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 FUNGHI VELENOSI
 Vittadini e i funghi tossici
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Alessio
Utente V.I.P.


Città: Livorno
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Regione: Toscana


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Inserito il - 19 luglio 2006 : 15:03:58 Mostra Profilo  Apri la Finestra di Tassonomia

…che ne dite se in questa afosa giornata di Luglio ci affacciamo un attimo alla finestra della Storia della micologia e prendiamo un poco di fresco (mamma mia che poesia…) riscoprendo l’importante contributo italiano alla micotossicologia ?

Nel 1835, a Milano, il medico e micologo Carlo Vittadini, uno degli autori ottocenteschi che maggiormente hanno influenzato la micologia europea ed ancora oggi si segnalano per la precisione dei loro lavori , pubblicava il libro “Descrizione dei funghi mangerecci più comuni dell’Italia e de’ velenosi che possono co’ medesimi confondersi”.
Nella prefazione di questo bel volume, che ho potuto consultare alcuni anni fa presso l’Orto Botanico di Lucca, il Vittadini enunciava in modo chiaro e sintetico il programma ed il metodo di lavoro che caratterizzavano la sua opera di micologo e medico: “I funesti accidenti, che assai di frequente nascono dall’uso inconsiderato dei funghi, mossero in ogni tempo i medici ed i naturalisti a fare attento studio intorno a questa classe di piante […] Datomi da parecchi anni allo studio della micologia, io pure rendo di pubblica ragione il frutto delle mie fatiche [con il] principale scopo […] di far conoscere col mezzo di esatte descrizioni, accompagnate colle rispettive figure, le diverse specie dei funghi mangerecci più comuni d’Italia e d’insegnare a distinguerle dalle velenose”.
Il Vittadini voleva quindi, rifacendosi alle parole del Bulliard riportate nell’antiporta del volume (“est bien plus sur le prevenir les maux que de speculer sur le moyens si souvent incertains de les guerir”), più che curare le intossicazioni da funghi e le loro drammatiche conseguenze, utilizzando lo studio e la ricerca sul piano scientifico, l’informazione e la divulgazione sul piano didattico.
Dal volume è bandita ogni preoccupazione sistematica: le specie sono presentate in modo casuale, senza raggruppamenti, ma con una accuratezza scientifica ed una attenzione per le caratteristiche morfologiche, biologiche, ecologiche, tossicologiche, lessicali, bibliografiche e persino gastronomiche che non si riscontrano in altre opere similari dell’Ottocento (e di molte anche più recenti…). Lo scopo divulgativo dell’opera è sottolineato anche dall’uso della lingua italiana e non del latino e dall’ampio uso di tavole illustrate di pregevole fattura.
Trattandosi di determinare se sia o no venefico un fungo non ho prestato fede alla semplice testimonianza degli autori, ma l’ho sempre sottoposto a nuove esperienze. Ed infatti, oltrché non è sempre possibile l’assicurarsi colle sole descrizioni, ordinariamente troppo concise od inesatte, dell’identità delle specie descritte con quelle che si descrivono, chi vorrà accontentarsi in una materia di tanta importanza, ove si corre il pericolo per un leggiero abbaglio di perdere la vita, di asserzioni per lo più vaghe, arbitrarie, e spesso anche contraddittorie ?”
Piuttosto attuale, non pensate ? Per evitare confusioni il Vittadini quindi descrive ed illustra i funghi “dal vivo”: “In tal guisa opeando, qualora pure mi fossi sbagliato nel determinare una specie, l’errore si limiterebbe solo al nome, e niun danno al certo ne ridonderebbe a colui che, trattandosi di specie da me proposta come mangiativi, ne facesse uso come alimento”.
Per essere sicuro delle sue affermazioni il Vittadini, da buon scienziato (per cui la conoscenza diretta è la base primaria della ricerca), sperimenta l’effetto dei funghi ritenuti tossici o velenosi sui cani, osservando i sintomi, il decorso del male e sottoponendoli poi ad eventuale autopsia. A volte assume egli stesso – rasentando l’incoscienza - piccole porzioni di funghi sospetti, come l’Armillariella mellea o l’Amanita vaginata, dimostrandone la non tossicità, pur in presenza di scarse qualità gastronomiche.
Il suo metodo è così veritiero e preciso che per primo riconosce l’assoluta innocuità dell’Amanita citrina, distinguendola nettamente dall’Amanita phalloides: una verità che necessiterà di quasi cent’anni prima di affermarsi definitivamente !
Come detto poco prima, la sua iniziativa sfiorava spesso l’incoscienza: il Vittadini masticò anche pezzi di Amanita verna ! Un esperienza notevole, tanto da indurlo a scrivere che questo fungo primaverile è: “senza dubbio la specie più perniciosa di questa famiglia” !
E proprio alle conseguenze del consumo di A. verna che Vittadini dedica un lungo paragrafo che qui in parte trascrivo:
Giovanna Ballerini, montanara d’anni 26, moglie di Luigi Dodici, nativa di Brugnello, Stato Sardo, e domiciliata in Lardirago, distretto di Belgiojoso, provincia di Pavia (città presso la cui Università il Vittadini aveva svolto l’incarico di assistente fino a 1831), mangiò alla sera del 19 maggio 1831, in compagnia di suoi due nipoti, Giuseppe Ballerini di anni 6, e Maria di anni 12, buona copia d’Agarici di primavera, cotti nella minestra.
Erano dessi stessi colti nel vicino bosco della Rossa, e da quella scenturata probabilmente scambiati con i Prugnoli
[…] All’indomani allontanassi Giovanna da casa, come era suo costume, onde provvedere ai propri bisogni; ma trascorse alcune ore venne assalita da forte oppressione all’epigastrio, da nausee, da conati di vomito, e costretta infine verso il meriggio dalla gravezza del patire a tornarsene a casa, ove trovò dallo stesso male tormentati anche i nipoti.
I principali fenomeni morbosi che presentavano quegli infelici erano: nausee continue, dolori acutissimi allo stomaco ed alle intestina, deliqui frequenti, convulsioni
[…] Chiamato in loro soccorso il sig. dott. Luigi Casorati, medico condotto del luogo (leggendo queste righe con le precise segnalazioni di nomi e cognomi mi è venuto in mente Camilleri…che Vittadini soffrisse di quello che il commissario Montalbano chiama “complesso dell’anagrafe” ?), mio collega ed amico, s’adoperò ma invano per sostare il vomito ed il colera [leggesi diarrea], che specialmente in Maria e in Giovanna andavano sempre più imperversando.
Le bevande mucillagginose, il latte, gli oppiati, le fomentazioni ammollienti sull’addome a nulla giovarono. Si tentò la sanguigna, ma anche questa senza effetto.
Alle ore 7 del mattino del giorno 21, 38 ore circa dopo l’ingestione del fungo, Giuseppe, che si era ostinatamente rifiutato ad ogni medicina, non era più; ne è migliore sorte incontravano Maria e Giovanna, che tradotte all’ospedale di Pavia, nonostante i soccorsi che vennero loro prodigati, perivano nella stessa giornata fra le più terribili angosce, e senza perdere gran fatto l’uso dei sensi, la prima verso il meriggio, l’altra verso le sette pomeridiane
”.
Vittadini descrive precisamente i tempi dell’intossicazione, i sindromi gastrointestinali (dolore epigastrico, vomito, coliche addominali, diarrea) e quelli generali (difficoltà respiratorie, tachicardia, sudori freddi), “sopravvenendo poi poi la sincope, granchi [crampi] alle membra, indi convulsioni generali o parziali, il trismo, lo spasmo cinico, il singhiozzo, l’eccamplsia, l’epilessia, il tetano, l’itterizia, la midriasi, le vertigini, un delirio allegro o malinconico, il sopore [dopo di che] l’individuo soccombe fra gli accessi di una forte convulsione”.
L’autopsia mostrava lesioni all’apparato digerente e congestione sanguigna nelle meningi cerebrali, danni causati dal veleno fungino e causa dell’atroce morte degli sventurati: “la membrana mucosa del tubo gastro-enterico presenta segni […] di pregressa flogosi, injezioni, soffusioni, macchie cancrenose, delle ulcere [fino a] sfacelo […] Il fegato, la milza, i polmoni per lo più ingorgati dall’altro sangue […]. Le membrane del cervello e del midollo spinale sempre più o meno rosse, e non di rado enormemente injettate; la sostanza midollare [bianca] del cervello punteggiata di rosso, e talora rammollita […]. Consimili lesioni si rinvengono anche nei cadaveri degli animali”.
Infine vengono le considerazioni sui metodi di cura, limitati e poco utili, legati alle idee dominanti di Giovanni Rasori: la teoria dello stimolo e del controstimolo, che imponeva l’uso di sostanze (vino, emollienti caldi, revulsivanti) nella malattie asteniche (debolezza, malfunzionamento doloroso degli organi interni) e l’uso di sostanze controstimolanti (emetici, purganti, digiuno, salasso) nelle manifestazioni steniche (febbre, pressione alta, disturbi digestivi).
“La prima indicazione e la più urgente alla quale deve soddisfare il medico chiamato a soccorrere un avvelenamento da funghi, si è quella di procurare sollecitamente e con tutti i mezzi possibili l’evacuazione del veleno, onde
[…] impedire l’assorbimento del principio deleterio. Nella maggior parte de’ casi la salvezza dell’ammalato dipende unicamente dalla prontezza con cui si eccita il vomito
Vittadini indica come emetici il tartarato stibiato, medicinale caro al Rasori, ed il solfato di zinco o di rame; come purganti il decotto di cassia, di tamarindo, l’infuso di foglie di senna o gli enterocliti preparati con miele ed infuso di senna o tabacco.
Ma gli emetici quanto i purganti – avverte – sono controindicati quando vi sono segni di forte irritazioni alle vie digerenti. In tal caso bisogna combattere l’eretismo di queste parti cole mezzo di bevande tiepide, emollienti, mucillagginose, coll’acqua bollita, con qualche emulsione, o con qualche soluzione satura di gomma arabica, collo sciroppo di viole, d’altea, colle fomentazioni anodine sull’addome, con clisteri fatti con decotto di malva o di semi di lino; coll’applicazione delle sanguisughe dell’epigastrio e, quando l’acutezza dei dolori lo esige, anche con le cavate di sangue generali [salassi]. Se poi ai suddetti sintomi si associassero anche i segni di imminente congestione cerebrale; se gli spasmi, le convulsioni violente, il delirio, il coma annunziassero l’esaltazione del sistema nervoso, oltre alle cavate di sangue generali si ricorrerà anche all’applicazione delle sanguisughe alle tempia, alle effusioni d’acqua fredda al capo, ai bagni universali”.
Con il buon senso del medico pratico, ammonisce poi “che non si farà uso [di tale metodo] cotanto preconizzato […] quando o per l’insufficienza degli apparati soccorsi, o per la natura istessa del veleno, l’ammalato si trovasse in uno stato di reale debolezza” e conclude che “durante la convalescenza si prescriva all’ammalato un regime severo di latticini, creme di riso, fecola di pomi di terra, brodi leggeri”.
In Vittadini, come già detto, la preoccupazione sanitaria del medico per l’individuo che soffre e l’azione sociale tesa ad evitare inutili morti si fondono squisitamente con l’interesse naturalistico dello scienziato. L’impatto dell’opera sarà tale da portare ad un secondo trattato più conciso, pubblicato nel 1844 con il titolo “Trattato su’ funghi mangerecci più conosciuti e paragonati con quelli velenosi con cui possono essere confusi”, stimolata da Giannelli – responsabile dei problemi medici del governo milanese: una guida chiara e sicura da distribuire ai medici condotti e a tutti coloro che avevano il compito di vigilare sulla salute pubblica.
La grande considerazione che Vittadini si era giustamente guadagnato nel campo delle micologia con i suoi lavori non gli procurò particolari benefici professionali.

Nato nel 1800 da semplici fittavoli (origine umile che caratterizzerà la vita di Carlo, con la Natura come dimensione con cui relazionarsi e la semplicità come filo conduttore), Vittadini riesce a laurearsi nel 1826 sotto Giuseppe Moretti, titolare della Cattedra di Botanica all’Università di Pavia, con una tesi sulle caratteristiche micologiche e tossicologiche del genere Amanita, pubblicata con il titolo di “Tentamen mycologicum seu Amanitarum illustratio”. Facendo suo l’invito del Fries che esortava i naturalisti italiani allo studio dei funghi ipogei, inizia ad occuparsi di questi funghi. Nel 1831 pubblica “Monographia Tuberacearum”, opera di grande attualità scientifica. In quello stesso anno, terminato l’incarico quadriennale di assistente presso l’Università di Pavia (come accennato in precedenza), Vittadini si era trasferito a Milano intraprendendo la carriera di medico: pur cercando di adempiere in tutti i modi ai suoi compiti professionali, il nostro micologo si trovò in una situazione che non gli era congeniale; modesto, estraneo ad ogni idea di ottenere fama e gloria, non fece nulla per procurarsi le simpatie dei superiori per staccarsi dalla massa fremente in cui era stato catapultato dalla necessità. Nel 1836 diviene medico assistente provvisorio presso l’Ospedale Maggiore, incarico modesto che migliorava di poco le sue magre finanze. Nel 1839 l’Accademia delle Scienze di Torino bandì un concorso, con in premio 600 lire, da assegnare all’autore della migliore monografia della flora delle crittogame; nel 1841, scadenza del bando, furono presentati due lavori: “Monographia Lycoperdineorum” di Vittadini e “Monographia Nostochinearum Italicorum”, un lavoro dedicato alle alghe. La qualità dei lavori era tale che l’Accademia raddoppiò il premio.
Insieme al volume del 1844 precedentemente citato, la “Monographia Lycoperdineorum” è l’ultima opera strettamente micologica del Vittadini.
In seguito alla famosa insurrezione del 1848 (le Cinque Giornate) gli austriaci vengono cacciati dalla Lombardia ed il Governo provvisorio nomina Vittadini, che professava idee liberali, medico ostetrico primario. Il ritorno degli austriaci, dopo pochi mesi, vede Vittadini retrocesso al precedente grado di medico assistente: soltanto nel 1856 riuscirà a farsi nominare medico chirurgo residente (corrispondente all’attuale medico “di ruolo”), carica che manterrà fino a 1865 quando, il 20 novembre, muore per una emorragia laringea conseguente ad una forma di tubercolosi.
comecché sia stato dalla contraria fortuna sempre tenuto in basso […] ha nondimeno potuto produrre opere originali, piene di dottrina e di recondita erudizione, e con esse, contribuire all’incremento di due parti importantissime della istoria naturale, e insieme profittare infinitamente del bene pubblico”, come scrisse Santo Garovaglio nella commemorazione dell’amico.

Alessio
Utente V.I.P.


Città: Livorno
Prov.: Livorno

Regione: Toscana


319 Messaggi
Tutti i Forum

Inserito il - 19 luglio 2006 : 15:06:53 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
...dimenticavo...tutte le citazioni e le informazioni bibliografiche sono tratte da un volume dedicato al Vittadini edito in occasione di non ricordo quale commemorazione e che, non avendo ora a portata di mano, vi citero correttamente nei prossimi giorni !
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DRAKE
Utente Senior


Città: CESANO BOSCONE
Prov.: Milano

Regione: Lombardia


1478 Messaggi
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Inserito il - 19 luglio 2006 : 15:55:51 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
grazie Alessio
decisamente interessante , la lunga lettura della tua pagina ,
in questa giornata di caldo esterno, che ho potuto godermi sotto
il condizionatore.....

Ciao

DRAKE
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Alessio
Utente V.I.P.


Città: Livorno
Prov.: Livorno

Regione: Toscana


319 Messaggi
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Inserito il - 19 luglio 2006 : 15:59:38 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
...abbi pazienza DRAKE (come Enzo Ferrari...siete parenti ?) non mi ero accorto della lunghezza del testo: ho fatto copia-incolla con una presentazione su Vittadini che feci tempo fa al mio gruppo micologico...
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