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Galleria Tassonomica di
Natura Mediterraneo
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Autore |
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limbarae
Moderatore
Città: Berchidda
Prov.: Olbia - Tempio
Regione: Sardegna
12842 Messaggi Flora e Fauna |
Inserito il - 24 novembre 2008 : 10:50:30
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Salve a tutti. Oggi mi è venuta la brillante idea di aprire una discussione che vada al di fuori dello schema classico del: "Che cos'è questa? Questa è..." Vorrei invece aprire un lungo e proficuo dibattito su un argomento che a me sta molto a cuore e che negli ultimi tempi ha interessato trasversalmente alcuni utenti, soprattutto nuovi, del forum ed è quello delle piante alloctone. Parto da una frase che ho sentito pronunciare pochi mesi fa e che mi ha molto colpito. L'ha pronunciata un emerito e stimato professore universitario di Sassari e diceva più o meno così: "Ogni anno spero che il Limbara vada a fuoco, almeno scompariranno tutti quegli obbrobri di pinete deli anni '60". A prescindere dalla durezza della frase, questo concetto esprime il rammarico di chi ha conosciuto un monte diverso da quello che si vede oggi, in gran parte invaso da pinete artificiali che ne compromettono anche il sottobosco. L'inverno 2007-08 ha visto in questo monte molte nevicate con conseguente distruzione dei boschi, ma mentre ai lecci ed alle sughere si spezzavano le branche, i pini cadevano interi. Ne ho contati a decine, sradicati e orizzontali. La frase mi trova d'accordo non tanto sul fuoco quanto sulla compromissione degli habitat precedenti. Ormai, anche se pochi, gli aceri pseudoplatani stanno crescendo anche al di fuori delle aree di "forestazione", e poi l'ailanto, la robinia, etc. Quando sono stato in Argentina, nella regione di Misiones, ho vissuto con angoscia l'attraversamento di un tratto stradale di circa 200 km in cui non si vedeva altro che pinete artificiali dove prima c'era la giungla. Totalmente compromessa la biodiversità... Ma l'esempio vale anche per altre piante, badate bene, questo vuole essere un'esca per sapere cosa pensate voi delle introduzioni spesso fatte proprio da enti forestali che si dicono competenti. Ovvio che uno che vive in zone di mare potrà dire che il Carpobrotus acinaciformis sta degradando la flora litoranea, o un altro può esprimere rammarico per la tossicità del miele inquinato da Senecio inaequidens. Poi non so se è dappertutto così, quindi ogni parere è ben accetto. Usciamo per una volta dallo schema?
"strada diritta e core in fronte" Michel Fabrikant (1912-1989)
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theco
Utente Super
6116 Messaggi Tutti i Forum |
Inserito il - 24 novembre 2008 : 11:29:24
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Credo che il problema sollevato non sia molto semplice e vada visto in un'ottica generale.
Anche dalle mie parti esistono pinete artificiali che hanno in parte sostituito il querceto mesofilo, la differenza però è che non sono state piantate negli anni '60, ma all'incirca un paio di millenni fa (anche se originariamente era pino nero e oggi è pino domestico)
Il tempo di alloctonia crea qualche differenza? credo di sì... in entrambi i casi il pino non ha alcuna valenza ecologica, ma nel caso delle mie pinete ha avuto per millenni una valenza economica per la comunità e oggi conserva ancora una valenza culturale molto profonda per la gente. Tuttavia anche qui, nonostante siano passati due millenni, il pino se non fosse 'coltivato' non potrebbe sopravvivere e il bosco lasciato a se stesso tornerebbe in fretta verso la propria associazione vegetale autoctona.
Io non amo molto il pino, ma non posso nascondermi che un bosco, quando è inserito da lunghissimo tempo in un tessuto antropizzato, presenta aspetti culturali che non sono di secondo piano rispetto agli aspetti ecologici.
Concludo dicendo che è proprio grazie alla presenza del pino alloctono se la mia terra oggi possiede ancora un bosco planiziale, altrimenti il destino sarebbe stato il disboscamento, così come è accaduto per tutto il resto della pianura padana.
Ciao, Andrea |
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a p
utente ritirato in data 22.02.2012
9799 Messaggi
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Inserito il - 24 novembre 2008 : 11:56:32
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Il problema delle piante alloctone è interessantissimo, tant'è vero che una parte del regolamento sulle piante da determinare è diretto proprio a questo aspetto. Duilio (eliozoo) ha sollevato più volte questo problema. Uscire dagli schemi mi fa molto piacere, tanto più solamente chiedere la determinazione di una specie è altamente riduttivo. Quando determino infatti cerco sempre di introdurre elementi di fitosociologia (almeno per le piante alpine che conosco meglio).
Alessandro PD
Chi ama la Natura le lascia i suoi fiori |
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limbarae
Moderatore
Città: Berchidda
Prov.: Olbia - Tempio
Regione: Sardegna
12842 Messaggi Flora e Fauna |
Inserito il - 24 novembre 2008 : 14:10:00
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Io non ce l'ho col pino, anzi, il Pino marittimo di Corte (endemismo sardo-corso presente sul Limbara come relitto) è un albero bellissmo, che andrebbe selezionato e, questo sì, reintrodotto nelle aree da cui gli antichi incendi lo hanno scalzato. Io trovo però sgradevole il dover andare in montagna e trovare un bosco di P. pineae, abeti o di cedri al posto di una gariga o di una lecceta o della sughereta. Se è vero che gli animali, soprattutto per quanto concerne i pesci, introdotti nei nostri ambienti hanno creato dei danni alle popolazioni locali, questo si può riportare anche alle piante.
"strada diritta e core in fronte" Michel Fabrikant (1912-1989) |
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theco
Utente Super
6116 Messaggi Tutti i Forum |
Inserito il - 24 novembre 2008 : 14:37:13
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Nemmeno io ce l'ho con il pino e nemmeno a me piace trovare conifere in mezzo al querceto.
Volevo solo sottolineare che in certe situazioni, forse diverse da quelle che hai presentato tu, la presenza di una coltivazione boschiva alloctona ha consentito di trovare le motivazioni economiche per salvaguardare nel tempo un bosco, che in difetto sarebbe stato atterrato da secoli per creare terre coltivabili.
In questo senso la 'valenza ecologica' di quella specie alloctona è stata importantissima... non solo non ha fatto danni, ma ha svolto un ruolo fondamentale nella conservazione dell'ecosistema.
Forse tutto ciò non vale per i rimboschimenti recenti, ma credo che siano argomentazioni che vale la pena tenere presente quando si discute di 'pulizia botanica'.
Ciao, Andrea |
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fern
Utente Senior
Città: Vicenza
2346 Messaggi Flora e Fauna |
Inserito il - 24 novembre 2008 : 19:25:32
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Non sono affatto un esperto, ma l'argomento tocca in me un nervo scoperto e ne approfitto per qualche domanda. Il mio concetto di conservazione e' forse troppo restrittivo, ma certe introduzioni, effettuate in modo sistematico proprio da chi avrebbe il compito di proteggere i boschi non riesco a capirle. Valga un caso per tutti: sui Colli Euganei alcuni anni fa (non so quanti, ma era gia' parco regionale) ho visto un vivaio della "forestale". Ebbene, gli alberelli che ho potuto riconoscere erano tutti esotici (ricordo pino cembro, quercia rossa e, forse, acero negundo). Non posso giurare che fossero per riforestazione, ma il sospetto e' forte. In ogni caso mi piacerebbe sapere qual era il motivo per introdurre in passato tutti quei pini. Infine, spero che i pini introdotti a sproposito sui nostri colli finiscano per sparire (sono cosi' malconci per la processionaria che credo siano in regresso), ma con altre specie sara' difficile: penso in particolare all'ailanto e alla robinia, in continua espansione senza che si faccia nulla per constrastarle. Almeno nel caso della robinia, ho l'impressione che questa specie avanzi qualche decina di metri ad ogni taglio del bosco: non potrebbe bastare una "fascia di sicurezza" non disboscabile per fermarne l'avanzata? Scusate i miei pensieri in liberta'. Ciao,
fern |
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roggah
Utente Senior
Città: Nuoro
Prov.: Nuoro
Regione: Sardegna
548 Messaggi Tutti i Forum |
Inserito il - 24 novembre 2008 : 20:23:48
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Fern credo che i pini siano stati scelti per i rimboschimenti per la più elevata resistenza a differenti condizioni e una maggiore rapidità di sviluppo rispetto a molte piante autoctone. Si sarebbe potuta impiantare una macchia e favorire questa nel suo sviluppo. Il "favorire" (la manutenzione) potrebbe però esser stato un altro dei fattori che hanno fatto preferire le conifere.
Riguardo ailanto e robinia, in molte strade della Sardegna ai lati della carreggiata non si vedono che loro, persino ai piedi del M.te Albo, una delle zone più importanti dal punto di vista floristico ma anche paesaggistico (e le piante in questione nuocciono a entrambi). Inoltre la distribuzione lungo le strade (e non lontano da esse) non so se sia dovuta a un loro occupare una nicchia ormai vuota o a scellerati interventi di "riforestazione". Purtroppo debellare queste specie, come penso saprai, è assai difficile e non credo si sia trovato un sistema efficace su larga scala.
Altre "specie terribili" sono, in Sardegna: -il già citato fico degli ottentotti -gen. Eucalyptus -gen. Conyza -gen. Nicotiana -gen. Datura -il ricino -varie acacie -cipressi (in molti luoghi fanno ormai parte del paesaggio rurale...che ne pensate voi?) -Iris germanica e sicuramente altre che adesso mi sfuggono. (Questa pianta, che ogni tanto si vede anche in cale isolate, da dove proviene?: Link)
Ancora si potrebbe parlare dei danni al patrimonio genetico che piante "simili" ma di diversa provenienza causano alle nostrane. (L'Iris germanica si può ibridare con quali iris sarde, Limbarae?) |
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limbarae
Moderatore
Città: Berchidda
Prov.: Olbia - Tempio
Regione: Sardegna
12842 Messaggi Flora e Fauna |
Inserito il - 24 novembre 2008 : 20:49:51
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L'Aeonium arboreum è di origine Macaronesica (per intenderci le isole altantiche a largo della costa africana (Azzorre, Canarie, Capo Verde etc.). Nel Pignatti è dato per la Sardegna e per la Sicilia, ma di dubbio indigenato.
Per quanto riguarda l'Iris, non so se ibrida con altri, anche perché nella mia zona c'è solo lui e lo pseudoacorus nei corsi d'acqua.
Il fatto dei vivai forestali che non producono piante autoctone ha sempre sbalordito anche me...
"strada diritta e core in fronte" Michel Fabrikant (1912-1989) |
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Barbadoro
Utente Senior
Città: Casalecchio di Reno
Prov.: Bologna
Regione: Emilia Romagna
2494 Messaggi Flora e Fauna |
Inserito il - 29 novembre 2008 : 00:20:30
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La questione è complessa, forse più di quello che sembra, e merita un approfondimento. Vorrei tenerla "calda" e contribuire con qualche pensiero a ruota libera. Argomentazione empirica. Sul campo non ho mai visto robinie, ailanti, ambrosie (ecc. ecc.) conquistare “da sole” gli ambienti integri, ma espandersi prevalentemente in quelli disturbati e instabili (strade, ferrovie, cantieri, canali, alvei fluviali). E considero qualche pianta solitaria poco più di una curiosità floristica. I rimboschimenti, mi sembra, se non “governati” tendono più o meno lentamente a degradarsi. Chiaramente il mio è un punto di vista limitato, ma può costituire un tassello in una ricerca più ampia, comunque doverosa. Anche questo Forum fornisce il suo contributo di rilevazioni ed esperienze, che non snobberei. Argomentazione metaforico-sociale. Le piante alloctone come gli extracomunitari mettono a rischio la “nostra”integrità ecologica e culturale. Da qualche anno siamo ipersensibili alla questione “altri”, probabilmente perché stiamo ridefinendo la nostra identità, come comunità sociale e, perché no, ambientale. Argomentazione filosofica. Dice il maestro degli antropologi, C. Lévi-Strauss (ha appena compiuto 100 anni! Auguri!), che si può, e si deve anche, non ragionare in termini di anni o di secoli ma di millenni e decine di millenni: in questa prospettiva le pinete di Ravenna, le canne degli orti, i fiordalisi, vecchi alloctoni, non ci sembrano più tali, anzi ci preoccupiamo della loro scomparsa! Riflessione finale. Certamente il tempo è galantuomo e la diversità non deve spaventarci, ma è piuttosto una ricchezza. Una ricerca e una conoscenza senza pregiudizi sono alla base di ogni valutazione. Comunque sia, ciò che più conta, a mio parere, è la qualità dell’ambiente d’accoglienza e soprattutto la qualità di quello che progettiamo per i nostri nipoti. |
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limbarae
Moderatore
Città: Berchidda
Prov.: Olbia - Tempio
Regione: Sardegna
12842 Messaggi Flora e Fauna |
Inserito il - 29 novembre 2008 : 10:45:56
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Tutto vero però, oltre la ragionevole riflessione sulla nicchia che vanno ad occupare le infestanti alloctone che non sono poche, il problema che mi preme è quello di capire da dove origina cotanta esterofilia, passami il termine, che molti enti forestali dimostrano quando devono rimboschire. A parte la trita e ritrita storia che crescono più velocemente dei nostri, spiegatemi cosa ci fa un bosco di Pseudotsuga menziesii a 1250 m sul Limbara, dove un tempo c'era una gariga costituita da specie endemiche, con vegetazione erbacea quasi completamente endemica ed ora non ci cresce niente!
"strada diritta e core in fronte" Michel Fabrikant (1912-1989) |
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fern
Utente Senior
Città: Vicenza
2346 Messaggi Flora e Fauna |
Inserito il - 02 dicembre 2008 : 18:48:51
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Riferendomi all'argomentazione filosofica e a quella metaforico-sociale, penso sia soprattuto una questione di memoria, personale e storica: considero naturale quel che mi e' famigliare fin da piccolo e innaturali i cambiamenti sopravvenuti. Molte persone non penserebbero mai all'olmo come una delle piante piu' belle e maestose della nostra campagna, ma per me la loro "scomparsa" e' stata un'esperienza traumatizzante. In compenso, quando ho visto per la prima volta Senecio inaequidens, dove ero andato ad abitare, pensavo fosse un'interessante specie locale! Cio' premesso, il difetto principale di certi argomenti e' che sono "facili": ovviamente un ambiente "naturale", non modificato dall'uomo non esiste da secoli, forse millenni; ovviamente certe cose sono sempre avvenute e non e' stato poi 'sto gran disastro, ecc. Facile, anzi facilissimo, trovare aspetti sociologici, ma non capisco perche' non dovrebbe preoccuparci la biodiversita'. Obiettivita' di giudizio non significa indifferenza. Il fatto che certe cose siano gia' avvenute, che per certi aspetti siano inevitabili, non lo trovo un motivo di consolazione, anzi!
| la diversità non deve spaventarci, ma è piuttosto una ricchezza |
Il paragone con gli immigrati ("extracomunitari" ha assunto un significato negativo e non lo voglio usare) e' come minimo fuorviante: l'introduzione del pesce siluro e del gambero della Virginia nelle nostre acque, o di Dreissena polymorpha nei laghi USA, per citare specie che stanno alterando profondamente molti ecosistemi dulciaquicoli, li consideri veramente un arricchimento? In campo vegetale forse non e' cosi' grave ma quando osservo un boschetto di robinie praticamente puro sui nostri colli, come fosse la scarpata di una ferrovia, se fosse in mio potere farei qualcosa. Sospetto che si possano attuare serie misure di contenimento a "costo zero", solo con un po' piu' di attenzione e a volte l'ostacolo principale sono proprio argomentazioni come quelle citate, che hanno sicuramente una loro validita' ma si prestano a pericolosi fraintendimenti. Questo mio e' un "pregiudizio", come lo e' in fondo ogni scelta di campo e ogni decisione sui valori e per me la biodiversita' e' un valore, anche se non certo l'unico. Ciao,
fern
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elleelle
Moderatore Trasversale
Città: roma
Regione: Lazio
32954 Messaggi Flora e Fauna |
Inserito il - 02 dicembre 2008 : 21:41:02
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Condivido quello che è stato detto. Per cercare dei punti di convergenza, mi sembra che siamo tutti d'accordo sul fatto che il modo di gestire i vivai della Forestale è anacronistico e andrebbe cambiato, perché certe regole e modi di intervenire sono nati quando di biodiversità non si parlava ancora.
Così come sarebbe anacronistico continuare a fare ripopolamenti di cinghiali e fagiani (dico sarebbe sperando che non si facciano già piu ...).
La sostituzione dei boschi litoranei con le pinete mi lascia un po' indeciso. In effetti, sono modifiche apportate dall'uomo, ma si tratta di un'aggiunta, più che di una sostituzione, perché di boschi originari ce ne sono ancora, e sono boschi che non tendono a propagarsi, ma, anzi, come è stato detto, ad arretrare. E, indubbiamente, sono molto belli.
Invece, sarei molto determinato con la robinia e, soprattutto, con l'ailanto. Dico soprattutto, perché, mentre la robinia si espande sostanzialmente per prossimità, l'ailanto è capace di far spuntare una nuova pianta a 100 metri dalla pianta madre (casi documentati a Roma) passando sotto il manto stradale, e quindi è una sorta di mostro da film horror.
Per concludere, visto che in questa discussione manca il colore, introduco una foto del Limbara, lato Tempio, che rappresenta una pianta che non conosco. Bella, ma strana, e, immagino, alloctona.
luigi
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limbarae
Moderatore
Città: Berchidda
Prov.: Olbia - Tempio
Regione: Sardegna
12842 Messaggi Flora e Fauna |
Inserito il - 03 dicembre 2008 : 11:33:09
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La Genista aetnensis è un endemismo sardo-siculo che è stato utilizzato spesso come ornamentale in Sardegna. Gli esemplari più grandi conosciuti per la Sardegna (naturali), dovrebbero essere quelli che crescono alle falde del Limbara, lungo un fiume tra Berchidda ed Oschiri Uno in particolare è alto una dozzina di metri ed ha un tronco di quasi 2 metri di circonferenza. Quando posso lo posto. Quelli di Tempio Pausania (nella foto), lungo la SS 392 e nel primo tratto di salita per Vallicciola, sono tutti introdotti a scopo ornamentale. Almeno in questo caso non è stato introdotto un albero alloctono. Ma tutto intorno non vedi altro che un intero versante montuoso completamente o quasi rinverdito a pini. Se i pini hanno svolto un meritorio compito nel crescere e non far provocare danni alla stabilità dei suoli, ora potrebbero essere sostituiti gradualmente dai vecchi padroni, ma questo non si fa ancora, o se lo si fa, lo si fa poco.
"strada diritta e core in fronte" Michel Fabrikant (1912-1989) |
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elleelle
Moderatore Trasversale
Città: roma
Regione: Lazio
32954 Messaggi Flora e Fauna |
Inserito il - 03 dicembre 2008 : 11:36:30
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Aggiungo il dettaglio di una pianta più giovane. meno male che almeno è autoctona"
luigi
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Modificato da - elleelle in data 03 dicembre 2008 11:37:44 |
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