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escocat
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Inserito il - 18 maggio 2010 : 21:06:00 Mostra Profilo  Apri la Finestra di Tassonomia

Salve a tutti. Volete fare astronomia? Allora ci vuole un telescopio. Io lo sto comprando, e voi? Ah non sapete da dove cominciare? Va bene, eccovi alcuni concetti fondamentali.

Due sono i tipi fondamentali di telescopio, il RIFRATTORE ACROMATICO e il RIFLETTORE NEWTON, che realizzano i due principi di fisica ottica: la rifrazione (la luce attraversa lenti di vetro) e la riflessione (la luce rimbalza su specchi alluminati).

RIFRATTORE ACROMATICO.
Ad una estremità di un tubo, contenute in una cella, si trovano due lenti di forma e materiale diverso (vetro Flint e Crown). Questo doppietto costituisce l'Obbiettivo Ob del telescopio rifrattore.
La luce di una stella, proveniente da distanza grandissima, attraversa l'obbiettivo e si rifrange convergendo in un punto F a distanza fob da Ob lungo l'asse ottico, detto fuoco. In questo punto si forma una immagine piccolissima della nostra stella. La distanza fob è detta Distanza Focale dell'obbiettivo. Naturalmente le stelle poste al di fuori dell'asse ottico andranno a formare immagini intorno al fuoco e anch'esse poste al di fuori dell'asse ottico, sul cosiddetto piano focale (che poi come vedremo tanto piano non è).
Data la grandissima distanza della nostra stella, essa può considerarsi con buona approssimazione un punto luminoso, ma la sua immagine in F non sarà un punto perchè interviene un terzo fenomeno ottico rilevante (che si aggiunge a rifrazione e riflessione), che si chiama diffrazione e che comporta la trasformazione di un punto (l'oggetto, cioè la stella) in una macchia non puntiforme (detta macchia di diffrazione) dovuta al fatto che la luce proveniente dalla stella deve passare attraverso una apertura di dimensione ridotta (il cerchio che delimita l'obbiettivo). La macchia di diffrazione di una stella rappresenta l'unità di informazione che il nostro telescopio può darci. Dalla natura e distribuzione di tutte le macchie di diffrazione sparse sul piano focale (spot diagram) è possibile fare una t.a.c. al telescopio, e scoprire tutte le sue malattie.


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L'immagine piccolissima della stella in F sarà osservata ingrandita per mezzo di un sistema di lenti detto Oculare, alloggiato nell'apposito portaoculari del sistema focheggiatore. Ingrandita di quanto? Anche l'oculare, come l'obbiettivo, possiede una sua distanza focale foc. Allora l'ingrandimento complessivo del sistema (obbiettivo+oculare) si ottiene dividendo la focale fob dell'obbiettivo per quella foc dell'oculare. Viceversa, nota che sia la distanza focale e l'ingrandimento che vogliamo, si potrà calcolare la focale dell'oculare che ci serve. Tenete presente che gli oculari in commercio hanno focali comprese fra 2 e 50 mm...


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All'uscita dall'oculare, la luce forma un fascio la cui larghezza è detta Pupilla d'uscita (laddove il diametro dell'obbiettivo è anche detto Pupilla d'entrata). Cosa molto importante è che la pupilla d'uscita non deve mai eccedere i 6 millimetri, perchè questa è la dimensione massima della nostra pupilla in condizioni di oscurità (per un occhio giovane: noi anziani ci fermiamo ormai ai 5 millimetri). Un fascio più largo della nostra massima pupilla non farebbe che disperdere la luce eccedente, rendendola inutilizzata ai fini della costruzione dell'immagine nel nostro cervello. Ecco la relazione che lega l'entità della P.u. in funzione del diametro obbiettivo e dell'ingrandimento del sistema.


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L'angolo sotteso dal fascio rifratto è detto Apertura dello strumento. Essa, che ovviamente dipende dal diametro dell'obbiettivo e dalla sua distanza focale, rappresenta la "velocità" con cui avviene la convergenza dei raggi che vanno a costruire l'immagine sul piano focale, e riveste una grande importanza nell'osservazione visuale ma soprattutto nelle riprese fotografiche. Un telescopio con grande angolo di apertura è detto "veloce" o "aperto" e produce una macchia di diffrazione molto luminosa rispetto ad uno strumento di pari diametro dell'obbiettivo ma con apertura più "chiusa". L'apertura si descrive con la dicitura "F/X" essendo X il rapporto tra la distanza focale dell'obbiettivo e il suo diametro. Ad es. un obbiettivo di 100mm di diametro e focale 1000mm avrà apertura F/10.



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RIFLETTORE NEWTON.
In fondo ad un tubo, contenuto in apposita cella, si trova uno specchio alluminato a superficie parabolica che costituisce l'obbiettivo del telescopio Newton.La luce di una stella, proveniente da distanza grandissima, attraversa il tubo fino in fondo e si riflette sulla superficie dello specchio, tornando "indietro" a convergere sul fuoco (primario) F.
Ma, prima di giungere in F, il fascio viene intercettato da uno specchio piano posto a 45° sull'asse ottico (specchio secondario) sorretto da un "ragno" ancorato al tubo mediante, in genere, 3 o 4 assi molto sottili, e deviato verso una uscita laterale al tubo a convergere nel punto F' (fuoco Newton). Anche qui, l'immagine sarà osservata mediante oculare posto nel focheggiatore.


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L'immagine o macchia di diffrazione di un telescopio (in pratica l'immagine di una stella) è costituita da un cerchio luce tanto più luminoso e piccolo quanto più grande è il diametro dell'obbiettivo e quanto più "veloce" la sua apertura (disco di Airy). Il telescopio rifrattore acromatico produce un disco di Airy circondato da un debole anello concentrico ad un secondo anello quasi impercettibile (Anelli di Newton).
Invece nel caso del riflettore Newton, gli anelli sono più numerosi, più luminosi ed inoltre compaiono dei "baffi" (Spikes) che altro non sono che i fantasmi di diffrazione dei sostegni del ragno che regge il secondario. Questo risultato, che deteriora la qualità della macchia di diffrazione e dunque del rendimento ottico del telescopio, è una conseguenza dell'ostruzione centrale provocata dalla presenza dello specchio secondario che "fa ombra" allo specchio primario rendendo cieca la sua porzione centrale.L'entità dell'ostruzione centrale, cioè il diametro dello specchio secondario, è una conseguenza forzata dall'apertura dello strumento, perchè dettata dalla convergenza del fascio luminoso che torna indietro dopo essere stato riflesso dallo specchio principale. Strumenti "lunghi" (cioè di piccola apertura) possono accettare piccoli specchi secondari (e dunque minore ostruzione) senza penalizzare il campo luce che arriva all'oculare. Invece forti ostruzioni sono necessarie con strumenti di grande apertura. Come si vede la "velocità" paga un prezzo...


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ABERRAZIONI DEI TELESCOPI.
Se un telescopio non avesse difetti di costruzione o imperfezioni legate ai limiti delle leggi ottiche dovute ai materiali, la macchia di diffrazione sarebbe sottoposta soltanto alle leggi della diffrazione, vincolo che è impossibile aggirare (perchè si dovrebbero realizzare obbiettivi di diametro infinito, impossibili da realizzare e, se possibili, costosissimi). Purtroppo, sono tante le aberrazioni legate ad un sistema ottico, a cominciare da quelle provocate da una cattiva realizzazione delle ottiche. La luce visibile è costituita da onde aventi una certa lunghezza indicata con la lettera greca "lambda". E' chiaro che se uno specchio viene realizzato con una rugosità tale che le asperità presenti sulla sua superficie hanno dimensioni superiori a questo "lambda", la riflessione avverrà in modo confuso e caotico, andando a inficiare la correttezza della macchia di diffrazione e, nell'insieme, la qualità delle immagini. Le superfici ottiche devono essere talmente levigate, ed in modo uniforme, che le deviazioni dalla forma geometrica non devono superare una piccola frazione di "lambda", cioè della lunghezza d'onda più piccola di cui è costituita la luce visibile. Ecco perchè si parla di specchi lavorati con una precisione di lambda/4 o lambda/10. Anche la qualità dello strato di alluminio depositato sulla superficie dello specchio contribuisce al risultato. Stesso discorso riguarda le superfici delle lenti e l'omogeneità dei materiali con cui sono realizzate. Naturalmente la precisione si paga cara...
Ma pur in presenza di una lavorazione ideale, restano le aberrazioni legate all'ottica geometrica e fisica, che sono le seguenti:

ABERRAZIONE SFERICA. Le superfici sferiche (lenti o specchi che siano) non convergono tutti i raggi che intervengono su di esse in un unico punto. Il sintomo consiste in una macchia rigonfia e via via più sfocata verso il bordo. L'unica cosa da fare è, nel caso delle lenti, utilizzare almeno due lenti di forma diversa in modo che la seconda corregga l'aberrazione sferica della prima contribuendo con una aberrazione sferica di segno contrario, mentre nel caso degli specchi questo problema si addolcisce effettuando una "parabolizzazione" delle loro superfici sferiche. Tanto più la curvatura si avvicina a quella geometrica ideale di una parabola, tanto più lo specchio è corretto da aberrazione sferica. Di solito è ben corretta.

ABERRAZIONE CROMATICA. E' un problema che riguarda solo la rifrazione (e quindi le lenti e i telescopi rifrattori) mentre gli specchi (che applicano la riflessione) ne sono esenti.
Ogni singola lente converge le onde luminose in direzioni diverse a seconda della lunghezza d'onda (e quindi del colore, da cui il nome).
I doppietti acromatici consistono in due lenti che, oltre a forma diversa, sono realizzati con vetri di tipo diverso, con diverso indice di rifrazione (Doppietti di Fraunhofer) atti a rendere tollerabile questa aberrazione. Per ottenere una buona acromaticità ci si limita ad aperture alquanto "chiuse", per l'ignobile motivo che con obbiettivi acromatici di piccola apertura (cioè distanze focali molto lunghe rispetto al diametro degli obbiettivi) è molto più semplice correggere l'aberrazione cromatica. Non è facile correggerla per bene. In certi casi, per mantenere una apertura non troppo "chiusa", si utilizzano oculari compensatori i quali attenuano sia l'aberrazione sferica che quella cromatica. E' chiaro che questi oculari sono studiati apposta e fanno parte integrale del progetto ottico generale dello strumento e non possono o devono essere sostituiti, come avviene nel caso dei binocoli che altro non sono che due rifrattori acromatici accoppiati.

COMA. La macchia di diffrazione, così come descritta, è tale solo al centro del campo inquadrato (cioè lungo l'asse ottico, esattamente sul fuoco). Allontanandoci dall'asse ottico la macchia assume una coda come quella di una cometa (da cui il nome) tanto più lunga e larga quanto maggiore è la distanza dall'asse ottico. Non facile da correggere.

ASTIGMATISMO. Questa aberrazione ce l'abbiamo in tanti e quindi è inutile spiegare cosa vuol dire. Per chi non lo sapesse la macchia di diffrazione non è un cerchio, ma una ellissi allungata in senso orizzontale o verticale a seconda di come viene regolata la messa a fuoco. Nel fuoco esatto si ha una sovrapposizione molto fastidiosa di queste ellissi che fanno pensare al nodo di una corda. Di solito questa aberrazione è ben corretta (a meno che il costruttore non sia altamente incompetente).

CURVATURA DI CAMPO E DISTORSIONE. Sono aberrazioni geometriche, e riguardano imperfezioni che intervengono lontano dall'asse ottico, cioè ai bordi del campo inquadrato. La curvatura di campo consiste nel fatto che le stelle appaiono bene a fuoco al centro del campo, ma leggermente sfocate quelle ai bordi del campo. Ciò avviene perchè il "piano focale" tanto piano non è, essendo invece affetto da una curvatura che riproduce quella dei sistemi ottici presenti lungo l'asse ottico. Non facile da correggere, occorrono elementi aggiuntivi (più lenti sia nel caso dei rifrattori sia nei sistemi a riflessione) oppure oculari compensatori. Stesso discorso riguarda la distorsione (l'ingrandimento al centro del campo è diverso di quello ai bordi, minore - distorsione a "cuscinetto" - o maggiore - distorsione a "barilotto".)
Come per tutte le aberrazioni in genere, queste due aberrazioni si correggono molto più facilmente nei telescopi con aperture molto piccole (stretti e lunghi).


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LE DUE GRANDEZZE FONDAMENTALI DI UN TELESCOPIO.
Cosa vogliamo da un telescopio? Essenzialmente due cose: che ci faccia vedere oggetti troppo deboli per essere visti ad occhio nudo, e che ci faccia vedere particolari troppo piccoli per essere distinti dal nostro occhio. Queste due prestazioni prendono il nome rispettivamente di Magnitudine limite e di Potere risolutivo.

MAGNITUDINE LIMITE.
Il nostro occhio ha una pupilla massima, all'oscurità, di 6 millimetri circa, per cui in questa apertura non riesce ad entrare più di una certa quantità di luce. E' per questo che, alzando gli occhi al cielo, non riusciamo a vedere un tappeto uniforme di miliardi di stelle ma soltanto quelle 5 o 6 mila di esse che superano una certa soglia di luminosità (sto parlando di un osservatore con vista perfetta seduto in mezzo al deserto del Sahara). Normalmente dal centro di Messina io ne vedo 5 o 6 (cento).I valori di luminosità delle stelle sono stati distribuiti su una scala in modo che le stelle più deboli visibili ad occhio nudo occupino la sesta grandezza e quelle più luminose la prima. Fra una grandezza e la successiva vi è un divario di luminosità di un fattore 2,5. Una stella di prima grandezza è circa 100 volte più luminosa di una stella di sesta. Ma normalmente dal centro di una grande città, a causa dell'inquinamento luminoso un occhio medio non riesce ad andare oltre la quarta grandezza. Quando utilizziamo un telescopio, non facciamo altro che sostituire la nostra pupilla con il suo obbiettivo il cui diametro più generoso permetterà di incamerare più luce. Se il nostro telescopio avesse un obbiettivo di 12 millimetri (dunque con una superficie 4 volte più grande di quella della nostra pupilla) potremmo osservare stelle 4 volte più deboli della sesta, cioè stelle di magnitudine (o grandezza) 7,5. In pratica raddoppiando il diametro dell'obbiettivo si aggiunge 1 grandezza e mezza alla minima visibile. Un telescopio di 24 mm di diametro obbiettivo permetterà di vedere stelle di nona grandezza, uno di 50 mm arriverà fino alla grandezza 10,5 e così via. E per vedere una galassia? Le galassie, a differenza delle stelle, sono oggetti diffusi in una piccola porzione di cielo e non puntiformi. La loro luminosità è quindi distribuita, "sparsa" su una certa area e non concentrata in un punto.
Le galassie più luminose sono, normalmente, di nona o decima grandezza, ma questo è il valore di magnitudine che esse avrebbero se tutta la loro luce fosse concentrata in un punto. Punto per punto, invece, la loro luminosità è molto più bassa, dunque dobbiamo pensare alle galassie più luminose come fossero stelle di 12a o 13a grandezza. Come si vede dalla tabella, occorrono telescopi di almeno 15 centimetri per essere viste sotto un cielo molto buio. Ma le galassie così tanto luminose, in tutto il cielo, sono una decina soltanto.


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POTERE RISOLUTIVO.
Riuscite a distinguere chiaramente una moneta da 1 euro alla distanza di 237 metri da voi? Bene, siete al limite dell'acutezza visiva. Ciò che vedete sottende un arco di 20" (secondi) e rappresenta il potere risolutivo di un occhio sano. Ora immaginate di allontanarvi da questo euro di 5 chilometri. Cosa occorre per vederlo? Un telescopio, ovviamente. L'euro a 5 chilometri da voi sottende un angolo di 1", cioè 20 volte più piccolo della vostra soglia di acutezza visiva. Ci serve dunque un telescopio il cui obbiettivo abbia un diametro almeno 20 volte più grande della vostra massima pupilla (6mm), cioè 120 mm. Nessun telescopio di diametro inferiore a 120mm, anche se ingrandisse 1000 volte, riuscirebbe a mostrarvi distintamente quella moneta. Invece al vostro telescopio di 120mm bastano 20 ingrandimenti per mostrarvi, sfidando la vostra acutezza, la moneta di 1 euro. Infatti con 20 ingrandimenti 1" diventano 20", cioè proprio il potere risolutivo del vostro occhio. Esiste una formuletta che permette di calcolare il potere risolutivo di un telescopio, dato il diametro del suo obbiettivo.


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Naturalmente a questo potere risolutivo è associato un ingrandimento minimo necessario per evidenziarlo. L'oculare che ci occorre avrà una focale calcolata di conseguenza, una volta noti la focale dell'obbiettivo e il valore dell'ingrandimento.
Di solito l'ingrandimento minimo non è molto comodo, poichè mette a dura prova l'acutezza della vostra vista. Esiste un valore di ingrandimento superiore che vi permette di sfruttare con meno fatica il potere risolutivo del vostro telescopio, detto ingrandimento ideale. Esso è pari al diametro dell'obbiettivo espresso in millimetri. Si può ancora forzare l'ingrandimento del sistema portandolo ad un valore (ingrandimento massimo) oltre il quale non si guadagna più nulla in fatto di comodità e nitidezza, anzi si ha un deterioramento della qualità dell'immagine. Questo valore è circa 2 volte e mezzo il valore del diametro dell'obbiettivo, espresso in millimetri.


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SCHEMI OTTICI VARIANTI.
Il rifrattore acromatico, se "lungo", è un buon strumento per l'osservazione di Luna, pianeti e stelle doppie, ma deficitario nel deep (profondo cielo). Se "corto" e di diametro generoso potrebbe consentire qualche fotografia al profondo cielo, ma non è gran che.
Il Newton, invece, nelle aperture grandi (F/4-F/5) è un ottimo astrofotografo del deep e per grandi campi. Con aperture medie (F/6-F/8) se l'ostruzione viene mantenuta a livelli minimi (Es. 0,2-0,25) esso rappresenta un ottimo "tuttofare": buono nella fotografia del deep, buono nell'osservazione visuale in alta risoluzione. I loro costi sono veramente alla portata di tutte le tasche, mentre per quanto riguarda i diametri disponibili sul mercato c'è solo l'imbarazzo della scelta (da 100 a 600 mm e oltre!)

Rifrattori acromatici e riflettori Newton non sono gli unici schemi ottici che si trovano in giro. Sono state create diverse varianti per risolvere particolari problemi. Ecco i principali.

RIFRATTORI SEMIAPOCROMATICI E APOCROMATICI. RIFRATTORI SPIANATI.
Per contenere l'entità dell'aberrazione cromatica, sempre presente e notevole nei sistemi rifrattori, sono stati progettati doppietti in cui una delle due lenti è a realizzata con la fluorite per ottenere bassa dispersione (doppietti ED). Questi obbiettivi si definiscono semi-apocromatici, nel senso che correggono 3 delle 4 lunghezze d'onda fondamentali rilasciando soltanto un residuo azzurro fastidioso soltanto nell'osservazione di oggetti molto luminosi (Luna, Giove, stelle di prima o seconda grandezza). Per correggere tutti i colori dello spettro (apocromatismo) occorrono almeno 3 lenti, con le quali si può ottenere anche uno spianamento del piano focale molto utile per evitare curvature di campo, distorsioni e rendere la visione (e la fotografia) esente da imperfezioni geometriche. Alcuni schemi apocromatici prevedono 4 o più lenti distribuite in due o più gruppi.Gli obbiettivi apocromatici possono anche accettare grandi aperture (tipiche F/5 - F/7) ed anche questo è un motivo fondamentale per cui sono stati progettati (oltre che per eliminare al meglio l'aberrazione cromatica). I rifrattori apocromatici e spianati consentono fini osservazioni visuali in alta risoluzione (Luna, pianeti, stelle doppie) ma anche la fotografia di grandi campi stellari, ammassi e nebulose. Peccato che i loro diametri difficilmente superano i 15 cm, ed hanno prezzi esorbitanti.

CASSEGRAIN.
Un riflettore Newton da 300mm di diametro con una apertura F/10 avrà una distanza focale di 3 metri, e di conseguenza un tubo ottico di pari lunghezza. Su quale montatura lo si potrà mai sistemare? In quale macchina potremmo alloggiarlo per portare tutto il telescopio lontano dalle luci cittadine? E' possibile realizzare un riflettore di pari diametro e lunghezza focale ma in un tubo corto e trasportabile? La risposta è si: il Cassegrain. Il trucco consiste nel forare lo specchio principale nella sua parte centrale e attraverso questa apertura indirizzare il fascio riflesso dal secondario verso l'oculare posto dietro l'obbiettivo. Per esigenze ottiche-geometriche, il secondario non potrà essere più uno specchio piano perchè altrimenti l'ostruzione del telescopio raggiungerebbe valori eccessivi. Questo schema ottico prevede uno specchio primario a sezione parabolica mentre il secondario è a sezione iperbolica. L'apertura tipica di un Cassegrain puro è F/12-F/15, per cui esso è dedicato all'osservazione in alta risoluzione di Luna, pianeti nonchè per la separazione di stelle doppie mentre, data la focale molto lunga - va male nelle osservazioni (e soprattutto alla fotografia) di oggetti deboli. Il coma può essere molto fastidioso.
In campo fotografico una ottima variante del Cassegrain è il Ritchey-Chretien (RC, entrambi gli specchi a lavorazione iperbolica) che raggiunge aperture tipiche F/8-F/9 con un campo corretto molto grande (praticamente corretto da tutte le aberrazioni). I Cassegrain (compresa la variante RC) non costano neanche tanto. Consentono di adoperare e soprattutto di trasportare strumenti di diametro generoso (un 30 cm sta in un tubo lungo circa mezzo metro) su montature poco impegnative sia come peso che come prezzo). Diametri tipici 150-350 mm.


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CATADIOTTRICO SCHMIDT-CASSEGRAIN.
Mentre il rifrattore utilizza solo lenti ed il riflettore solo specchi (a parte gli oculari che sono a lenti ma sono considerati un accessorio), il catadiottrico è uno strumento che lavora sia a riflessione che a rifrazione; esso cioè utilizza sia specchi che lenti.
Lo Schmidt-Cassegrain (SC) è un variante del Cassegrain; lo specchio principale ed il secondario sono entrambi sferici, ma all'inizio del tubo si trova una lastra correttrice a superficie asferica, che serve ad introdurre una percentuale di aberrazione sferica uguale alla stessa prodotta dalle altre ottiche a riflessione ma di segno opposto. Il secondario non è sorretto da raggi ma è alloggiato in un supporto saldato ad un foro centrale della lastra correttrice. L'apertura tipica è F/10, ma essa può modificarsi a F/6 tramite l'aggiunta di un gruppo ottico a lenti (riduttore di focale) che si avvita posteriormente, prima dell'oculare. E' uno strumento universale che lavora decentemente in tutti i settori (alta risoluzione e profondo cielo); fa un pò tutto ma niente benissimo. Si trovano sul mercato modelli da 150 a 400 mm. Credo che sia lo strumento più utilizzato dagli astrofili, perchè rappresenta un buon compromesso e non crea troppi problemi. Odiato da puristi e specialisti (come me).


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I MAKSUTOV.
Sono anch'essi catadiottrici a tubo chiuso. La sezione di entrambi gli specchi è sferica mentre al posto della lastra correttrice è presente un menisco in vetro ottico delimitato da 2 superfici sferiche, con lo stesso compito della lastra degli SC. Caratteristica peculiare dei Mak è che il secondario non è uno specchio a sè, ma è ricavato alluminando la parte centrale della faccia interna del menisco. L'ostruzione è in tal modo molto piccola (rispetto ai Cassegrain e agli SC). Aperture tipiche però molto chiuse (F/13-F/15). Ottimi per l'osservazione di Luna, pianeti e stelle doppie (sono i catadiottrici che più si avvicinano alle prestazioni dei rifrattori apocromatici) ma per niente validi nel profondo cielo. Esiste anche la configurazione Maksutov-Newton (sostanzialmente un Newton "lungo" chiuso anteriormente da un menisco. Modelli normalmente disponibili da 90 a 250 mm.


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CAMERA BAKER-SCHMIDT.
Ultimo cenno spetta a questa configurazione squisitamente fotografica (visualmente è inservibile). I due specchi sono sferici ed una lastra asferica è posta al doppio della distanza focale del primario. L'ostruzione è enorme ma il campo corretto grandissimo. Specialista in fotografia di campi stellari veramente grandangolari. Aperture ultraveloci F/2 - F/3). Diametri da 200 a 400 mm.

CIAO.





Tanto più piccolo è ciò che osserviamo, tanto più grandi saremo.

macromicro
Utente Super


Città: Piovene Rocchette
Prov.: Vicenza

Regione: Veneto


7113 Messaggi
Macrofotografia

Inserito il - 18 novembre 2010 : 08:33:19 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Mi sono letto con attenzione la presentaszione/lezione. Se ci fosse anche un'altra puntata la leggerei con interesse ed attenzione

Gianfranco
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CarloAG
Moderatore


Città: Napoli
Prov.: Napoli

Regione: Campania


1664 Messaggi
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Inserito il - 25 novembre 2010 : 16:42:41 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Ritengo interessante "ripartire da zero", purchè l'argomento resti "leggero" e comprensibile a tutti

Carlo A.G.
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Marcos73
Utente nuovo

Città: Terni


9 Messaggi
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Inserito il - 08 gennaio 2013 : 12:46:29 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Molto interessante, certo alcuni tecnicismi sono di difficile comprensione ad un profano del campo, ma ritengo la sua lezione coinvolgente!
Sono un neo possessore di un riflettore skymaster 1149 eq2, sono alla mia promissima esperienza che, spero, possa portarmi in un mondo agognato sin da bambino.
Ora ho 40 anni, ma come dire? Meglio tardi che mai!
Grazie per aver, ancora di piu, alimentato questa nuova ed entusiasmante passione.

Marcos

Modificato da - Marcos73 in data 08 gennaio 2013 12:48:47
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