La rana verde 
      La rana verde o 
      esculenta, denominata anche rana comune, è una specie appartenente alla 
      famiglia dei Ranidi, nell'ordine Anuri. Di circa 12 centimetri di 
      lunghezza, presenta un dorso di colore verde smagliante o bruno oliva, 
      talvolta cosparso di macchie nere e ornato, da ogni lato, da una piega 
      ricca di ghiandole di color bronzo. I fianchi sono macchiati di nero o di 
      bruno scuro. Una linea dorsale, chiara, mediale si estende dalla testa 
      fino all'ano, ma manca in parecchi individui. Il ventre è bianco, 
      punteggiato di nero e di grigio. Vive ai margini degli stagni e dei 
      corsi d'acqua lenti e con vegetazione fitta. Al minimo segnale di pericolo 
      si tuffa e scompare tra la vegetazione. E' un animale voracissimo che si 
      nutre di insetti, tra cui farfalle che si avventurano sopra l'acqua, 
      larve, vermi, lumache, ma anche di prede voluminose come giovani rane, 
      piccole lucertole, piccoli roditori. I maschi, provvisti da ogni lato 
      della testa di un sacco vocale esterno, che si gonfia come una vescica, 
      riempiono le notti d'estate con il loro assordante gracidio. 
      L'accoppiamento (ascellare, vale a dire che il maschio tiene la femmina 
      per le ascelle) ha luogo in giugno; le uova (complessivamente parecchie 
      migliaia) vengono deposte in grossi ammassi sul fondo dell'acqua. In 
      Italia è ampiamente diffusa ovunque, sino a 1200 metri di latitudine.  
		Pur essendo uno degli abitanti più comune e conosciuto di stagni e 
      acquitrini, la rana ha sempre colpito la fantasia dell'uomo, grazie al 
      particolare aspetto e, soprattutto, per il curioso ciclo vitale, che nella 
      strabiliante metamorfosi da girino a rana ha il suo culmine. Ispirate a 
      queste sue stranezze esistono pertanto molte superstizioni, false credenze 
      ed un buon numero di proverbi e modi di dire. Ad esempio, in passato, si 
      credeva che le rane nascessero dalla terra fecondata dagli acquazzoni 
      estivi, oppure che, essendo animali generati dalla pioggia, potessero 
      cadere direttamente dal cielo. Il loro gracidare era poi visto come una 
      lode, una preghiera a Dio, ed interromperlo equivaleva a ritardare la 
      liberazione di un'anima dal purgatorio. Altri sostenevano che nelle rane 
      si celassero le anime dei bambini morti prematuramente, perciò guai a 
      ucciderle o molestarle. Di quest'idea non lo sono le streghe, che con rane 
      e rospi preparavano filtri e malefici. E quando non soccombevano nei 
      paioli di fantasiose fattucchiere, erano usati come dimora da principi, 
      fate o demoni.  Questo anfibio, grazie alle carni tenere e saporite, è 
      da sempre apprezzato in cucina. Fino a pochi decenni or sono, schiere di 
      ranari vagavano notti intere per fossi e acquitrini alla ricerca di questo 
      batrace. Alla mattina, quando i sacchi erano pieni, i cacciatori privavano 
      le rane ancora vive della testa e delle zampe, le spellavano e le 
      preparavano per cucinarle fresche, di solito infarinate e fritte o, 
      spolpate, come condimento per la pasta asciutta; oppure le mettevano via 
      sotto sale per l'inverno. Per chiudere, le ranocchie portano bene, tant'è 
      che gli amuleti che le raffigurano (spesso associati a simboli lunari), 
      sono ritenuti validi contro il fascino, il malocchio e la iettatura. 
			  
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