Piuttosto grossetto, per nulla spaventato da noi 3, più un cane, che lo guardavamo a circa 3 m di distanza, o anche meno! E si mangiava delle foglie di Chelidonium majus, che a quanto ne so hanno un lattice un po' tossico
Come detto nel video: Valle Grana, quota 1158 m, con la tana, che si apre su una scarpata, in una casa di pietra. 18 marzo 2012.
Dario. "Siamo noi, che sotto la notte ci muoviamo in silenzio, tra gli anfratti dei sogni che il giorno ci ispira, nei meandri di un tempo che cambia ogni volta, cercando qualcosa che non abbiamo mai perso." (1795 J.d.L.)
Modificato da - Flavior in Data 19 marzo 2012 18:24:51
Grazie, ho avuto un sacco di fortuna Ma è normale che riesca a mangiarsi il Chelidonium majus? Credevo che il lattice fosse immangiabile, a giudicare dall'effetto sulla nostra pelle (non per niente si chiama erba da porri ).
Dario. "Siamo noi, che sotto la notte ci muoviamo in silenzio, tra gli anfratti dei sogni che il giorno ci ispira, nei meandri di un tempo che cambia ogni volta, cercando qualcosa che non abbiamo mai perso." (1795 J.d.L.)
Sono d’accordo con Carlo, si riconosce dalla colorazione e dai padiglioni auricolari nettamente sporgenti dal pelo.
Anche a me il fatto che stia mangiando la celidonia lascia perplesso.
Le ipotesi sono tre:
- l’arvicola rossastra è immune al veleno, ma non mi risulta che ci siano animali resistenti a quelle tossine (potrei sbagliarmi) e poi la mucosa orale dovrebbe essere soggetta a effetti irritanti dovuti al latice caustico come ricordato da Dario; - quell’individuo ha fatto una brutta fine, ma non credo anche perché il latice avrebbe dovuto scoraggiarlo ai primi morsi; - ha trovato il modo di mangiare la celidonia senza intossicarsi/irritarsi.
Facendo una ricerca sulla celidonia ho trovato che gli alcaloidi sono più concentrati nelle radici e nel latice. Le arvicole potrebbero aver trovato il modo di mangiare questa pianta senza ingerire il latice?
Nel filmato sembra che un’intera foglia venga mangiata, mi domando se il latice sia prodotto solo nello stelo e non nelle foglie, ma non conosco questa pianta in maniera approfondita... servirebbe anche il parere di un botanico.
Grazie Flavio. Ho aggiornato il video col nome dell'animaletto.
Per il latice ci sarebbe una quarta possibilità: che la pianta... non sia quella . L'ho identificata tramite le foglie e per il fatto che anch'esse contenevano quel latice giallo, che appena esposto all'aria virava all'arancione.
Metto un paio di foto della foglia che rosicchiava e invito qui gli amici del forum botanico
Dario. "Siamo noi, che sotto la notte ci muoviamo in silenzio, tra gli anfratti dei sogni che il giorno ci ispira, nei meandri di un tempo che cambia ogni volta, cercando qualcosa che non abbiamo mai perso." (1795 J.d.L.)
L'unica soluzione che mi sembra possibile è che l'animale sia immune dalla tossina presente nel latice del Chelidonium majus. Oppure, come capita talvolta, ciò che per noi è velenoso per un altro animale è del tutto innocuo...
"Non c'è nulla di più fragile dell'equilibrio dei bei luoghi". Marguerite Yourcenar
Avanzo un'ipotesi azzardata: ditemi se è plausibile... Ho letto che se noi umani ingeriamo il lattice del Chelidonium majus possiamo avere irritazione, gestrite, vomito, e tanti altri effetti spiacevoli (che a nessuno venga in mente! Ho letto che può anche essere mortale in forti dosi), e che il principio attivo è un alcaloide simile agli oppiacei: forse l'arvicola era tanto confidente perchè su di lei l'effetto era "soporifero"? Con un po' di cautela avrei forse potuto toccarla, tanto era tranquilla. E se un movimento brusco la faceva fuggire nella tana, subito ne usciva e riprendeva a mangiare.
Dario. "Siamo noi, che sotto la notte ci muoviamo in silenzio, tra gli anfratti dei sogni che il giorno ci ispira, nei meandri di un tempo che cambia ogni volta, cercando qualcosa che non abbiamo mai perso." (1795 J.d.L.)
Dario, la tua ipotesi la trovo molto interessante, forse ti riferisci all’alcaloide chelidonina che è simile alla papaverina e quindi ha proprietà narcotiche. Inoltre mi fai venire in mente una cosa, dici che la celidonia nell’uomo induce il vomito, ebbene nei roditori questo non può avvenire, perché a differenza degli altri mammiferi non sono in grado di vomitare (ecco perché nei rodenticidi si è tentato di aggiungere sostanze emetiche per evitare di colpire specie non bersaglio) perché non hanno muscoli sufficientemente potenti per aprire il cardias, la valvola tra esofago e stomaco!
Questa discussione è molto interessante e la seguo con viva attenzione. Non conosco nè le arvicole nè la pianta in questione, però mi viene in mente un obiezione all'ipotesi di Dario: perchè un animale dovrebbe mangiarsi una pianta che potrebbe indurgli sonnolenza e renderlo più torpido? Un simile comportamento renderebbe l'animale un facile bersaglio per un predatore e sarebbe decisamente contro-selezionato. Un saluto, Marco.
Obiezione giusta, senza dubbio. La spiegazione potrebbe essere semplicemente che, essendo l'arvicola rossastra una specie soggetta a grandi esplosioni demografiche, questo comportamento non sia stato selezionato (in pratica, se ne muore una ogni tanto la specie non è in pericolo comunque).
In ogni caso resta ancora probabile, credo, l'ipotesi di partenza: che l'animale sia immune agli effetti del latice.
Un grazie a Flavior per la sua spiegazione: tutte cose che non sapevo.
Dario. "Siamo noi, che sotto la notte ci muoviamo in silenzio, tra gli anfratti dei sogni che il giorno ci ispira, nei meandri di un tempo che cambia ogni volta, cercando qualcosa che non abbiamo mai perso." (1795 J.d.L.)
Non ho le competenze scientifiche per poter contribuire alla vostra interessante discussione, ma non potevo fare a meno di ringraziare Dario per il video di questo graziosissimo animale
Dario. "Siamo noi, che sotto la notte ci muoviamo in silenzio, tra gli anfratti dei sogni che il giorno ci ispira, nei meandri di un tempo che cambia ogni volta, cercando qualcosa che non abbiamo mai perso." (1795 J.d.L.)