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 Gli uomini della neve
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FOX
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Città: BAGNO A RIPOLI

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Inserito il - 13 dicembre 2008 : 09:13:34 Mostra Profilo  Apri la Finestra di Tassonomia



Gli uomini della neve


di Alessandro Bottacci


Apro il frigorifero in cerca di qualcosa da bere; fuori fa un caldo bestiale e un po' di the freddo è quello che ci vuole per togliersi la sete. All'interno c'è una tale confusione da rendere difficile la distinzione tra gli oggetti presenti: foglie di sedano che spuntano da una coscia lessa di pollo; un barattolo di acciughine ha un'aria decisamente invitante, c'è ancora mezzo popone che mollemente adagiato lì accanto, spande il suo profumo riempiendo tutti i ripiani. Dovrei decidermi a riordinare tutto ma la voglia di farlo si nasconde tra le cibarie e non riesco mai a trovarla.

Mentre resto fermo davanti alla luce misteriosa che emana dal frigo, la mente inizia a camminare per i propri sentieri, allontanandosi piano piano da quella immagine e materializzando figure di uomini curvi sotto misteriosi carichi coperti di iuta.

Una sensazione di freddo mi riempie la mano. Senza volerlo ho toccato il ghiaccio che ormai esce sfacciatamente dal cassetto superiore che attende da mesi di essere sbrinato. Il ghiaccio, ecco! Quasi insensibilmente l'immagine degli uomini con i carichi avvolti nella iuta si riforma ancora più viva mentre con le mani apro uno di quei pacchi, mettendo a nudo il loro contenuto traslucido. Sono blocchi di ghiaccio che quegli uomini stanno caricando su dei carri. Uno di loro mi vede e, un po' alterato, mi grida: "Ricopri subito quella barra, prima che inizi asciogliersi!".

Decisamente imbarazzato mi scuso e sconcertato per il suo modo di fare ma anche incuriosito dalla stranezza della situazione mi avvicino e balbetto: "Veramente ho aperto il frigo per prendere un po' di the freddo e poi, senza sapere come, mi sono trovato qui con voi. Ma chi siete?".

Il primo uomo mi guarda con aria compassionevole e poi si rivolge al compagno. "Te l'avevo detto che nel giro di pochi anni si sarebbero tutti scordati di noi. E tu che non ci credevi, quando ti dicevo che ci avrebbe cancellato anche dalla memoria della gente".

A quel punto il secondo poggia sul carro il blocco che teneva sulla spalla e si ferma al mio fianco. "Dai, siediti che ti raccontiamo una storia che forse non hai mai sentito".

I due uomini si sistemano su un muretto in pietra ed io mi siedo per terra mentre stanno già iniziando a parlare.

"Vedi, noi siamo quelli che un tempo chiamavano gli uomini della neve o uomini bianchi. Ormai non esistiamo più ma per tanti anni, prima che inventassero le macchine per fare il ghiaccio la conservazione dei cibi era fatta col ghiaccio fatto da noi in montagna".

La cosa mi incuriosisce e, sistemandomi più comodamente, chiedo di spiegarmi tutto il procedimento. Il primo uomo si accende un sigaro e, dopo aver tirato due vigorose boccate dice: "Bene, bene. Vedo che sei un tipo curioso. Allora ascolta con attenzione perché la gente come noi non è abituata a fare tante chiacchiere.

"Durante l'inverno capita spesso che le cime più alte dell'appennino siano imbiancate dalla neve, che ricopre ogni cosa. Quando però la temperatura torna ad alzarsi, lentamente la neve si trasforma in acqua e scompare. Solo in qualche punto: in una zona più fredda o in un'area sempre in ombra la neve non si scioglie, restando lì fino all'inizio dell'estate. Chi cominciò il nostro mestiere si accorse che, se avesse preparato delle buche profonde in queste zone e vi avesse pressato la neve man mano che questa scendeva dal cielo, avrebbe ottenuto una massa compatta di ghiaccio, capace di resistere anche nel il periodo più caldo. Fu così che nacquero le "buche della neve", delle quali trovi il ricordo in qualche nome scritto sulle carte topografiche.

Il racconto diventa interessante il secondo "uomo della neve" si rincantuccia dentro il giubbone bagnato e si passa una pezzuola faccia per asciugare l'acqua che gli cola dai capelli inzuppati. In quel momento gli osservo le mani e rimango stupito dalla deformazione delle dita e dall'abnorme gonfiore in corrispondenza delle nocche. Non ci vuole molto per capire che quelle sono il frutto dell'azione combinata di fatica e artrosi deformante. Ho ancora gli occhi puntati sulle sue mani quando il secondo uomo riprende a parlare.

"Non sempre il ghiaccio era fatto nelle buche della neve. Qualche volta si utilizzavano, come nel caso di Vallombrosa, vasche in pietra che, nella buona stagione venivano usati come serbatoi per l'irrigazione o per l'allevamento delle trote. Il ghiaccio ottenuto veniva poi tagliato in blocchi come quelli che hai visto caricare sul carro e stivato nelle ghiacciaie in mezzo alla segatura. Agli inizi queste erano delle semplici grotte fredde nelle quali non entrava mai il calore della bella stagione.

Se vai alla Beccia, sotto il Santuario della Verna, fai due passi nel bellissimo bosco di faggio e troverai un anfratto tra le rocce che serviva proprio a questo. Successivamente si costruirono delle vere e proprie ghiacciaie in muratura. La loro forma era generalmente circolare ed erano in parte sotto terra ed in parte fuori. I muri erano molto grossi, la mancanza di finestre e l'ombra degli alberi piantati intorno, permettevano di conservare i blocchi di ghiaccio anche per più di un anno.

A questo punto l'altro, ancora gustandosi quel pestilenziale sigaro, interviene dicendo la sua. "Sai che molti anni fa ho lavorato a Montesenario. Lì si che c'era una ghiacciaia enorme; entrarci dentro era un po' come scendere in un inferno freddissimo e buio. Del resto molto del ghiaccio usato a Firenze proveniva da quella zona. Qui a Vallombrosa invece, come puoi vedere tu stesso, la ghiacciaia è piccola e mezza nascosta sotto la vasca, adatta alle necessità del monastero.

"Poi inventarono le macchine per fare il ghiaccio in ogni situazione ed in ogni stagione ed il nostro lavoro finì. Noi siamo rimasti qui ad aspettare qualcuno a cui raccontare questa storia. Ora che sei arrivato e ci hai ascoltato con tanta attenzione, non ci resta che finire di caricare il carretto e andarcene per la nostra strada.

Li ho visti alzarsi in silenzio e, con un bel sorriso sulle labbra, incamminarsi a passo lento verso la valle, dopo aver battuto le loro mani vigorose e contorte sulla mia spalla.

Non erano ancora scomparsi in mezzo al bosco che la voce di Giulia mi ha fatto sobbalzare. Dal salotto mi urlava: "Ma questo the sei andato a prenderlo in montagna?!".


Conosco da moltissimi anni il Dottor Alessandro Bottacci del Corpo forestale dello Stato, persona molto sensibile e attenta, il suo amore per la natura è ammirabile, oltre ad essere un profondo conoscitore con grande rispetto per questa.

simo






Alto è il prezzo quando si sfida per vanità il mistero della Natura - I. Sheehan

Piccolo Lupo
Utente Senior


Città: Cairo Montenotte
Prov.: Savona

Regione: Liguria


687 Messaggi
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Inserito il - 13 dicembre 2008 : 23:29:33 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Molto bello questo racconto, grazie Simo

"se avessi cinquantatre' minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana..."
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ninocasola43
Utente Super

Città: s.agnello
Prov.: Napoli

Regione: Campania


6360 Messaggi
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Inserito il - 14 dicembre 2008 : 00:18:06 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
come un'aristocratica dama tirava fuori marron-glacées da offrire ai suoi spasimanti, così ci proponi queste delizie
nin
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