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 Le pinete di Ravenna
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falce
Utente V.I.P.


Città: Colle di Val d'Elsa
Prov.: Siena

Regione: Toscana


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Micologia

Inserito il - 13 aprile 2006 : 07:59:24 Mostra Profilo  Apri la Finestra di Tassonomia

Un posto meraviglioso, l'esempio di come l'interazione fra uomo e natura possa dare anche ottimi risultati


Immagine:
Le pinete di Ravenna
226,05 KB


Immagine:
Le pinete di Ravenna
167,42 KB

Mauro

There is often a much simpler way of doing things - if you make the effort to look for it. Simplicity does not just happen. (E. De Bono)

lynkos
Con altri occhi


Città: Sant'Eufemia a Maiella
Prov.: Pescara

Regione: Abruzzo


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Inserito il - 13 aprile 2006 : 09:47:30 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Tanti anni fa, mi sono trovata per caso in quella zona, ma purtroppo senza il tempo per seguire l'odore dei pini per scoprire l'anima del luogo. Grazie per questo assaggio. Spero che la costa soffre un po' meno del litorale intorno a Roma dove purtroppo l'interazione non è stata così dolce e positiva.

Sarah


Le pinete di Ravenna Lynkos - attraverso altri occhi
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falce
Utente V.I.P.


Città: Colle di Val d'Elsa
Prov.: Siena

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361 Messaggi
Micologia

Inserito il - 13 aprile 2006 : 21:03:36 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Messaggio originario di lynkos:

Tanti anni fa, mi sono trovata per caso in quella zona, ma purtroppo senza il tempo per seguire l'odore dei pini per scoprire l'anima del luogo. Grazie per questo assaggio. Spero che la costa soffre un po' meno del litorale intorno a Roma dove purtroppo l'interazione non è stata così dolce e positiva.

Sarah


Le pinete di Ravenna Lynkos - attraverso altri occhi



Da quello che so io, il problema delle pinete di Ravenna è, per assurdo, la scarsa presenza dell'uomo.
Gli incendi (spesso non naturali) e le mutate condizioni climatiche non intaccano più di tanto l'aspetto e l'equilibrio generale delle pinete. La verità è che l'uomo le ha abbandonate a se stesse. Niente più raccolta di legno, niente raccolta di frutti del sottobosco... addirittura la caccia alla piccola selvaggina è assente.
Tutti questi interventi dell'uomo permettevano la crescita prosperosa di alberi ad alto fusto che ora, soffocati da una vegetazione del sottobosco che ha perso il suo equilibrio, non è più possibile.

A volte si pensa che l'uomo dovrebbe estraniarsi dalla natura per permetterle di prosperare. Spesso invece la consapevolezza di esserne parte, il mantenere antichi equilibri, il conservare l'antico legame della gente con la propria terra sono molto più importanti.

Mauro

There is often a much simpler way of doing things - if you make the effort to look for it. Simplicity does not just happen. (E. De Bono)
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theco
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Inserito il - 14 aprile 2006 : 13:54:02 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Caro falce, condivido fino in fondo la meraviglia che dimostri per le 'mie' pinete, per me sono state (e sono tuttora) il principale luogo di osservazione.

Tuttavia non sono del tutto in accordo con il tuo punto di vista:
- la pressione venatoria è purtroppo presente e pesante, nonostante le pinete facciano parte delle aree di preparco del Delta del Po. La densità di cacciatori per mq non ha eguali in tutto il territorio regionale e le conseguenze nefaste purtroppo sono evidenti, sia nella povertà dell'avifauna, sia nella debolezza della flora arborea verso gli attacchi parassitari;
- per fortuna non si verificano incendi significativi da diversi decenni, il peggiore nemico del Pinus pinea è anocora il gelo invernale.

Il Pino non è spontaneo qui, ma coltivato dall'uomo, con testimonianze documentali che datano al 5° sec. d.c. Il motivo della coltivazione (affidata per quasi 2 millenni a comunità monastiche benedettine) è sempre stata l'industria dei pinoli e del legname.
Una volta che le pinete hanno perso la loro vocazione economica il bosco autoctono ha riconquistato spazi, e qui vegeta il querceto misto (quercetalia pubescenti-petreae), con tutto il suo splendido corteggio di specie arbustive ed erbacee.

Tu stesso, a giudicare dalle tue immagini, sei rimasto più impressionato dal bosco igrofilo autoctono piuttosto che dal monotono colonnato rappresentato dal pino.

In conclusione penso che l'interazione storica tra il bosco e la comunità sia stata la principale causa che ha permesso di salvare questo bosco planiziale, ma penso anche che oggi sarebbe più opportuno avviare lo sviluppo del bosco verso dinamiche più naturali, anzichè ostinarsi a piantare pini.

Allego alcune altre immagini:

l'aspetto del bosco igrofilo, uno dei pochi relitti presenti nel nord Italia
Immagine:
Le pinete di Ravenna
258,88 KB

l'aspetto del querceto naturale
Immagine:
Le pinete di Ravenna
246,75 KB

canneto...
Immagine:
Le pinete di Ravenna
193,59 KB

aree umide frammiste ai pini
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Le pinete di Ravenna
177,37 KB

Ciao, Andrea
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falce
Utente V.I.P.


Città: Colle di Val d'Elsa
Prov.: Siena

Regione: Toscana


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Micologia

Inserito il - 14 aprile 2006 : 19:14:25 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia

Ciao Andrea

le mie considerazioni erano dovuto a delle discussioni avute sul posto con A. Zuccherelli e a delle considerazioni mie personali di carattere più generale. Naturalmente tu ne sai molto più di me riguardo ai problemi della zona visto che io ci sono stato solo una settimana, ma credo che certe problematiche siano simili anche nei castagneti e nelle pinete Valtellinesi. Boschi completamente abbandonati, dove ormai diventa molto difficile anche solo poter entrare.

Non intendevo dire che lo sfruttamento delle pinete renda possibile il loro mantenimento, ma che una giusta interazione tra uomo e ambiente naturale sia la soluzione migliore (a lungo termine) per il mantenimento di luoghi così affascinanti.



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theco
Utente Super




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Inserito il - 14 aprile 2006 : 19:49:22 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Sono d'accordo con te Mauro, che un piccolo ambiente inserito in una realtà completamente antropizzata necessita dell'intervento umano per conservarsi. E solo se riesce a raggiungere una qualche forma di equilibrio con il territorio circostante può sopravvivere.

A volte succede però che gli interventi umani non siano dei migliori: rinunciano a priori ad indirizzare un ecosistema verso un modello di sviluppo naturale, ma portano invece a privilegiare soluzioni che richiederanno nel tempo interventi umani via via più intensivi e incisivi, per colmare situazioni di disequilibrio crescente.

Ma per ora è ancora un gran bel bosco...
Ciao
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lynkos
Con altri occhi


Città: Sant'Eufemia a Maiella
Prov.: Pescara

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Inserito il - 17 aprile 2006 : 12:54:10 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Un dibattito affacinante e non semplice.
Vedo una situazione simile ogni giorno qui nella Pineta di Castelfusano sul litorale romano, uno degli ambienti più antropizzati d'Italia. E' una pineta che non dovrebbe esserla e sicuramente la presenza alloctona e molto recente (i primi pini erano introdotti nel '700 in zone limitate, seguito poi con coltivazione intensiva nella prima metà del '900) dei pini è estremamente dannosa per l'equilibrio fragile delle dune relitte, macchia mediterranea e lecceto indigeni.
Un rogo quattro anni fa ha distrutto centinai di ettari. Una tragedia, ma anche un'opportunità di "alleggerire" gli effetti degli interventi antropici. La macchia mediterranea ricresce in fretta, i pini no.
Che succede? Buona domanda.
Una lotta su tutti livelli fra qui vorrebbe vedere il trionfo della natura rigogliosa che si guarisce a vista d'occhio dai feriti e chi vorrebbe ripiantare i pini per rinchiudere la foresta di nuovo dentro la gabbia di una definizione umana... pineta.
Non c'è bisogna di aggiungere, credo, che il trionfo della natura non fa arricchire gli uomini, l'affare dei pini da crescere, piantare e mantenere, sì.
Insomma, torno alla frase di Mauro che mi ha colpito molto...
Boschi completamente abbandonati, dove ormai diventa molto difficile anche solo poter entrare.

Una riflessione... Forse non possiamo entrare perché lì non è il nostro posto. Perché lì non dovremmo entrare affatto.
In una riserva o parco naturale, che cosa vogliamo... la natura al servizio dell'uomo, o l'uomo al servizio della natura? A voi la risposta.

Sarah


Le pinete di Ravenna Lynkos - attraverso altri occhi

Modificato da - lynkos in data 17 aprile 2006 13:10:11
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Fabribor
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Città: Savarna
Prov.: Ravenna

Regione: Emilia Romagna


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Inserito il - 17 aprile 2006 : 22:51:39 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Sono di Ravenna. Questa discussione mi tocca da vicino, come ha toccato Andrea, le cui osservazioni mi trovano completamente d'accordo. L'impressione di Mauro è tanto comprensibile, quanto però inesatta. Il rapporto fra zone naturali e uomo è quanto mai difficile e controverso. Sulla pressione venatoria ha già detto Andrea, enorme, spietata, e quel che è peggio, condizionante di ogni scelta di gestione delle aree protette e non protette. La Pineta stessa, che seppur non di origine naturale, rappresenta un buon corridoio ecologico e in alcuni punti anche di discreta qualità, è un decimo in dimensioni di come era all'inizio del secolo scorso.
L'istituzione del Parco del Delta del Po ha migliorato molti aspetti. Ma molto c'è da fare: si può esercitare la caccia sull'80% del territorio del parco. Un controsenso tutto Italiano. La caccia prevalente è agli Anatidi, che anno dopo anno calano di numero. Alcune specie più delle altre, come Moriglione e Canapiglia senza una programmazione o un'azione di controllo degna di questo nome. La sensibilità e la cultura ecologica aumentano, ma spesso queste qualità non risiedono negli amministratori. Ravenna e il Parco hanno delle situazioni fantastiche dal punto di vista paesaggistico e naturalistico, ma rispetto alle osservazioni ottimistiche di Mauro, c'è ancora parecchio da fare...
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Istrice
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Inserito il - 17 aprile 2006 : 23:16:36 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
questo discorso tocca molto anche me!!!!

ho perso il lavoro per un motivo del genere.....

il contrasto tra realtà e fantasia!!!!

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Fabribor
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Città: Savarna
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Inserito il - 18 aprile 2006 : 13:21:45 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Aggiungo poi una noterella ecologica.
Mauro parla di piante ad alto fusto soffocate dal sottobosco. In verità accade piuttosto il contrario.
L'equilibrio che consente il trionfo della biodiversità è dato proprio dalla presenza di radure nel bosco che consentano lo sviluppo di sottobosco il quale fornisce riparo e cibo per insetti, uccelli, micromammiferi, anfibi, eccetera.
Gli squilibri più gravi nelle pinete di Ravenna sono dati dai rimboschimenti anni 50 con Pino nero.
1) Non c'è altro, non un arbusto o un filo d'erba, le chiome ombreggiano eccessivamente
2) Non c'è ricambio, il Pino nero non si riproduce in questo habitat
3) Hanno tutti la stessa età, quando moriranno, moriranno tutti insieme.
Fortunatamente la Forestale si sta accingendo a porre rimedio con interventi oculati e progressivi (spero).
Ma questo è un esempio di come la mano dell'uomo è spesso approssimativa e non competente e molto più maldestra della mano della Natura.
Il sottobosco laddove è riuscito a svilupparsi perché la pineta ha sofferto per il gelo e la salsedine, ha abbellito notevolmente (per alcuni è "disordine", evviva i disordinati) alcuni tratti prima sterili dal punto di vista della biodiversità.
Guarda caso, dove l'evoluzione della pineta segue un corso naturale, gli alberi che vengono su sono querce e lecci e gli arbusti sono fillirea, ginepro, prugnolo, biancospino, viburno, ligustro. Cioè macchia mediterranea.
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theco
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Inserito il - 19 aprile 2006 : 08:39:35 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Sull'Adriatico il limite settentrionale della vegetazione mediterranea è convenzionalmente posto all'altezza di Rimini, in effetti le pinete ravennati (poste da 40 a 60 km più a nord) non rientrano in questo tipo di vegetazione, anche se è necessario fare delle distinzioni:
- la pineta di Cervia era in passato sicuramente un bosco termofilo, ma oggi è praticamente scomparsa;
- nelle due pinete sopravvissute (Classe a San Vitale) il leccio si propaga naturalmente nella pineta di Classe (più meridionale), mentre manca quasi completamente nella Pineta San Vitale, per poi ricomparire più a nord, nel boscone della Mesola;
- in queste pinete la quercia in assoluto più diffusa è la farnia, con in subordine la roverella.

Si tratta quindi di boschi mesofili, che non appartengono più alla macchia mediterranea, anche se, come ricorda Fabribor, vista la vicinanza geografica sono presenti molti arbusti appartenenti a quest'ultima vegetazione.

Il pino nero è diffuso nelle pinete statali lungomare, di impianto relativamente recente (anni '20) e la cui gestione è appunto affidata alla forestale. Nelle pinete storiche (di proprietà comunale) i pini coltivati sono il pinea e il pinaster.
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Fabribor
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Inserito il - 19 aprile 2006 : 19:10:06 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Grazie Andrea per le opportune precisazioni, in soccorso alla mia scarsa conoscenza botanica. In realtà pensando alla macchia mediterranea pensavo all'ortazzino e a come nelle zone diradate dall'incendio il paesaggio ed i profumi ricordino vagamente certe isole molto più meridionali! Tant'è che facendo recenti rilevamenti di uccelli passeriformi nelle pinete litoranee, le poche Averle contattate stavano proprio lì immediatamente a sud della foce bevano.
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theco
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Inserito il - 19 aprile 2006 : 21:33:38 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Ah Fabribor, le mie conoscenze dell'avifauna sono approssimative, ma l'area a cui ti riferisci è davvero fantastica, anche dal punto di vista botanico; tra le altre cose contiene un raro endemismo italiano, distribuito solo qui e nel litorale veneto: Salicornia veneta.

In queste settimane sono in corso i lavori di ripristino della foce Bevano, speriamo bene...
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