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theco
Utente Super




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Inserito il - 14 dicembre 2017 : 17:21:40 Mostra Profilo  Apri la Finestra di Tassonomia

Non ho mai letto nulla sull'argomento, ma la questiome mi incuriosisce e immagino che sia stata affrontata.

Si tende a dare per scontato che il ritrovamento di un guscio in una tanatocenosi significhi con buona approssimazione la presenza di quella specie in zona, ma a quale distanza dal suo habitat può arrivare un guscio dopo la morte dell'individuo?

Naturalmente mi riferisco ai microgasteropodi il cui guscio dopo la morte deve comportarsi come un normale clasto, sottoposto quindi alle normali dinamiche di trasporto e sedimentazione. La granulometria della sabbia grossolana arriva fino alla dimensione di 2 mm e dal punto di vista dinamico un guscio di quelle dimensioni è quindi equiparabile ad un granello di sabbia. L'unica differenza che mi viene in mente è il fatto che in questo caso il clasto è ripieno di acqua (o di aria) e ha quindi un peso specifico molto inferiore (quando non addirittura una spinta alla prevalenza), che mi fa pensare ad una sua migliore predisposizione al trasporto, forse più simile a quello di un clasto argilloso, cioè di pochi micron di diametro.

Se questa supposizione fosse vaida sarebbe logico attendersi che, sottoposto alle normali correnti, un guscio possa depositarsi definitivamente anche a distanze ragguardevoli rispetto alla sua origine, dell'ordine anche di centinaia di chilometri. Dalle mie parti la corrente lungo costa ha direzione da sud verso nord e quindi poteri aspettarmi di trovare davanti a Ravenna gusci di microgasteropodi vissuti per esempio sotto le falesie del monte Conero, in un habitat completamente diverso.

Suppongo che il limite alla mobilità sia però imposto dalla fragilità dei gusci, il trasporto nelle correnti marine assomiglia più ad un autoscontro che ad un comodo freccia rossa e quindi è probabile che già dopo distanze assai più brevi il guscio in questione sia in briciole.

Avete qualche esperienza in proposito? Mi riferisco a ritrovamenti in situazioni ambientali incompatibili con l'habitat della specie trovata.

Ho cominciato a ragionare su queste cose trovando un guscio di Trivia a Ravenna, abbastanza malmesso da escludere una morte recente ma al tempo stesso di difficile collocazione su un fondale sabbioso. Quanta strada avrà mai potuto fare? Considerando tra l'altro che la forma e la consistenza delle Trivia si prestano assai bene a resistere all'abrasione.

A volte usiamo il termine subfossile per definire situazioni simili, ma è un termine ambiguo, al quale non so attribuire un significato preciso.
In un fossile il materiale originario ha subito processi di sostituzione e ricristallizzazione, in un certo senso un fossile è solo l'impronta (fedele) dell'organismo originario e per crearlo, oltre che particolari condizioni ambientali, servono anche tempi molto lunghi (dell'ordine delle centinaia di migliaia di anni).
Nel caso della mia Trivia siamo di fronte ai resti originali di un organismo, che ha probabilmente subito fenomeni di trasporto prolungati, ma di un ordine di grandezza nemmeno paragonabile. Quando mai potrà essere vissuta la mia Trivia? Già ipotizzare qualche anno di tempo mi sembra forse esagerato.

A dire il vero esiste anche un'altra possibilità. Cioè che mia Trivia sia il risultato di una deposizione secondaria. A partire dal dilavamento di un calanco appenninico un fossile pliocenico (che in questo caso giustifica pienamente la condizione fossile) viene trasportato fino alla costa e qui depositato in un sedimento attuale, un clandestino vissuto quattro milioni di anni fa nel bel mezzo di un letto di Lentidium vissuti l'altro ieri.

Viste però le condizioni e la permanenza del colore originale questa seconda ipotesi mi convince meno. In conclusione penso che la mia Trivia possa essere vissuta nella zona rocciosa del Conero, magari solo due o tre anni fa, e che quindi il suo ritrovamento non significhi affatto che la specie viva nelle acque di fronte a Ravenna. Che ne dite?

Se qualcuno è interessato a vedere la mia Trivia può vederla qui Link

Estuans Interius
Moderatore

Città: Pisa
Prov.: Pisa

Regione: Toscana


2987 Messaggi
Biologia Marina

Inserito il - 15 dicembre 2017 : 13:09:39 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Io sarei meno drastico sull'effetto "sbriciolante" da parte delle correnti marine. Ho personalmente trovato, in classici fondi a pteropodi oltre i 1000 metri (fino a 3000 circa) non solo qualche individuo di specie batiali bentoniche, ma anche conchiglie di specie strettamente costiere e legate ad ambienti molto superficiali, come Myosotella myosotis. Le Myosotella trovate nell'Egeo profondo sono in condizioni altrettanto buone di quelle spiaggiate al Calambrone - dove presumibilmente vivono.
Credo che in alcuni casi le conchiglie possano viaggiare molto e arrivare in condizioni piuttosto buone.

Joachim
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mitra
Utente Senior


Città: copertino
Prov.: Lecce

Regione: Puglia


1458 Messaggi
Biologia Marina

Inserito il - 18 dicembre 2017 : 12:24:50 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
La corrente superficiale prende in carico soprattutto materiali estremamente leggeri (tipo argille) non essendo una corrente molto forte...nel bacino adriatico procede sostanzialmente dalle coste slave verso nord e poi segue la linea di costa italiana da nord a sud tanto che i materiali portati in mare dal Po arrivano fino al gargano...non penso che i gusci dei molluschi facciano tanta strada, per lo meno quelli non prettamente litorali, mi pare di ricordare dagli studi universitari, ahimè ormai sempre più lontani, che al di sotto di una certa profondità il fondo non risente della corrente superficiale, perchè, appunto "superficiale".

Daniele
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