La cicala
Lyristes plebejus

Le cicale sono insetti normalmente di grandi dimensioni, con il corpo di forma tozza, la testa considerevolmente larga con due paia di ali trasparenti e membranose che a riposo vengono tenute a tetto al di sopra del corpo. La lunghezza si aggira intorno ai 2-4 cm. Vivono sugli alberi di diversa specie e sulla vegetazione.
Le cicale sono celebri soprattutto per il canto dei loro maschi che emettono un suono stridente e monotono. Il suono prodotto è alto, continuo e stridulo. Gli organi stridulanti (timballi) sono situati ventralmente all'inizio dell'addome, quasi sempre protetti da un paio di larghe piastre protettive, gli opercoli; sollevati gli opercoli ci sono due cavità per ciascun lato: una più grande ventrale, ed una più piccola laterale. All'interno sono presenti sottili membrane e dei sacchi aerei. Un paio di poderosi muscoli striati -fra i più potenti descritti nel Regno Animale- si collegano alla membrana e contraendosi producono vibrazioni da cui deriva il suono.
Le femmine depongono le uova entro i tessuti vegetali provocando spesso delle deformazioni dette galle e pseudogalle.
L'alimento sia negli adulti che nelle larve è costituito da linfa e succhi vegetali di vari alberi; possiedono, infatti, un apparato boccale di tipo pungitore-succhiatore.
Le larve delle cicale sono sotterranee e possiedono zampe anteriori scavatrici grazie alle quali si spostano da una radice all'altra per nutrirsi. La larva della specie descritta ha uno sviluppo preimmaginale che dura ben quattro anni: al termine, la ninfa matura lascia il terreno e ne sfarfalla l'adulto.
Hanno antenne molto corte e 3 ocelli.

Clicca sulla nota per ascoltare il verso della cicala

Nelle campagne il cicaleccio accompagnava i mietitori nelle loro fatiche, facendoli meditare sull'ingiustizia che lì a poco avrebbero subito nella spartizione del raccolto col padrone. Spesso pensavano che il canto non annunciasse che questo, tanto che, in Romagna, accatastando i covoni, ripetevano amaramente: "Dice la cicala al cicalino: il grano al padrone e la paglia al contadino".
Un'altra caratteristica della cicala è quella di avere gli occhi molto sporgenti, quasi stessero per schizzare fuori dalla testa. In un'antica leggenda si diceva: «Una volta, tanti anni fa, un cuculo lavorava nella costruzione di una casa, trascinandosi su e giù per le scale portando sulle spalle la calce, ed aiutandosi, per la gran fatica, ripetendo so pu', so pu', so pu' (su pure, su pure, su pure). Un insolente cicala, posata poco lontano, lo canzonava dicendogli: dai, dai, dai (dagli, dagli, dagli). Il cuculo, persa la pazienza, la rincorse, raggiungendola proprio in una bottega di un fabbro, dove, preso un martello, la schiacciò su un'incudine, facendogli schizzare gli occhi fuori dalla testa».
La proverbiale inoperosità della cicala, traspare anche da un detto bolognese: Gratar la panza alla zigala (Grattare la pancia alla cicala), riferito a chi se ne sta in panciolle tutto il giorno e chiacchiera tanto per far trascorrere il tempo.
Un gioco molto comune tra i fanciulli era quello di catturare questi insetti alla mattina, quando erano ancora intorpiditi dal freddo della notte, per poi infilarvi una pagliuzza nell'addome. Dopo tale tortura, le cicale non erano più in grado di cambiare direzione nel volo, ed erano costrette a volare in linea retta fino a quando non cadevano stremate dalla fatica. Di questo crudele trastullo fanciullesco, resta il detto "Andar dritto come la cicala con la paglia nel sedere", riferito a chi, dopo avere subito un torto, cammina via dritto, senza mai voltarsi. Comunque sia, il canto della cicala era di buon augurio, specialmente se lo si udiva nel mese di settembre. A Modena dicevano che "Se la cicala canta in settembre, non comprare frumento da vendere", in quanto il suo canto era il segno che la buona stagione si era conservata a lungo, permettendo ai contadini di fare scorte alimentari per l'intero inverno.