e nel settentrione dell'isola col nome di Ascurpì.
A Cuglieri corre la credenza che, se il geco passa sopra il corpo umano, produca vescichette, le quali vengono guarite o col dito che ha toccato il geco o col corno di mufflone, di daino.
A Bosa si crede che se uno ha ammazzato col dito un geco, specialmente in chiesa, può far guarire chi ha pustole provenienti dal passaggio di geco, con lo stesso dito, che è infetto dalle pustole del geco. A Cagliari che sia velenoso, e che faccia gelare il corpo umano, se passa nella carne nuda. Aristotele nella sua Istoria asserisce che lo Stellione detto in Italia, ed in Grecia Ascalabote, Geco, sia letale in alcuni luoghi d'Italia.
Cuvier, però, alle note della Storia naturale di Plinio dice: ...certe, si hominis cutem pererraverit, ampullas gignit, sed hoc ut reor de causa ungulis tenuissimis pupugerit.
E stato finalmente dimostrato dal naturalista Genè, nel suo libro su i Pregiudizi popolari intorno agli animali ed insetti nocivi dell'Italia, che egli, durante le escursioni che fece in Sardegna, se ne trovò spesso sopra la carne, e non ebbe mai a soffrire menomamente".
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steve93
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Regione: Sicilia


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Flora e Fauna

Inserito il - 28 luglio 2009 : 22:01:43 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Mentre in sicilia si dice che se un geco ti cammina a carne nuda quella parte cade o va in cancrena.
Inoltre è capace di spruzzare veleno dai tubercoli della pelle.

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