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 L'UOMO E LA NATURA: SCIENZA CULTURA ED ETICA
 La biodiversità, come spiegarla alla parrucchiera?
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raf
Utente Junior


Città: Roma
Prov.: Roma

Regione: Lazio


56 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 19 novembre 2007 : 17:02:56 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Noto con piacere che la discussione si è ulteriormente ampliata: si sta affrontando il problema della comunicazione in tutte le sue sfumature!
Condivido i discorsi di gregor e di ang:
La conoscenza e la consapevolezza della moltitudine di specie vegetali e animali che ci circondano è l'inizio di quel processo di comprensione, a mio avviso del tutto personale, che porta ad intuire e a capire, anche se a non poter spiegare, cos'è la biodiversità e quanto vale

E' importante conoscere il nome di ciò che incontriamo, ma ai fini pratici, per la persona meno esperta di biodiversità, probabilmente è più utile e più interessante avere -anche poche- informazioni di ecologia.
L'importante è saper suscitare nell'ascoltatore l'interesse per il concetto di biodiversità: a quel punto sarà lui (o lei, se è la parrucchiera ) ad iniziare a porsi delle domande.
Nel campo delle scienze, come in qualunque altra cosa (e qui andiamo sul piano filosofico ), credo che la base di tutto sia la curiosità, che ci spinge a chiederci perchè.
Una volta innescato questo processo, sarà naturale voler sapere perchè esistono tante specie, perchè una margherita è diversa da una quercia, perchè tutte le specie sono necessarie....perchè si parla tanto di biodiversità!
Una volta che si sia suscitato tale interesse, allora risulteranno utilissimi gli strumenti di cui parlava il prof. Nimis, che permettono a chiunque di ottenere con facilità informazioni importanti, senza ricorrere agli esperti.
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rafinesque
Utente nuovo

Città: Brescia

Regione: Lombardia


12 Messaggi
Tutti i Forum

Inserito il - 05 marzo 2008 : 15:06:26 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Complimenti per l’argomento, davvero interessante.

Si è parlato del modo più efficace per permettere a parrucchiere, boscaioli, arredatori, agricoltori etc - in una parola: persone esterne al mondo scientifico - di cogliere l’importanza della biodiversità. Problema pressante da affrontare con una corretta educazione ambientale.
Non vorrei divagare troppo rispetto al tema di partenza tuttavia mi pare che questo sia solo una parte del problema. Se è vero infatti che molti al di fuori dell’ambiente scientifico ignorano le problematiche legate alla tutela della biodiversità, è a mio parere altrettanto evidente che persino in seno alla “comunità scientifica” sono da tempo in atto processi volti a relegare ai margini le scienze naturali.

Per dare corpo alla “biodiversità” sarebbe necessario identificare e descrivere accuratamente quante più specie possibile. Eppure, lo sappiamo tutti, i lavori di sistematica/tassonomia hanno enormi problemi ad essere pubblicati sulle migliori riviste scientifiche. Persino le riviste di settore pretendono che le eventuali nuove specie proposte siano caratterizzate in base a criteri molecolari, perché il tradizionale approccio morfologico è sempre più spesso giudicato inadeguato o “poco scientifico”.
Inutile negare che nella lotta per i fondi di ricerca i naturalisti “vecchio stampo” (quelli che secondo molti si limiterebbero a “giocare con gli animali”) siano in grave difficoltà rispetto ai ricercatori che operano in altri settori della scienza. E anche tra gli scienziati, credo sarebbero molti coloro pronti a sostenere che è molto meglio finanziare uno studio su (poniamo) le citochine coinvolte nei processi infiammatori piuttosto che permettere a qualche zoologo di raccogliere nuovi anfibi in Madagascar. Da questo discende l'importanza che i "dilettanti" hanno nelle ricerche naturalistiche.
Ho ancora in mente la scena di un professore di genetica che derideva la tesi di un laureando in scienze naturali che aveva osato presentarsi al suo cospetto con un “banale” elenco di specie di molluschi (“conchiglie”) raccolte in alcune località del tirreno, senza uno straccio di analisi molecolare..

Insomma, è da tempo in atto una divaricazione tra scienze considerate di punta (medicina-genetica,fisica), degne di considerazione e fondi (scarsi in ogni caso per la verità) e scienze considerate, sempre più spudoratamente, di “seconda fascia" (zoologia, paleontologia, botanica).
Di fronte a questa incredibile discriminazione (e alle drammatiche conseguenze da essa prodotte) mi pare che il problema della parrucchiera che disconosce il significato della biodiversità sia (relativamente) minore se persino l'uomo di scienza è vittima di questa cecità.

saluti e complimenti per Forum davvero splendido

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elleelle
Moderatore Trasversale

Città: roma

Regione: Lazio


32907 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 21 marzo 2008 : 14:17:51 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Vorrei rilanciare con un altro aspetto del problema. Secondo me, dopo una parabola che si è sviluppata per 40 anni, passando dalla protezione delle singole specie a rischio alla difesa degli ecosistemi, il problema che abbiamo oggi non è più solo la mancanza di sensibilità nei confronti dell'ecologia, ma anche la cattiva informazione e l'ignoranza inconsapevole.
E' successo così anche per tante idee, anche in campo etico e politico, che hanno faticato ad imporsi in passato: all'inizio il problema è il rifiuto dell'idea; in seguito il problema è diventato il degrado di quell'idea.
Uno dei malintesi più frequentiin campo ecologico è confondere la quantità con la diversità: tanta gente si rallegra per la numerosità di gabbiani reali e cornacchie grigie, senza rendersi conto che quegli uccelli, assidui predatori di uova e nidiacei, oltre che grandi mangiatori di artropodi e rettili, mettono a rischio la sopravvivenza delle altre specie quando sono troppo numerosi.
Qualche giorno fa, al Bioparco di Roma, ho osservato la sezione dove sono allevati gli uccelli che qualcuno ha raccolto feriti e che sono tenuti lì in attesa di un'improbabile reintroduzione in natura. C'era un falco pellegrino, una poiana, un allocco, un barbagianni, un gheppio e, infine, una quindicina di gabbiani reali! Che senso ha pensare di reintrodurre in natura i gabbiani?!
Secondo me, oggi, oltre ai nemici tradizionali della natura come l'industrializzazione, l'inquinamento, la cattura di specie rare, ci sono anche altri nemici più subdoli, perché non sono falilmente riconoscibili.
Per esempio, l'introduzione di specie non autoctone, a seguito della liberazione di animali "da compagnia" o da allevamento, e il foraggiamento incontrollato di specie invadenti attraverso i rifiuti organici e gli avanzi della pesca e dell'agricoltura. E, infine, la mancanza di coraggio quando viene il momento di fare i pompieri.


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nimispl
Utente Senior

Città: Trieste
Prov.: Trieste

Regione: Friuli-Venezia Giulia


2313 Messaggi
Tutti i Forum

Inserito il - 21 marzo 2008 : 15:10:09 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
...ho letto adesso il messaggio di rafinesque: non è che mi trovo molto d'accordo.
I nuovi metodi molecolari sono uno strumento fantastico per il sistematico serio, che non può ignorarli: quando Giovan Battista Amici, nella prima metà dell'800, introdusse il nuovo microscopio a lenti acromatiche, c'erano insigni "sistematici" che si rifiutavano di usarlo (tipico il caso di Nylander). E poi anche la solita storia che i "naturalisti" non riescono a pubblicare su buone riviste non è affatto vera: se il lavoro è buono la rivista internazionale che lo pubblica la si trova, eccome! Il problema semmai è un diffuso provincialismo dei "naturalisti" delle università italiane, accentuato da una dissennata politica concorsuale negli anni passati: le solite cordate paramafiose facevano il possibile per piazzare i "loro" candidati ovunque, senza molto riguardo per la produttività scientifica dei candidati. All'inizio ha funzionato ed hanno riempito le varie sedi di "naturalisti", adesso invece tutta questa "zavorra" pesa a tal punto in molti Dipartimenti (dove ogni nuovo posto va concordato con i colleghi di altre aree), che alcune discipline "classiche" rischiano di estinguersi.
Ma qui io direi: chi è causa del suo mal, pianga se stesso...
ciao a tutti
PL
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ang
Moderatore


Città: roma

Regione: Lazio


11319 Messaggi
Tutti i Forum

Inserito il - 22 marzo 2008 : 01:22:04 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
visto che si parla di molluschi e di metodi molecolari...
non mi occupo per lavoro di molluschi ma me ne interesso da molto tempo; in questo campo, come immagino anche negli altri, l'avvento della biologia molecolare ha rivoluzionato l'assetto di molti gruppi specie, permettendo da un lato di portare in sinonimia taxa non validi circoscrivendo quindi meglio il range di variabilità di una specie, e dall'altro di scoprire che quella che un tempo veniva considerata un'unica specie è in realtà un pool di specie criptiche. Questo è un apporto fondamentale se si vuole affrontare il discorso della biodiversità e della protezione delle specie vulnerabili.
Un altro aspetto fondamentale della biologia molecolare è quello di dare una misura della distanza genetica tra specie, permettendo sia di costruire alberi filogenetici, ma soprattutto di relazionare popolazioni e territorio in un discorso biogeografico per comprendere ad es la dinamica del popolamento, discorso in cui anche la geologia va a rivestire un ruolo fondamentale.
Questo non implica certo che la biologia molecolare mandi a casa l'anatomia comparata, visto che per quanto ne so le specie nuove continuano ad essere descritte sempre alla vecchia maniera e cioè su base morfologica.

ciao

ang
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rafinesque
Utente nuovo

Città: Brescia

Regione: Lombardia


12 Messaggi
Tutti i Forum

Inserito il - 29 marzo 2008 : 18:53:02 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
E poi anche la solita storia che i "naturalisti" non riescono a pubblicare su buone riviste non è affatto vera: se il lavoro è buono la rivista internazionale che lo pubblica la si trova, eccome!

Per quanto ne so molte riviste di sistematica rifiutano la pubblicazione di lavori basati sulla sola morfologia; questi lavori finiscono quasi invariabilmente su Annali o Bollettini locali al di fuori del sistema di Impact Factor codificato dall'ISI (Institute of Scientific Information). E perfino le migliori riviste di sistematica infarcite di "molecolare" hanno valori di Impact factor piuttosto bassi.

In ambito paleontologico la situazione è, se possibile, ancora peggiore. Nessuno (credo) potrà negare la buona-ottima qualità di una rivista come il Journal of Paleontology, che tuttavia si ritrova un IF intorno a 0.850 (mentre la più mediocre rivista di medicina non scende di solito sotto 1.5)...

Quel che voglio dire è che la "discriminazione" tra discipline scientifiche cui accennavo nel mio messaggio è frutto di un sistema di valutazione, quello dell'Impact Factor, che funziona molto poco per la tassonomia/sistematica. Se teniamo conto che nella mentalità corrente l'IF è considerato metro della "qualità" della produzione scientifica (e finisce col condizionare l'attribuzione dei fondi), ecco che la ricerca naturalistica viene di fatto ad essere rubricata come scienza di seconda (o terza) fascia.
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ang
Moderatore


Città: roma

Regione: Lazio


11319 Messaggi
Tutti i Forum

Inserito il - 29 marzo 2008 : 23:24:22 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
l'impact factor è un modo per dare un punteggio sull'autorevolezza di una rivista, ma il problema è che in un unico numero ci sono condensate forse troppe informazioni e alla fine quello che accade è che non puoi comparare gli IF di riviste che si occupano di campi diversi; ad es. ai valori che citavi aggiungo il paradosso per cui le riviste di matematica hanno IF abbondantemente sotto a 1...

ciao

ang
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Acipenser
Utente Senior


Città: Francoforte sul Meno
Prov.: Estero

Regione: Germany


1668 Messaggi
Tutti i Forum

Inserito il - 25 marzo 2010 : 01:17:41 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
La presente discussione è stata recuperata dalla vecchia versione di L'UOMO E LA NATURA: SCIENZA CULTURA ED ETICA; prima di intervenire si prega di leggere qui.

Buon proseguimento.

Tautò tèni zon kài
tethnekós kai egregoròs
kai kathèudon kai nèon kai
gheraiòn tade gàr
metapésonta ekéina ésti
kakèina pàlin táuta.

Eraclito, Frammenti, 88; Di passaggio, Franco Battiato.
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