Il gambero di fiume
Fino a pochi anni fa era facile incontrare il bel
Austropotamobius pallipes nei nostri corsi d’acqua. Oggi, purtroppo, la specie ha subito un drastico declino.
Non solo soffre l’inquinamento ma, a causa delle sue carni saporite, è stato oggetto di raccolta intensiva. Come se non bastasse, per sopperire alla richiesta del mercato, sono state importate altre specie alloctone, come il turco
Astacus leptodactylus e gli americani Procambarus clarkii
e Orconectes limosus.
Quando la domanda venne a mancare gli allevamenti chiusero e questi gamberi furono riversati nei canali. Il problema è che le specie esotiche sono portatrici sane di una malattia il cui agente eziologico è il fungo
Aphanomyces astaci. Questa malattia ha falcidiato le popolazioni del nostro gambero di fiume.
Lo si può ancora trovare nelle acque limpide e ben ossigenate di ecosistemi particolarmente intatti, tanto da essere considerato come una cartina tornasole per la salute dell’ambiente.
Sembra la miniatura di un astice; può raggiungere i 15cm e presenta due possenti chele che sono il primo paio di zampe modificato.
Il suo corpo è protetto da un esoscheletro marroncino, che è composto da chitina e depositi di carbonato di calcio.
Per crescere deve prima rompere la vecchia “pelle” ed uscirne tramite una spaccatura longitudinale; in breve tempo il nuovo tegumento, che inizialmente è candido, si indurisce e si colora.
Il carapace ricopre il capo e il torace e contiene le branchie sulle quali avvengono gli scambi gassosi. Essendo nascoste, queste restano umide quando l’animale esce dall’acqua per colonizzare nuovi siti, consentendogli così di respirare anche sulla terraferma. Questa possibilità è limitata a brevi spostamenti.
L’ Austropotamobius è notturno e trascorre le ore diurne nascosto in anfratti o sul letto del fiume, coperto da foglie. Preferisce ruscelli e torrenti con acque fresche e con fondi calcarei o sabbiosi.
E’ un animale onnivoro: mangia tutto ciò che riesce ad afferrare e fare a pezzi con le chele. Il cibo, si tratti di vegetazione, alghe, resti di animali morti, piccole prede, viene portato alla bocca dove viene ulteriormente sminuzzato dai massillipedi (appendici del capo). Gli accoppiamenti si verificano in autunno; la femmina accoglie diverse decine di uova nell’addome, proteggendole ed ossigenandole tramite i movimenti dei pleopodi (appendici addominali).
Lo sviluppo è diretto, gli stadi larvali sono passati all’interno dell’uovo, ed in primavera escono dei giovani gamberi completamente formati, che però restano attaccati alla madre per alcuni giorni, fino ad effettuare la prima muta.
Oltre alle già citate minacce per la sua sopravvivenza, bisogna tenere conto anche dei predatori naturali, come anguille, lucci, lontre (dove ancora sono presenti) e aironi.
Considerando il sempre maggiore inquinamento, va da se che non se la passa proprio bene. E’ compreso nell’elenco delle specie protette dall’unione europea e in Italia, tramite alcune leggi regionali, si punta anche sulla protezione dell’habitat.
Testo
di Giacomo Giovagnoli
Foto di Roberto Cobianchi,
David Massaroni,
Luca Corradi,
Luca Boscain
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