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Galleria Tassonomica di
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marcopic
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1853 Messaggi Flora e Fauna |
Inserito il - 29 settembre 2008 : 20:04:35
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I Turbellàri (dal latino, rimescolanti, con allusione al vortice prodotto dalle cilia di cui essi sono totalmente o parzialmente rivestiti) costituiscono una Classe della divisione dei Platelmìnti (vermi piatti), la quale comprende anche Cestòdi e Trematòdi, che, però, non interessano noi, ma medici e veterinari, perché sono tutti parassìti.
I Turbellàri, invece, vivono quasi esclusivamente nell’acqua, sotto i sassi del fondo, nel fango o sulle piante acquatiche. Essi, in genere, non superano qualche millimetro di lunghezza: poiché sono rivestiti da un’epidermide di cellule ciliate, le loro specie più piccole, capaci di nuotare, possono addirittura essere facilmente confuse con Ciliàti. Non mancano, tuttavia, le eccezioni sia all’una che all’altra circostanza: il Placocephalus, per esempio, è un Turbellàre di terra (Planària) ed è lungo fino a 60 centimetri.
Rispetto ai Porìferi e agli Cnidàri, essi presentano già progressi evolutivi importanti: hanno maturato un livello di sviluppo articolato su di un primitivo sistema di organi (bocca e intestino senza ano, organi sessuali), una struttura centralizzata del sistema nervoso, cioè un semplice cervello (che comincia a comparire — appunto, nei Platelmìnti — intorno a 570 milioni di anni fa), un sistema escretore primordiale e numerosi organi sensoriali: così equipaggiati, essi sono i primi animali ad essersi avventurati nell’esplorazione delle terre emerse.
Il sistema circolatorio, ancora inesistente, è sostituito dall’azione dei movimenti muscolari sul liquido in cui sono immersi gli organi, equivalente, per funzione, al vostro sangue e che, inoltre, svolge il ruolo di scheletro idrostatico dell’animale.
Nello stesso liquido sono presenti anche le solite cellule staminali totipotenti (cellule formative), di struttura amebòide: nelle specie che si riproducono asessualmente per scissione trasversale (l’animale si restringe a metà e si divide in due parti), ciascun troncone deve rigenerare le parti e gli organi che, per conseguenza, gli vengono a mancare, e le cellule formative prontamente provvedono al riguardo, così come si dànno da fare per ricostruire le parti e gli organi dell’animale che dovessero danneggiarsi.
La respirazione avviene attraverso l’epidermide.
I Turbellàri, scivolando sulle cilia addominali, strisciano come lumache e, come le lumache, lasciano dietro di sé una scia di muco (prodotto da ghiandole poste alla base delle cilia stesse) che, però, è velenoso per i predatori ed è anche in grado di proteggere l’essere nel caso in cui si ferisca o sia insidiato da funghi parassìti.
Un altro loro sistema di difesa è costituito da “bastoncini gonfiabili” (rabdìti, corti, e ramnìti, più lunghi), formati da cellule dell’epidermide e da ghiandole sottocutanee, che svolgono una funzione repulsiva capace di allontanare i malintenzionati.
Non manca neppure chi (Gyratrix hermaphroditus) disponga di un vero e proprio pungiglione velenoso per difendersi o colpire le prede e che, quando non è impiegato per questi scopi, funge da organo sessuale maschile: il corteggiamento da parte di questi individui dev’essere piuttosto imbarazzante per chi ne costituisce l’oggetto!
Si vocifera, inoltre, che alcune specie di Turbellàri siano anche capaci di appropriarsi, a proprio uso e consumo, delle cnidocìsti degli Idrozòi che hanno ingerito: durante la digestione delle parti molli dell’Idrozòo, le cnidocìsti verrebbero liberate e, dall’intestino, migrerebbero nello strato superficiale dell’epidermide del Turbellàre, ove s’insedierebbero per svolgere la stessa funzione che avevano nell’Idrozòo, cioè quella di catturare le prede o di contrastare eventuali attacchi di predatori.
Me ne rammarico vieppiù, ma cotanto arsenale, vero o supposto, reale o millantato che sia, è, tuttavia, più che convincente nel dissuadermi dal verificare di persona se le cose stiano precisamente così !
Una ghiandola frontale, collocata in prossimità del ganglio cerebrale e con sbocchi dotati di numerose terminazioni nervose sensibili alle variazioni chimiche ed elettriche indotte nell’ambiente dalla presenza delle sostanze alimentari interessanti, secerne un muco vischioso per catturare le prede e con funzione protettiva, e che serve anche per incollare a sostegni fissi le uova deposte.
Variamente presenti nelle numerose specie di Turbellari, altri recettori nervosi, nella zona anteriore, si manifestano all’esterno con ciuffi di peli tattili (aurìcole) e gustativi (chemiorecettori), con sensori che avvertono la direzione della corrente (reorecettori), con fossette tappezzate alla base da cellule pigmentate fotosensibili (macchie oculari e ocèlli), cioè occhi estremamente elementari, e, all’interno, con statocisti, organelli che servono al Metazòo per rendersi conto della propria posizione nello spazio: si tratta di capsule che contengono, praticamente, dei “granelli di sabbia” (statolìti) i quali, per quanto infinitesimali, sono, comunque, soggetti alla forza di gravità, e, assestandosi a seconda dei movimenti dell’animale, vanno a stimolare apposite terminazioni nervose che tappezzano l’interno della capsula, con un meccanismo in tutto analogo a quello degli otolìti che i Vertebrati hanno collocati nell’apparato vestibolare posto nell’orecchio interno e che serve loro per tenersi in equilibrio.
Tra la cute e lo strato muscolare, alcune specie di Turbellàri ospitano in simbiòsi le solite Alghe unicellulari.
L’intestino, che origina da una bocca collocata davanti, dietro o nel mezzo (insomma, dove capita) sul lato ventrale, produce enzìmi che trasformano le particelle digeribili in sostanze che possono essere assorbite dall’epitelio intestinale e passare nel liquido interstiziale, dal quale, per pinocitòsi, tutte le cellule dell’animale attingono le sostanze nutritizie. Le particelle indigeribili, invece, vengono espulse dalla stessa bocca, mediante un’operazione di lavaggio intestinale. A proposito: questi simpatici animalucci non disdegnano di mangiarsi tra di loro.
I Turbellàri sono capaci di digiunare a lungo, riducendosi progressivamente di dimensioni perché digeriscono se stessi: cominciano dagli organi sessuali; passano, poi, ai tessuti che riempiono gli interstizi tra gli organi; quindi, degustano l’intestino e i muscoli, finché non resta che il solo sistema nervoso. Naturalmente, non appena possono tornare ad un’alimentazione adeguata, i Turbellàri rigenerano tutti gli organi, grazie all’opera delle loro cellule formative.
Gli organi escretori, cioè quelli necessari per l’eliminazione dei catabolìti e per il mantenimento dell’equilibrio osmotico (osmoregolazione) del Metazòo, sono costituiti da una rete di tubuli ramificati che collegano i vari “reparti” interni dell’animale con l’esterno attraverso pori di uscita (nefridiòpori). Cellule particolari, le cosiddette cellule a fiamma, mediante le vibrazioni delle proprie cilia, creano un risucchio che aspira i liquidi in eccesso e i catabolìti dagli spazi intercellulari e li convoglia attraverso l’”impianto”: nel complesso, si parla di protonefrìdi o apparato protonefridiale.
Alcune specie si riproducono esclusivamente per scissione trasversale (per es., varie specie di Stenostomum); altre alternano la scissione alla riproduzione sessuale (per es., Microstomum lineare); altre ancora presentano esclusivamente riproduzione sessuale (per esempio, Macrostomum rostratum). I Turbellàri sessuati sono tutti ermafrodìti: proteràndrici, che sviluppano, cioè, prima, gli organi sessuali maschili e, in un secondo momento, quelli femminili.
[Testo tratto da "Il Pianeta invisibile - I Microrganismi dello stagno raccontati da un'Ameba illuminista" di Franco Cantarano (qui nel forum noto come Volvox), per i tipi delle Edizioni ETS - Pisa - 2008, pagg. 141-144]
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Inserito il - 03 ottobre 2008 : 13:25:51
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Galleria fotografica a cura di Paolofon
Stenostomum cfr. leucops
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Plagiostomum sp.
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Plagiostomum sp. 123,76 KB
Località: Valle Re (RE) Immagine: 182,35 KB
Località: Fosso del Faieto (RE) Immagine: 244,08 KB |
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