Siamo tutti, chi più, chi meno, dei fotografi, ma ciascuno di noi ha il suo particolare modo di divertirsi.
Alcuni di noi si limitano alla morosa o ai panorami delle vacanze, altri vanno per boschi a fotografare piante ed animali, altri ancora si divertono a fotografare i più piccoli particolari degli insetti o dei fiori, ecc. ecc.
Il mio passatempo preferito è quello di cercare il metodo migliore per fotografare i soggetti più minuti e/o nelle condizioni più difficili.
Ho quindi due grossi ostacoli da superare: il primo è il fattore di ingrandimento, in quanto i miei soggetti hanno dimensioni sempre inferiori al millimetro, il secondo è la trasparenza dell’ambiente, perché solo nei casi più facili e fortunati è l’aria, molto più spesso è una sostanza cristallina o amorfa, ma comunque sempre dotata di trasparenza ridotta e, spesso, di deformazioni e riflessi che disturbano la pulizia della nostra immagine.
La prima curiosità che avrete riguarda la strumentazione che utilizzo, anche per fare subito i debiti confronti con quelle che sono le normali possibilità macro fotografiche date da una ottima slitta micrometrica con su montato il vostro soffietto ed un buon obiettivo macro.
In realtà le soluzioni ottimali variano caso per caso, per cui le vedremo volta per volta trattando i diversi soggetti ed a seconda delle diverse difficoltà da superare.
Entriamo subito in argomento con qualcosa di molto facile: i foraminiferi fossili che ciascuno di voi può trovare facendo una escursione fra i calanchi e fra le argille delle nostre colline, vedi come esempio Link
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In questa immagine vedete un gruppo di foraminiferi ripresi a basso ingrandimento, così come li vedreste utilizzando un comune stereo microscopio a 40x: non sembrano dei piccoli cristalli di Swarovski ? Nella foto potete identificare varie specie di foraminiferi, fra cui delle globigerine (in basso a sinistra), un paio di Bulimina marginata (in centro), poi alcuni aculei di ricci fossili ormai estinti da vari milioni di anni, ecc. Pur ai normali macro ingrandimenti sono già molto belli, presenti in mille varianti e molto comuni nelle nostre colline argillose, una volta fondali di mari o di laghi.
Ma se solo aumentiamo l’ingrandimento, entriamo in un nuovo mondo:
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In questo caso siamo sui 200x e, con una luce leggermente polarizzata, diventa ben visibile la delicata struttura spiralata e le centinaia di fessure da cui fuoriescono gli pseudopodi, grosse ciglia mobili che ne favoriscono lo spostamento.
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Ancora una immagine a circa 200 ingrandimenti di una spina di riccio marino fossile, con ben visibili i microscopici fori che la attraversano.
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La bellezza di un foraminifero che, ad alto ingrandimento, sembra un piatto di ceramica finemente lavorato. Forse, i nostri ceramisti di Nove o di Bassano, si sono ispirati a questi microscopici capolavori della Natura per creare le loro opere.
Per questo tipo di soggetti, pur essendo possibile utilizzare lo stereo microscopio per visualizzarli, per la fotografia è molto più indicato un normalissimo microscopio con obiettivi tra i 10x ed i 20x, anche da pochi soldi, ma con almeno la possibilità di polarizzarne la luce.
Siamo partiti da quello che normalmente è il limite massimo della macro fotografia ma, se vi interessa, vedremo in seguito e con qualche altro soggetto interessante, come regolarci al aumentare ulteriormente degli ingrandimenti necessari e delle difficoltà di ripresa.
Al di là dell'informazione tecnica preziosa, sono affascinata da queste foto che iniziano dove io, con la fotografia "normale" macro, finisco. Grazie della condivisione e spero che continui .
"Mi rendo conto anche che non possiamo vincere questa battaglia per salvare specie e ambienti senza creare un legame emozionale tra noi e la natura, poiché non lotteremo per salvare ciò che non amiamo, ma che apprezziamo solo in qualche senso astratto" (Stephen Jay Gould)
Ti ringrazio molto e, se ti è piaciuto l'argomento, vediamo di peggiorare ulteriormente le condizioni di lavoro !
Riprendiamo il nostro discorso della macro fotografia “in condizioni difficili” o per l’elevato valore dell’ingrandimento richiesto o per la scarsa trasparenza del mezzo in cui è presente il soggetto che ci interessa.
Questa volta il nostro soggetto sarà delle dimensioni di una formichina o poco più, solo che non è bello libero ed esposto al aria come tutte le formichine che si rispettino, ma da 20 milioni di anni se ne sta intrappolato dentro della resina fossile. E’ l’ambra.
Una briciola di vita imprigionata nella resina e portata fino ai giorni nostri e, se ci pensate un momento, è l’unico modo che abbiamo per vedere, “come fossero vivi”, ciò che esisteva milioni di anni fa. Quindi non l’immagine di uno scheletro, ma l’essere vivente reale, con lo stesso identico aspetto che aveva quando la resina l’ha ricoperto.
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Tenete d’occhio quel acaro indicato dalla freccia, lo rivedremo molto presto.
Ma vediamo ora a quali problemi dobbiamo trovare soluzione.
Il primo grosso problema è che la formichina, o chi per essa, non è libera, ma è inglobata in una massa che ha dimensioni discrete e noi, con il nostro obiettivo, non potremo avvicinarci più di tanto a lei, perché rischiamo di urtare contro la resina e, in ogni caso, sarà ben difficile illuminare correttamente il soggetto, specie quando dovremo operare con alti ingrandimenti per evidenziare pollini, peli vegetali e tricomi, ecc. Siamo quindi obbligati ad utilizzare obiettivi con una notevole distanza di lavoro, in modo da poter “attraversare” l’ambra e mettere a fuoco il soggetto che vi è racchiuso.
Secondo problemino: l’ambra teoricamente, ma solo teoricamente, è trasparente come il vetro, ma nella pratica è più o meno ambrata (ma và ?!?) e, a peggiorare le cose, addirittura proprio attorno al soggetto che ci interessa si forma spesso un alone più scuro, dato dalla presenza di batteri che hanno iniziato la decomposizione della sostanza organica e poi, da non dimenticare, la frequente presenza di microscopiche bolle d’aria presenti nella resina, la presenza di scalfitture, abrasioni e fratture meccaniche, ecc.. La soluzione sarà la attenta gestione della luce, con illuminazione principale dal alto, illuminazione “di schiarita” per trasparenza dal basso, talvolta si rende necessaria una illuminazione totalmente diffusa, con gabbia di luce o simili accorgimenti. Poi, per ridurre tutti i difetti meccanici che darebbero luogo a riflessi indesiderati, la soluzione migliore è la totale immersione dell’ambra in un liquido con indice di rifrazione di pari valore, nel nostro caso va bene il benzoato di benzile o, in mancanza, l’olio sintetico da immersione per microscopia. Molto comodo allo scopo è preparare delle spesse vaschette in plexiglas con il fondo chiuso da un copri oggetto, in questo modo il soggetto è perfettamente visibile sia dal alto, sia dal basso.
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Vediamo ora il nostro soggetto che ci farà da esempio: è il nostro piccolo acaro che da 24 milioni di anni se ne sta buono buono dentro il suo pezzetto di ambra, in attesa di essere riportato alla luce. Lo scopo è di fotografarlo per una possibile identificazione, faremo del nostro meglio.
A questo punto l’utilizzo di obiettivi a lunga distanza di lavoro è indispensabile per poterlo fotografare sia dorsalmente (facile, è vicino alla superficie dell’ambra), sia ventralmente (hai, hai, devo attraversare da sotto tutta l’ambra, dello spessore di diversi millimetri).
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Notate anche come il fondo delle due foto sia di colore diverso a causa del diverso spessore di ambra che la luce ha dovuto attraversare nei due casi.
Tutto sommato l’immagine è abbastanza buona, per cui possiamo anche tentare di farne una elaborazione tridimensionale:
p.s.: se il link diretto non dovesse funzionare vai su Link
Il risultato di tutto questo è che il nostro acaro non è più sconosciuto, ha avuto il suo bravo nome di Neoliodes dominicus ed ora è tutto contento !
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Come tecnica generica di ripresa, confermo quindi l’utilizzo di vasche per immersione, illuminazione diffusa ma radente per minimizzare i riflessi, microscopio invertito ed obiettivi a lunga distanza di lavoro.
Senza parole ! Affascinante non solo per gli aspetti tecnici ma anche per il senso di "vertigine temporale" che mi viene pensando all'abisso di tempo che separa il periodo di quella piccola creatura dal nostro. Quanto è breve la nostra cortissima storia su questa terra!
"Mi rendo conto anche che non possiamo vincere questa battaglia per salvare specie e ambienti senza creare un legame emozionale tra noi e la natura, poiché non lotteremo per salvare ciò che non amiamo, ma che apprezziamo solo in qualche senso astratto" (Stephen Jay Gould)
Sempre restando nel campo delle inclusioni in ambra, molto comuni sono anche i residui vegetali che, portati dal vento, sono stati trasportati fino ad incontrare la resina ancora fresca che li ha inglobati, per la gioia dei botanici di oggi che possono studiare la vegetazione ed il clima di tanti anni fa.
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Stesse opportunità anche per gli entomologi, con grande abbondanza di ditteri, di zanzare (ricordate la trama del film Jurassic Park ?), formiche ecc. ecc.
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Infine, chiudiamo il discorso fotografia delle inclusioni in ambra mostrando il microscopio che uso più spesso in questi casi, uno Zeiss invertito con illuminazione radente e vetrino a piscina in plexiglas.
Meno male che vi piace, avevo paura che l'argomento fosse troppo fuori dai soliti schemi e quindi non avesse interesse.
Meglio così, sto preparando le immagini per la terza parte della "Fotografia ad alto ingrandimento", questa volta tratterò di un argomento molto caro alle nostre gentili signore.
Per rendere il gioco più interessante, prendiamo ora in esame dei soggetti che non solo sono ben poco trasparenti ma, anzi, sono anche intensamente colorati.
E’ ora la volta di fotografare in condizioni limite delle pietre preziose come rubini, smeraldi, zaffiri, ecc. ecc.
Ma non preoccupatevi troppo del costo dei soggetti, in fin dei conti quelle che cerchiamo sono proprio le pietre non perfette, con macchie, inclusioni, velature, carboni, schifezze varie, ecc. Più c’è n’è, meglio è.
Dato che lo scopo della fotografia e la sua difficoltà consiste proprio nel evidenziare le impurità contenute, una pietra perfetta e senza difetti non avrebbe alcun interesse per me.
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Cominciamo con un soggetto abbastanza facile da fotografare, un bel rubino che passiamo a guardare a 160 ingrandimenti: stiamo vedendo uno spigolo del taglio, bello, pulito, un vero gioiello, ma un momento, cosa sono quelle ondulazioni che si vedono ?
Ma porca miseria ! Abbiamo proprio iniziato bene ! Con tante pietre vere, ne abbiamo subito beccata una tarocca !
Non è un rubino naturale, ma sintetico, costruito in laboratorio con il metodo Verneuil, ma talmente bene che, come potete vedere, occorre un vero microscopio per scoprire le linee di accrescimento che non sono rettilinee come nelle pietre naturali, ma curve: ciascuna è l’impronta di ogni singola goccia che cadendo ha costruito la pietra sintetica, così come se fosse una stalagmite che, goccia dopo goccia, si accresce fino a raggiungere le giuste dimensioni per essere tagliata e venduta allo sprovveduto di turno.
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Guardiamo invece un rubino naturale: le linee di accrescimento, indicate con 2, sono rettilinee e regolari, tipiche della regolare cristallizzazione della intera pietra, al contrario del rubino sintetico, dove l'accrescimento avveniva goccia dopo goccia, per depositi successivi.
Però, però . . . . anche qui c’è qualche magagna, guardate quelle bolle indicate con 1: quando quel rubino è stato scavato, certamente aveva un colorito rosa pallido, troppo insulso per ben figurare al dito di una signora e, di conseguenza, di scarso valore economico. Il commerciante, perla di onestà, ha allora attuato un vecchio imbroglio, mettendo in forno il rubino e portando la temperatura al limite della fusione. Il risultato è che con questo trattamento termico il colore del rubino si rafforza, fino ad arrivare al massimo della bellezza, il famoso colore “sangue di piccione”. Ma questo procedimento non è indenne, il riscaldamento arriva a temperature talmente elevate che alcuni punti del rubino colano, lasciando come traccia del trattamento quelle bolle di fusione che, ad alto ingrandimento, denunciano la frode.
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Un frammento di calcite dalle dimensioni di pochi micron visto a 320 ingrandimenti, un sassolino finito dentro ad un rubino !
Ma, non sarà assurdo un vecchio di 70 anni che si interessa di più al microscopico sassolino, piuttosto che al rubino che lo contiene ?
Ma passiamo ad esaminare le “nuvole”, inclusioni presenti un po’ in tutte le pietre preziose, ma in particolare molto belle negli zaffiri, quelle che i francesi chiamano “nuages” e che fa molto più chic.
Alle volte, durante la formazione della pietra, mentre avviene il lento raffreddamento e la conseguente cristallizzazione, del vapore penetra in una frattura e li vi rimane imprigionato per sempre. Le microscopiche goccioline di vapore condensano, formando una vera e propria nuvola congelata nel tempo, dalle forme e dimensioni più varie: velatura, ala di farfalla, ala di mosca, aeroplano, . . . . . Aeroplano ? Ma va ! E’ mai possibile ?
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Voglio proprio vedere se questa nuvola non sembra anche a Voi un jet mentre vola, e guardate come sono evidenti le singole goccioline di vapore se esaminiamo la stessa nuvola ad un ingrandimento più elevato.
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Una ultima immagine la riserviamo agli smeraldi, tanto apprezzati per la loro apparente bellezza, ma veri e propri ricettacoli di ogni tipo di porcheria, non per nulla vengono chiamati “gli spazzini della Natura”. Al interno vi si può trovare veramente di tutto, per fortuna che le gemme vengono valutate solo con la classica lente da 10x, altrimenti sarebbe una strage fra gli smeraldi, non se ne salverebbe uno !
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In questa immagine, un piccolo campionario di quello che possiamo trovare: velature, nuvole, corpi estranei, scaglie di mica variamente colorata sotto la luce polarizzata, bolle di inclusione di tutti i tipi e misura, ecc. ecc.
Non capisco proprio come facciano le signore a volere queste gemme, è come mettersi al dito il sacchetto della raccolta differenziata !
Dal punto di vista della tecnica di ripresa, nel caso delle gemme preziose, lo strumento principale è ancora, come nelle ambre, il microscopio invertito con luce radente diffusa, spesso polarizzata. Talvolta utilizzo anche il microscopio normale, ma con obiettivi a lunga distanza di lavoro e con illuminazione mista, per trasparenza e per incidenza, entrambe sempre polarizzabili.
Ulteriori informazioni sulla analisi microscopica delle gemme le potete trovare sul mio sito a: Link
Sono contento che l'argomento vi piaccia, io mi diverto moltissimo perché prima occorre cercare, all'interno della pietra, se c'è qualche cosa di interessante e, se si è fortunati e lo si trova, inizia la seconda parte del gioco: cercare di evidenziare l'inclusione nel migliore dei modi.
Sto preparando la quarta ed ultima puntata: dopo i micro fossili, dopo l'ambra, dopo le pietre preziose, sarà la volta dei micro cristalli matrioska, che si sviluppano all'interno di cristalli più grandi e, nell'occasione, raggiungeremo anche il limite attuale, almeno per me, di ingrandimento ottico, oltre 1000x, operando in immersione omogenea all'interno di un quarzo jalino.
Ne approfitto per completare l'argomento gemme con un paio di foto di rubini in cui è bello il gioco di riflessioni all'interno delle pietre, dove le superfici del taglio operano come tanti specchi che ripetono all'infinito le piccole imperfezioni della pietra. Poi una foto del microscopio modificato per episcopia, l'altro mio strumento preferito per questo genere di riprese, uno Zeiss Standard WL con tavolo circolare ruotante, epi illuminazione aggiunta a led ed obiettivi a lunga distanza di lavoro.
Sono contento che anche le gemme nascano con imperfexzioni. E' consolante per il genere umano. A parte questo le foto sono più di interessanti e certe molto spettacolari.
Attendo con ansia l'ultima puntata sulle "bambole russe"
Siamo adolescenti. Col bisogno di emanciparci dalla natura che è la nostra madre. Quando avremo la maturità per cominciare a occuparci di lei?
E' vero, la maggior parte delle gemme ha delle imperfezioni ed il trovare una pietra troppo pura fa subito pensare che sia artificiale, costruita chimicamente con materiali esenti da difetti. Almeno questo era vero all'inizio del secolo scorso, poi la lotta fra i chimici ed i gioiellieri si è ulteriormente raffinata, con l'inserimento forzato di impurità durante il processo di lavorazione, in modo da rendere le pietre meno perfette, quindi più "vere", almeno in apparenza.
Ultimo esempio di come ci si può complicare la vita: la fotografia dei cristalli Matrioska !
Non è certo il loro nome ufficiale, ma io li chiamo così perché sono dei cristalli, in genere quarzo, che hanno al loro interno delle inclusioni cristalline, in genere epidoto o rutilo, che a loro volta sono sede di ulteriori cristalli, ancora più minuscoli e di vario tipo.
Quindi tre diversi cristalli, ciascuno l’uno dentro l’altro !
E tu fuori che, come un cretino, vuoi fotografare non il primo, ma proprio l’ultimo !
Facciamo subito un esempio con un piccolo cabochon di quarzo dalle dimensioni di 10x8 millimetri:
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Già ad occhio si notano al interno come dei piccoli rami di epidoto che si intersecano fra loro. La pietra è posta sopra ad un foglio di carta millimetrata per poter avere miglior percezione delle reali dimensioni.
Aumentando l’ingrandimento, si vede come i cristalli di epidoto addirittura si compenetrano l’un l’altro, come fossero chiodi piantati su dei rami. Guardando con attenzione, si può vedere come spesso, attaccati a questi rami di epidoto, si siano sviluppati degli altri cristalli, ancora più piccoli, con forme quasi perfette a causa della lentissima cristallizzazione che hanno subito.
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Certo che le dimensioni ridotte e la loro trasparenza ne rende abbastanza difficile l’individuazione, ma quando vengono scoperti, è una gioia per gli occhi.
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Ad esempio, in questa foto, già piuttosto ingrandita, sono ben evidenti, oltre ai rami di epidoto, diverse formazioni di piccoli cristalli accresciuti nei punti più impensati: voi quanti ne riuscite a vedere ?
Un ultimo esempio di macro fotografia spinta al limite:
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Un bellissimo quarzo con tante inclusioni primarie di epidoto e di rutilo, è adagiato sopra la carta millimetrata per meglio valutarne le dimensioni. Ma guardate il puntino rosso indicato dalla freccia, nella foto in normale macro fotografia si fa fatica a notare, ma è certamente un piccolo cristallo geminato su di un ramo di epidoto.
Aumentiamo l’ingrandimento a 200x in episcopia, ora è ben visibile tutto il sistema dell’inclusione trifasica: vediamo, in equilibrio fra loro, la fase solida costituita dal cristallo rosso (forse rutilo o monazite o rubellite ?), con sopra una specie di pennacchio formato dalla fase gassosa e da una parte più scura, la fase liquida.
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Tutto il sistema forma una specie di vulcano, con tanto di pennacchio, quasi un piccolo Vesuvio in eruzione, così congelato per l’eternità.
A questo punto non ero ancora soddisfatto del tutto, volevo vedere meglio l’aspetto di questo completo sistema trifasico con la sua base solida, la fase aerea e quella liquida e come queste tre parti fossero fra loro collegate. Per questo non mi bastavano più i 200x, dovevo raggiungere i 1000x !
A questi livelli di ingrandimento il problema è la minima distanza di lavoro abbinata al immersione in liquido con lo stesso indice di riflessione per attenuare le troppe incrinature ed abrasioni che altrimenti, a questi ingrandimenti, sarebbero state evidenti come montagne.
Dopo alcune prove, la soluzione: il mio microscopio invertito Zeiss, la pietra immersa totalmente nella vaschetta piena di benzoato e, come obiettivo, un Leitz Ks 53x duplicato ed immerso nel olio Cargille B che bagna il fondo della vasca verso l’obiettivo.
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Finalmente la nuvola che si alza dal cristallo è perfettamente visibile, con tutte le sue evoluzioni ed i suoi sbuffi, con le sue macchie scure dove il gas si è condensato in fase liquida, con tutti i suoi più minuti particolari. Ora, ma solo per ora, sono soddisfatto !
Terminiamo ancora una volta con le annotazioni tecniche, la più importante riguarda la scelta dell’obiettivo che doveva essere ad immersione, ma anche a lunga distanza di lavoro, due caratteristiche fra loro ben difficilmente conciliabili. La scelta è stata un obiettivo quasi sconosciuto ai più, normalmente utilizzato nella analisi dei dosimetri a film per il controllo della radioattività assorbita dal personale a contatto con radiazioni ionizzanti. Dato che ben pochi li conoscono, li si trovano su eBay per pochi Euro: la serie Leitz Ks la potete trovare nei valori 100x, 53x e 25x, tutti adatti per immersione ed a lunga distanza di lavoro.
Con questo, termino questa rapida carrellata sul mio particolare modo di interpretare la macro fotografia, spero vi abbia divertito questo aspetto diverso del vedere le solite cose.
Io mi ci diverto, ma si sa, fra di noi di sani ce ne sono rimasti pochi !
Il Museo di Storia Naturale sta rinnovando la veste grafica del suo periodico scientifico "Quaderni" Per la copertina della nuova rivista abbiamo ideato una composizione di una serie di 6-8 foto di ingrandimenti e particolari in primo piano di piume e penne, pelle squamata di rettili e di pellicce di mammiferi (per completezza di informazione cerchiamo anche particolari e foto al microscopio di parti d'insetti, sezioni di rocce, fossili, parti vegetali ecc.) . Il "puzzle" sarà centrato a tutta pagina e caratterizzerà tutti i volumi della rivista che usciranno annualmente. Chiediamo se vi fosse qualche fotografo che volesse metterci a disposizione eventuali foto di buona risoluzione. Ovviamente nella seconda di copertina saranno indicati gli autori e i soggetti ritratti Ringrazio per l'eventuale disponibilità e vi prego di contattarmi personalmente per eventuali chiarimenti. cari saluti a tutti
Chi fosse disponibile a collaborare può contattarmi direttamente agli indirizzi sotto riportati Grazie
Dr Stefano Mazzotti Museo di Storia Naturale Via Filippo de Pisis, 24 I-44100 Ferrara, Italy Tel. 0532 203381 Fax 0532 210508 Cell. 349 6095426 Link Link
Il Museo di Storia Naturale sta rinnovando la veste grafica del suo periodico scientifico "Quaderni" . . . . Chiediamo se vi fosse qualche fotografo che volesse metterci a disposizione eventuali foto di buona risoluzione.
Se fra le mie foto vedi qualcosa che ti può essere utile, te lo cedo ben volentieri. Sono anch'io di Ferrara, chiedi di me a Trevisani, che mi conosce di persona.
ti sei fermato con la documentazione? scherzo, ovviamente, ma mi hai così interessato che sono tornato più volte sul post per cercare di capire sempre di più di quello che ci hai proposto