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a p
utente ritirato in data 22.02.2012



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Inserito il - 11 agosto 2009 : 14:24:59 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Ostinarsi a non volerla annoverare fra le piante dunali mi sembra fuori luogo, ma accetto queste scelte pur sorridendo dopo aver visto la foresta che si è creata a Principina.



Ti consiglio allora di sottoporre la Tua teoria alla Società Botanica Italiana

Link

inviando una nota all'Informatore Botanico Italiano per la pubblicazione.

Bisogna credere nelle proprie idee e portarle avanti con convinzione.

Motivando le Tue osservazioni, potrebbero prendere in seria considerazione il Tuo lavoro per la pubblicazione.

Alessandro PD


Chi ama la Natura le lascia i suoi fiori
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vespa90ss
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Inserito il - 11 agosto 2009 : 21:30:47 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Terrò presente questo tuo suggerimento, ricordandoti due cose: la prima è che non sono un botanico ma solo un fotografo che si interessa di soggetti naturalistici. Non ritengo quindi di essere all'altezza di poter produrre un lavoro tale da poter essere pubblicato ma solo documentazione di tipo fotografico. Secondo, ho estirpato quasi tutte quelle piante in due occasioni successive dedicando il tempo del rientro non alla pulizia dai rifiuti ma alle pianti infestanti. Mi sono fatto forte violenza in quanto il mio gesto è stato un atto di sopraffazione e di arbitraria scelta contro il volere della Natura: ho ritenuto però che fosse meglio sopprimerle perchè stavano soffocando tutto ciò che era presente nella striscia umida adiacente alla prima duna. E forse nel disegno naturale era previsto anche l'intervento di un tizio che le avrebbe decimate, rallentandone la diffusione. Persino il cisto ed il ginepro erano invasi da queste piante che a decine stavano crescendo all'interno dei loro cespugli. Ho voluto seguire le vostre indicazioni e non le mie idee che mi avrebbero lasciato accettare un nuovo corso evolutivo di quel litorale toscano.
Magari si sarebbe creato un habitat diverso dove la fitta presenza di queste piante ad andamento verticale avrebbero favorito il depositarsi della sabbia ed il riempimento del retroduna modificando sostanzialmente l'ambiente nel volgere di poco tempo. Chissà. Un nuovo habitat che forse avrebbe ospitato una quantità maggiore di artropodi i quali in senso assoluto avrebbero aumentato la biodiversità del luogo seppur riducendola relativamente alle specie vegetali.
L'ho fatto.... ma sono anche dispiaciuto per averlo fatto.
Beppe


Arriviamo alla verità, non solo con la ragione, ma anche con il cuore.
Blaise Pascal - Pensées 1670.



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theco
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Inserito il - 12 agosto 2009 : 09:24:44 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Interessante discussione, non tanto per il contenuto quanto per la dinamica.

Pianta dunale sì o no?
Basta intendersi sul significato di 'dunale' perchè si tratta di un termine che in botanica non ha una codifica precisa, ma solo in geomorfologia.

Esistono precise associazioni vegetali codificate (con tutti i limiti della fitosociologia) che hanno come ambiente di riferimento la duna, nulla vieta a qualcuno di istituire l'Oenotherietum biennis là dove questa specie vada a caratterizzare una particolare associazione.

Se per 'vegetazione dunale' ci si vuole riferire alla capacità di alcune piante di adattarsi alle difficili condizioni chimico-fisiche di una duna attiva, in questo caso Oenothera ha pieno diitto di far parte di questo gruppo di piante.

Se invece si vuole dare alla locuzione 'vegetazione dunale' una connotazione fitogeografica allora sicuramente Oenothera non ne fa parte, visto che, come già sottolineato, proviene da un areale diverso.

Se infine si vuole fare riferimento alle modalità di ingresso di una determinata specie: propagazione naturale oppure propagazione favorita indirettamente dall'uomo, in questo caso Oenothera non ne fa parte.

Se ancora ci si vuole riferire ad una connotazione di paleobotanica allora Cakile fa parte della vegetazione dunale perchè stava lì anche cento anni fa, Oenothera no.

Se poi ci si vuole riferire al livello di specializzazione di una specie allora sicuramente Oenothera non fa parte della vegetazione dunale perchè la si trova altrove, ma anche la maggior parte delle specie tipiche di dune, ricordate mi pare da eliozoo, si possono trovare altrove.

Insomma fate voi, a me sembra che la questione sia un po' 'estiva'

Vengo invece a ciò che mi interessa maggiormente... è interessante la reazione di Beppe, che sappiamo essere persona impegnata personalmente nella rimozione dei rifiuti lasciati nell'ambiente dalla maleducazione, là dove ha deciso di rimuovere una specie vegetale da un determinato ambiente come se si trattasse di un rifiuto, pur con tutto il dispiacere del caso.

A parte il fatto che attraverso la rimozione probabilmente Beppe ha contribuito a disseminare la specie in modo più efficace rispetto a quello che possono fare gli agenti naturali, ma questo forse non ha molta importanza... Oenothera sarebbe ritornata comunque su quella duna, così come ritorneranno le bottigliette in pvc, ma questo chi raccoglie rifiuti lo sa bene.

Però la domanda che volevo farvi è questa: Oenothera in spiaggia è un rifiuto lasciato dalle attività umane, al pari di una bottiglia in pvc, oppure no? voi cosa ne pensate?

Ciao, Andrea
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Hemerobius
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Inserito il - 12 agosto 2009 : 09:53:31 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Io ho visto scomparire Oenothera dai prati e dalle ripe del littorale comacchiese. Da bambino era una delle piante più frequenti poi il massacro ambientale "extra parco" ha fatto fuori anche lei (col che, ma non certo solo per questo, ho sempre pensato che il Parco si sia trasformato in una scusa per devastare il territorio).
Personalmente trovo assurdo tentare di eliminare (non parliamo di eradicare) una specie alloctona introdotta da tempo, ma non per motivazioni teoriche o filosofiche, semplicemente perché mi pare che le limitatissime risorse a disposizione per proteggere l'ambiente vadano meglio impiegate. Il tempo che Beppe ha perso ad estirpare quelle piante poteva servirgli (ed essere più utile per tutti) per trovare altre quattro bottiglie di plastica, od una batteria esausta.

Ciao Roberto

verum stabile cetera fumus
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a p
utente ritirato in data 22.02.2012



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Inserito il - 12 agosto 2009 : 12:19:03 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Volevo affrontare anch'io questo tema, mi fa piacere che sia stato posto il problema.


Anch'io trovo poco opportuna l'azione di Beppe (lasciamo perdere la reazione nell'eradicare la pianta, penso motivata dal fatto che lì non ci doveva essere e perciò da eliminare, uso le parole di Andrea come un rifiuto).

Dal punto di vista ecologico, credo che si debba lasciare tutto all'evoluzione naturale.. si creerà negli anni (leggere secoli) una nuova situzione di climax. Ci saranno specie che soccombono altre che esploderanno. Se l'introduzione di una specie aliena nel territorio è un "male" altrettanto lo è un tentativo antropico di ripristinare la situazione ex ante senza uno studio preventivo da parte degli specialisti di settore (che potrebbero commettere anch'essi degli errori di valutazione).

Penso che la Natura riesca a fare meglio di quanto fa l'uomo ... pertanto le piante le avrei lasciate lì al loro posto

Alessandro PD


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vespa90ss
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Inserito il - 12 agosto 2009 : 14:46:17 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
supponevo che questo mio agire avrebbe causato delle profonde reazioni che comunque stanno servendo per comprendere quanto e perchè debba essere considerato giusto l'intervento umano
contro la diffusione improvvisa ed incontrollata di un nuovo organismo estraneo ad un ambiente già estremamente stressato ed esposto a rischio di totale scomparsa.
Ho tenuto conto di tutte le vostre valutazioni, una per una, analizzandole a fondo e cercando di cogliere tutti gli aspetti pro e contro la diffusione di questa pianta. Ho verificato che nel giro di poche settimane c'è stata una vera esplosione di queste piante al punto tale da soffocare cisto, lentisco, ginepro, giunco acuto, euforbia, echinophora e tantissime altre specie aggredite in massa da questa pianta che le ha letteralmente sepolte sotto la sua vegetazione.
Ho sempre sostenuto che l'Oenothera potesse essere tollerata con la sua presenza apparentemente abbastanza morigerata. Poi, di colpo, questa sua esplosione demografica impressionante che mi ha spinto a cambiare idea e correre ai ripari.
Non ho considerato le Oenothera un rifiuto ma un parassita pericoloso come può essere la tenia per l'uomo: è diverso.
La decisione che ho preso di eradicare le piante è stata molto dolorosa e contraria al mio modo normale di comportarmi. Ma l'ho fatto perchè l'ho ritenunto il male minore tenendo conto di tutte le considerazioni precedentemente fatte da voi che siete gli esperti, in questo ed altri post che trattavano l'argomento.
Comunque, vorrei tentare di costruire una mia piccola difesa pregandovi di fare di tanto in tanto una scappatina sul litorale toscano per comprendere quanto sia diventato sottile il filo attraverso cui resta sospesa la sopravvivenza dell'ambiente dunale. E' molto facile giudicare l'operato altrui restando dietro una tastiera. Toccare con mano la realtà è cosa ben diversa.
Ho fatto qualcosa. Forse ho sbagliato. Avrei dovuto lasciare che le cose seguissero il loro corso naturale così come ho sempre sostenuto, ma ad un certo punto non ce l'ho proprio fatta a sopportare quello spettacolo. Grazie comunque per i vostri contributi, favorevoli o contrari.
Beppe


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Blaise Pascal - Pensées 1670.



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theco
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Inserito il - 12 agosto 2009 : 15:40:37 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Per quanto mi riguarda non ho inteso esprimere nessuna critica al tuo operato e a dire il vero non mi ero nemmeno accorto che ci fossero stare profonde reazioni...

Penso che tu non abbia fatto nulla di male, non si tratta certo di una pianta protetta. Per quanto riguarda le dune ti assicuro che ci sono anche da quest'altra parte della penisola e conosco molto bene la loro situazione senza vedere Principina, che in ogni caso ci fai conoscere con i tuoi reportage.

La discussione che volevo fare, benchè sia già stata affrontata altrove, è quella relativa all'impatto degli interventi di conservazione, in fondo è questo ciò che hai fatto: conservazione della duna.

Cambio zona, per portare un esempio che conosco meglio.
Provo ad immaginare l'esistenza di una bellissima oasi, in gestione ad un'associazione privata, che contiene un ambiente molto raro in Italia, ben più raro delle dune: una foresta allagata di acqua dolce.

Dalla immaginaria locandina del sito: ...rappresenta l’ultimo relitto delle vaste paludi che da epoca pre-romana fin circa a metà del 1900 si estendevano... in realtà la storia è molto più recente.
L'area umida deve la sua origine alla rotta del Lamone del 1839, a seguito della quale il governo pontificio decise di realizzare una cassa di colmata per la bonifica di tutta l'area: ciò che resta di quella cassa di colmata è l'oasi attuale, che ha quindi alle spalle 'appena' 170 anni di vita.

L'area che immagino è inserita in un distretto molto antropizzato e ovviamente la pressione ai suoi margini è molto forte e aumenta mano a mano che aumenta il disequilibrio con l'area circostante.

Questi sono alcuni degli interventi che è necessario fare con continuità, per conservare in quell'area l'ultimo relitto delle paludi pre-romane:
- il bacino è soggetto a subsidenza e l'area è alimentata da un vicino fiume, per consentire un corretto regime idraulico sono necessari frequenti lavori di movimentazione terra;
- la falda freatica ha valori di salinità crescenti nel tempo, questo richiede frequenti opere di drenaggio;
- l'associazione vegetale tende naturalmente al canneto e quindi richiede frequenti opere di approfondimento delle fosse umide, per conservare l'ittiofauna;
- per lo stesso motivo sono necessarie frequenti opere di sfangamento;
- per contenere l'esuberanza del sottobosco naturale (salicone e rovi) sono necessarie opere dei decespugliamento
- attraverso la rotazione degli sfalci estivi delle erbacee si ottiene un incremento della biodiversità;
- alberi e rami caduti sono rimossi;
- le nutrie sono cacciate;
- ecc. ecc. ecc.

Come vedi, Beppe, per conservare quel particolare ambiente si fa ben di più che sradicare qualche pianta di Oenothera e i risultati non mancano: in quell'oasi vivono organismi animali e vegetali assenti da tutto il comprensorio circostante.

Ora mi chiedo: fino a che punto è giusto (naturalisticamente parlando) forzare lo sviluppo in situ di un'area per farla corrispondere ad un determinato ambiente, che esiste solo nella mente dei progettisti?
Quell'ambiente è molto particolare e rappresenta un brevissimo momento della vita di quell'area, perchè proprio quello e non un altro, magari presente due secoli prima? perchè quello e non invece quello che la natura potrebbe creare lasciata a se stessa?

Io non conosco la risposta e non posso negare che lasciando le cose a se stesse quell'oasi sarebbe in breve tempo una distesa di Oenothera priva di biodiversità. Ciò non di meno non riesco a ignorare che la conservazione della natura ha richiesto la creazione di un sistema completamente artificiale, una sorta di museo all'aria aperta... c'è qualcosa che non mi torna.

Naturalmente l'oasi che vi ho descritto è puramente immaginaria, non voglio guai

In fondo è questo che hai fatto Beppe, per conservare la biodiversità di un sito minacciato hai compiuto un intervento che contrasta con i normali meccanismi naturali in atto in quella zona. Sinceramente non so dirti se hai fatto bene o male... però mi fermo qui altrimenti divento troppo filosofico e Hemerobius poi mi bacchetta

Ciao, Andrea
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Hemerobius
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Inserito il - 12 agosto 2009 : 16:17:46 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Messaggio originario di theco:
Per quanto mi riguarda non ho inteso esprimere nessuna critica al tuo operato e a dire il vero non mi ero nemmeno accorto che ci fossero state profonde reazioni...





Messaggio originario di theco:
Come vedi, Beppe, per conservare quel particolare ambiente si fa ben di più che sradicare qualche pianta di Oenothera e i risultati non mancano: in quell'oasi vivono organismi animali e vegetali assenti da tutto il comprensorio circostante.

Un po' quello che si fa per un acquario !



Messaggio originario di theco:
... però mi fermo qui altrimenti divento troppo filosofico e Hemerobius poi mi bacchetta

Mi chiedo se dò veramente l'impressione di uno che va a bacchettare gli altri ...



Dovrò veramente prima o poi trovare un paio di giorni (perché di meno non mi ci vuole) per raccontarvi il Delta come l'ho visto io e come questo sia stato (scusate lo ripeto continuamente ma è un cruccio insopportabile) devastato usando l'istituzione del Parco come grimaldello. Dico questo perché ogni intervento di protezione va inserito in un contesto; e spesso la protezione si trasforma in "conservazione"; e la conservazione significa bloccare la naturale evoluzione dell'ecosistema; e questo richiede tutti quegli interventi elencati da Andrea nella sua oasi immaginaria .


Ciao Roberto

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theco
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Inserito il - 12 agosto 2009 : 16:45:22 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Messaggio originario di Hemerobius:
Mi chiedo se dò veramente l'impressione di uno che va a bacchettare gli altri ...


Ho già le mani nascoste dietro la schiena

Non vedo l'ora di conoscere il tuo punto di vista sulla gestione ambientale nel Delta.

Ciao, Andrea
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vespa90ss
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Inserito il - 12 agosto 2009 : 17:58:04 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia

Desidero innanzitutto scusarmi con Andrea, Roberto ed Alessandro. Non mi avete bacchettato, lo riconosco: avete solo espresso un giudizio abbastanza super partes e sufficientemente distaccato. Sono io che l'ho colto in maniera amplificata e vi chiedo di perdonarmi. Ma il fatto è che mi sento in colpa, pur essendo perfettamente consapevole che ciò che stavo facendo mi avrebbe messo in conflitto con la mia coscienza di uomo, di naturalista e con il giudizio dei colleghi del forum. Quindi sono io che mi sto trovando profondamente a disagio ed in grossa difficoltà con questa mia azione assolutamente non in sintonia con il mio attuale modo di intendere il rispetto della vita.
Ma dopo tutti i sacrifici che ho fatto nel corso di questa estate, vedersi vanificare il proprio lavoro ad opera di una sola pianta che aveva preso possesso di tutto un microhabitat dal livello del suolo fino ad un metro e venti d'altezza mi è sembrato qualcosa di assolutamente intollerabile. In pratica la stretta striscia retrodunale, quella soggetta a periodiche inondazioni ad opera dei marosi e delle piogge invernali, era stata interessata per un tratto di circa trecento metri dalla presenza dell'Oenothera, più o meno a macchia di leopardo, raggiungendo in diversi punti delle densità così massicce che tutto al di sotto era stato ricoperto.
La mia azione ha quindi rappresentato una delle tante variabili di intervento che la natura ha visto frapporsi nel proprio divenire. Ho tentato di salvare il simulacro di un museo naturalistico quando tutto, nelle immediate adiacenze, è ormai retrocesso al punto tale che tentare di opporsi a questo divenire impietoso è solo un'illusione senza speranza.
Così come scomparirà questo angolo di maremma che interessa la costa, accadrà la stessa cosa per la palude di Castiglione meglio conosciuto come il Padule della Diaccia Botrona. Questo è ormai soggetto ad un processo avanzato di interramento per via di una marcata eutrofizzazione determinata dall'apporto di sostanze azotate che si accumulano di anno in anno a causa dell'itticoltura che viene praticata al suo interno (mangimi/escrementi): ma anche alla conseguente scomparsa dei canneti che, non tollerando la presenza di grosse percentuali di salinità nell'acqua, trascineranno nel loro eclissarsi tutta una fauna legata ad essi. Alla spalle ci sono interessi economici troppo grossi per impedire che ciò accada: non esisterà più quindi una palude di acqua dolce/salmastra ma un qualcosa di indefinibile che d'estate supera di gran lunga la salinità del mare aperto. Un Mar Morto? Credo che questa possa essere una definizione abbastanza appropriata.
Ma dato che il discorso sta evolvendo in una delle discussioni che di tanto in tanto animano il nostro forum e che, pur non trattando solo ed esclusivamente della specie in oggetto, riesce ad abbracciare tutta una serie di problematiche che offrono spunti di vitalità alla sopravvivenza di Natura Mediterraneo, ritengo che l'argomento possa essere tollerato in questa sede ed essere evidenziato con la giusta importanza che esso merita, visto che gli spazi in precedenza dedicati a tali problematiche non sono più fruibili.
Quale e quanto diritto abbiamo nel poter intervenire nel disegno naturale che di volta in volta si va proponendo alla nostra attenzione? Questo della Oenothera è saltato all'occhio perchè accaduto in una zona in qualche modo protetta e soggetta a studio. Ma quanti altri di questi casi accadono e non suscitano attenzione? E' il continuo evolversi e modificarsi degli ambienti che attraverso l'incrociarsi di una miriade di probabilità ambientali determinerà la caratterizzazione di nuovi habitat e specie.
Avrei dovuto prenderne buon atto qualche giorno fa quando decisi di eradicare le piante, secondo i miei convincimenti di sempre, chiudere gli occhi e attendere gli eventi.
Beppe


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theco
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Inserito il - 13 agosto 2009 : 10:05:03 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Roberto ha fatto una distinzione importante tra protezione e conservazione, due termini che confondiamo spesso, ma che perseguono lo stesso obiettivo con approcci ben diversi.

Se intorno alla duna crei le condizioni affinchè la stessa possa seguire il suo sviluppo naturale fai protezione, se invece sostituisci la dinamica del contesto naturale con modelli di sviluppo artificiali allora fai conservazione.

Naturalmente riuscire a fare protezione significa arrivare a modificare le destinazioni d'uso del territorio, qualcosa che sfugge alle possibilità del singolo individuo, per quanto ben motivato, ma che inevitabilmente ricade nella sfera di responsabilità di un'intera comunità. Piuttosto facile farlo in alta montagna, molto difficile (forse impossibile) farlo in spiaggia.

In certe realtà fare conservazione rimane l'unica cosa possibile e in questo campo acquista un grande valore anche l'impegno personale dei singoli. Credo però che gli interventi conservativi debbano comunque tenere in considerazione il contesto nel quale si inseriscono, in particolare nei sistemi litoranei, caratterizzati comunque da una vita effimera anche quando l'uomo non ci mette mano.

Conservare una duna è una contraddizione in termini: la duna è un organismo mobile con una vita brevissima (in rapporto ad una scala di tempi geomorfologica): in una dinamica trasgressiva viene velocemente demolita dal mare, in una dinamica regressiva viene fissata dalla vegetazione e si trasforma velocemente in un ecosistema completamente diverso, solitamente un bosco litoraneo.

Allora la domanda relativa alla conservazione diventa la seguente: che cos'è che dobbiamo riuscire a conservare? qual'è il vero valore da conservare? La duna esistente o il meccanismo naturale che porta all'evoluzione delle dune?

Io credo che l'oggetto della conservazione dovrebbe essere il meccanismo e questo chiude il cerchio, riportandoci alla necessità di trasformare la conservazione in protezione. Non ci sarebbe niente di male se quella particolare duna viene colonizzata dall'Oenothera, a condizione che a qualche centinaia di metri di distanza siano attive le condizioni per la creazione di una nuova duna.

Nella mia provincia sopravvivono tre sistemi dunali: uno si trova a Marina di Ravenna, al centro della zona balneare, le dune sono recintate(!) per evitare il parcheggio da parte dei bagnanti, sinceramente non vedo molta differenza tra queste dune e gli accumuli di sabbia che potrebbe fare una ruspa.

Il secondo si trova alla foce del Bevano, in un tratto di spiaggia non facilmente raggiungibile, che da decenni è stato eletto a punto di ritrovo da molte categorie di persone poco allineate all'ortodossia moralistica vigente: nudisti, omosessuali, transessuali, prostitute, talvolta anche organizzati in vere e proprie associazioni. Qui la duna se la passa già molto meglio.

Il terzo sistema si trova alla foce del fiume Reno e da decenni l'accesso a quella fascia di litorale, che praticamente è raggiungibile solo dal mare, è inibita dalla presenza di un poligono militare di batterie contraeree. Qui sì che le dune se la passano alla grande.

Quindi caro Beppe le vie della protezione sono infinite, dubito che riuscirai a fare installare una batteria contraerea, ma chissà...

Ciao, Andrea
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vespa90ss
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Inserito il - 23 settembre 2009 : 20:02:19 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Aggiungo altre immagini per la completezza del post, caso mai qualche esperto desiderasse contribuire alla soluzione del mistero, arrivando alla determinazione della specie.
Comprendo infatti che le pessime foto fino adesso postate potessero alimentare molti dubbi.
le foto sono del 20 agosto 2009



Oenothera biennis / Enagra comune


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vespa90ss
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Inserito il - 23 settembre 2009 : 20:02:46 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia


Oenothera biennis / Enagra comune


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vespa90ss
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Inserito il - 23 settembre 2009 : 20:03:11 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia

Oenothera biennis / Enagra comune
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vespa90ss
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Inserito il - 23 settembre 2009 : 20:04:31 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia


Oenothera biennis / Enagra comune

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vespa90ss
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Inserito il - 23 settembre 2009 : 20:04:55 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia

piantine di un anno
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vespa90ss
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Inserito il - 23 settembre 2009 : 20:05:42 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia

non ho ritagliato volutamente la punta del piede per mostrare meglio le proporzioni
Oenothera biennis / Enagra comune


Beppe Miceli

Bottled beetles - salviamo le spiagge, i litorali, le dune dai barbari


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limbarae
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Flora e Fauna

Inserito il - 23 settembre 2009 : 21:02:56 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
La maggior parte degli elementi mi portano a confermare Oenothera biennis. L'unico che non mi torna è la forma della capsula, clavata (ingrossata verso l'apice) per Pignatti, qui invece, probabilmente non matura, più sottile in punta che alla base.

"E ora siedo sul letto del bosco che ormai ha il tuo nome
Ora il tempo è un signore distratto, è un bambino che dorme
Ma se ti svegli e hai ancora paura, ridammi la mano
cosa importa, se sono caduto, se sono lontano..."
Faber, Hotel Supramonte
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vespa90ss
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Inserito il - 23 settembre 2009 : 22:39:25 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Strano però...
Theco su questo post la determinò a colpo e la capsula mi sembra esattamente la stessa. Ma io non ho l'occhio allenato come il vostro...

Aggiungo altre immagini...chissà mai possano aiutare. Poi se non ci riusciamo a determinarla non ha molta importanza. Quando le piante sono davvero molto difficili bisogna arrendersi.


Oenothera biennis / Enagra comune



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vespa90ss
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Inserito il - 23 settembre 2009 : 22:39:53 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia

Oenothera biennis / Enagra comune
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