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Galleria Tassonomica di
Natura Mediterraneo
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saxicola
Utente Senior
Città: Piazza Armerina
Prov.: Enna
Regione: Sicilia
1338 Messaggi Flora e Fauna |
Inserito il - 10 ottobre 2006 : 12:55:09
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Indosso una strana tuta verde, piena di cerniere, fatta di tessuto grezzo. Ho i guanti, in modo da evitare tagli. Porto una specie di lancia alta quasi quanto me: alle sue estremità metalliche vi sono un tridente da un lato e una punta affilata dall'altro. Davanti agli occhi, ciò che dovrò attaccare tra un minuto: il mio giardino. Con l'oggetto stretto in mano comincio a estirpare le erbacce che si sono mischiate al prato. Lo faccio quando c'è bel tempo, sapendo che la pianta strappata dal suolo morirà prima che siano passati due giorni. All'improvviso mi domando: sto facendo la cosa giusta? Quella che chiamo "erbaccia" è in realtà il tentativo di sopravvivenza di una determinata specie, che ha impiegato milioni di anni per essere sviluppata dalla natura. Il suo fiore è stato impollinato grazie a innumerevoli insetti, si è trasformato in seme, il vento lo ha sparso per i campi circostanti, e così - poichè non è piantata in un singolo punto, ma in molti posti diversi - le sue possibilità di arrivare fino alla prossima primavera sono molto alte. Se fosse concentrata in un solo punto, sarebbe alla mercé degli animali erbivori, di un'inondazione, di un incendio, o della siccità. Ma tutta questa volontà di sopravvivenza si imbatte adesso in una punta metallica che la estirpa dal suolo senza alcuna pietà. Perché lo faccio? Qualcuno ha creato il giardino. Non so chi sia stato, perchè quando ho comprato la casa era già lì, in armonia con le montagne e gli alberi circostanti. Ma il giardiniere deve aver pensato molto bene a ciò che faceva, coltivandolo con molta attenzione e amore per i particolari (c'è un filare di alberi che nasconde alla vista la legnaia), e prendendosene cura nel corso di svariati inverni e primavere. Quando mi consegnò il vecchio mulino dove ho trascorso alcuni mesi l'anno, il prato era impeccabile. Ora tocca a me dare continuità al suo lavoro, anche se la questione filosofica rimane: devo rispettare il lavoro di chi ha creato tutto ciò, del giardiniere, o devo acccettare l'istinto di sopravvivenza di cui la natura ha dotato questa pianta oggi definita "erbaccia"? Continuo a estirpare le piante indesiderate, e a farne un mucchio che a breve sarà bruciato. Forse sto riflettendo troppo riguardo ad argomenti che non richiedono alcuna riflessione, bensì azione. Tuttavia, ogni gesto dell'essere umano è sacro e gravido di conseguenze, e questo mi induce a pensare più attentamente a ciò che sto facendo. Da un lato, quelle piante hanno il diritto di diffondersi per ogni dove. Dall'altro, se non le elimino adesso, finiranno per soffocare il prato. Nel Nuovo Testamento Gesù disse di estirpare la gramigna, di modo che non si mischi con il grano. Ma - con o senza l'aiuto della Bibbia - mi trovo di fronte al problema concreto che la razza umana affronta da sempre: fino a che punto è possibile interferire con la natura? Tale interferenza è sempre negativa, o alle volte può essere positiva? Depongo l'arma, conosciuta anche come zappa. Ogni colpo significa la fine di una vita, il non nascere di un fiore che sarebbe sbocciato in primavera, l'arroganza dell'essere umano che pretende di modellare il paesaggio intorno a sè. Devo pensarci meglio, perché in questo momento sto esercitando potere di vita e di morte. Il prato pare dire: "Proteggimi, lei mi distruggerà." Anche l'erba mi parla: "Ho viaggiato così tanto per giungere nel tuo giardino, perchè mi vuoi uccidere?" Infine, ciò che viene in mio soccorso è il temto indiano del Bhagavadgita. Mi sovviene la risposta di Krishna al guerrieo Arjuna: quando questi appare abbattuto prima di una battaglia decisiva, getta le armi al suolo e dice che non è giusto prendere parte a un combattimento che terminerà con la morte di suo fratello. Krishna risponde più o meno così: "Tu pensi di poter uccidere qualcuno? La tua mano è la mia mano, e tutto ciò che tu farai era già scritto che sarebbe stato fatto. Nessuno uccide, e nessuno muore." Animato da questo improvviso ricordo, impugno nuovamente la lancia, attacco le erbe che non sono state invitate a crescere nel mio giardino, e tengo a mente l'unica lezione di questa mattina: quando qualcosa di indesiderato germoglierà nella mia anima, pregherò Dio di darmi lo stesso coraggio per estirparlo senza nessuna pietà.
Paulo Coelho tratto da "Come il fiume che scorre"
Ciao Monia
Il comando divino di dominare la natura non è a scopi distruttivi (Giovanni XXIII)
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