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Calabrone
Vespa crabro
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Il calabrone
Il calabrone è uno dei
Vespidi più caratteristici delle nostre regioni; è riconoscibile per le
grosse dimensioni e per la tinta rossiccia della parte anteriore del
corpo; gli occhi sono molto grandi e con una particolare forma a "c", il
peduncolo addominale è breve, alcune macchie rosse ornano la testa, mentre
il resto del corpo è nero, giallo e rosso. La femmina può raggiungere i
cinque centimetri di lunghezza, mentre maschio e operaie misurano 2-2,5
cm. Le femmine fecondate trascorrono l'inverno in condizioni di
metabolismo rallentato, nascoste nei tronchi o nel terreno, producendo
anche glicerolo, che agisce da "antigelo". Quando esce dal lungo letargo
invernale, la femmina fecondata del calabrone va alla ricerca di un luogo
adatto alla costruzione del nido, che può essere sospeso oppure nascosto
in una cavità, con l'apertura delle celle rivolta verso il basso; a volte
può approfittare di un alveare vuoto. Il materiale usato per la
costruzione è spesso la corteccia ancora verde e tenera di varie piante
(spesso dei frassini giovani), che l'insetto impasta con la saliva e,
prendendolo tra le zampe, lo applica levigandolo a lungo con le mandibole;
durante la costruzione, che è molto rapida, si reca spesso al più vicino
specchio d'acqua per bere abbondantemente. Quando il nido è pronto la
femmina del calabrone depone le uova, uno in ogni cella, introducendovi
l'addome. Dopo cinque giorni ne escono le larve, che rimangono fissate al
fondo della cella con l'estremità posteriore del corpo. La madre le nutre
dapprima con nettare, poi con alimenti più sostanziosi: come gli altri
vespidi piomba sulla preda, l'atterra e le spezza ali e zampe; poi mastica
il torace della preda, ricco di proteine per la presenza dei muscoli del
volo, afferra la pallottola con le mandibole e la porta alla prole. Dopo
nove giorni la larva si trasforma in ninfa, e dopo altre due settimane
compare una giovane operaia, sterile.
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Subito essa si ripulisce le antenne e le
zampe, poi prepara la cella che la ha ospitata a ricevere un altro uovo;
a questo punto si nutre e comincia a raccogliere i materiali da
costruzione: ben presto il primo strato di celle non basta più e inizia
la costruzione del secondo, separato dal primo da "pilastri"; si possono
trovare fino a cinque strati di celle sovrapposte, incluse in un
involucro isolante dal calore: all'interno del nido la temperatura si
mantiene sui 30°C. Nei giorni più caldi le operaie bagnano con acqua la
superficie delle celle, che vengono così rinfrescate per evaporazione.
Durante i periodi di cattivo tempo, sono le larve a nutrire le operaie,
producendo una soluzione zuccherina. Mentre la regina ha bisogno di
una alimentazione più ricca di proteine, per l'adeguato sviluppo delle
sue ovaie, le operaie necessitano quasi solo di carboidrati, che
ricavano dai frutti maturi o dai tronchi d'albero danneggiati. Dalla
seconda metà di settembre compaiono i maschi e le femmine fertili: i
primi, in grado di nutrirsi da soli, nascono da uova non fecondate, le
seconde da uova fecondate simili a quelle delle operaie, ma deposte in
celle particolari. All'avvicinarsi della stagione fredda si hanno gli
accoppiamenti, mentre le uova che non si sono ancora schiuse vengono
distrutte dalle femmine. Alla stagione fredda sopravvivono solo le
femmine feconde.
Lo sapevate che...
Come gli altri vespidi,
i calabroni sono abbastanza aggressivi, sebbene non attacchino senza
essere stati disturbati. Il loro pungiglione, contrariamente a quello
delle api, non è dentellato, e rimane solo raramente nella ferita, ma la
puntura è molto dolorosa e spesso causa un notevole gonfiore: una
puntura alla gola può portare al soffocamento. Al contrario di quella
delle api, la puntura del calabrone non ha come bersaglio i vertebrati:
le api devono difendere il nettare raccolto nell'alveare dagli animali
che se ne vogliono cibare e insieme al pungiglione lasciano nella pelle
dell'animale la ghiandola che continua a rilasciare il veleno (perdendo
così la vita); i calabroni invece usano la puntura sulle predi più
difficili, che sono comunque insetti. Per questo la quantità di veleno
iniettato è inferiore rispetto a quella rilasciata dall'ape. |
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copyright Natura Mediterraneo 2007
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