testata Forum Natura Mediterraneo
Forum | Registrati | Msg attivi | Msg Recenti | Msg Pvt | Utenti | Galleria | Map | Gadgets | Cerca | | FAQ | Regole |NUOVA Tassonomia | Pagina Facebook di Natura Mediterraneo | Google+
Suggerimento: Leggi il nostro regolamento!! Clicca qui!
Cerca
Salva
Password dimenticata

 Galleria Tassonomica
 di Natura Mediterraneo
 


Nota! Per consultare il regolamento aggiuntivo di questo forum: clicca qui!


 Tutti i Forum
 Forum Natura Mediterraneo - Varie
 L'UOMO E LA NATURA: SCIENZA CULTURA ED ETICA
 Sandro Pignatti: Biodiversità e decrescita
 Regolamento da sottoscrivere per partecipare alla discussione
 Versione Stampabile my nm Leggi più tardi
I seguenti utenti stanno leggendo questo Forum Qui c'è:
Autore Discussione Precedente Discussione Discussione Successiva  

lynkos
Con altri occhi


Città: Sant'Eufemia a Maiella
Prov.: Pescara

Regione: Abruzzo


17647 Messaggi
Tutti i Forum

Inserito il - 08 settembre 2007 : 06:00:27 Mostra Profilo  Apri la Finestra di Tassonomia

Come spesso succede, ho trovato il titolo di questo saggio di Sandro Pignatti quando cercavo ben altro. Quando poi l'ho rintracciato e l'ho letto, ho trovato i contenuti talmente vicini al mio pensiero e così importanti che non potevo non condividerli con voi. Così, senza ulteriore commento che sarebbe superfluo e con profondo ringraziamento a Franco Correggia, curatore dei "Quaderni di Muscandia", la collana pubblicato dall'Associazione Terra, Boschi, Gente e Memorie dove il saggio è stato pubblicato, e al Professore Pignatti stesso per il loro gentilissimo permesso di riprodurlo sul nostro forum, ecco l'articolo...

Modificato da - Acipenser in Data 25 marzo 2010 01:12:52

lynkos
Con altri occhi


Città: Sant'Eufemia a Maiella
Prov.: Pescara

Regione: Abruzzo


17647 Messaggi
Tutti i Forum

Inserito il - 08 settembre 2007 : 06:07:46 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia

Biodiversità e decrescita

di Sandro Pignatti*

* Professore emerito di Ecologia, Università di Roma "La Sapienza". Autore di Flora d'Italia (1982) e Assalto al pianeta (con B. Trezza, 2000)


Introduzione
La continua crescita del sistema economico globale risulta insostenibile per la società umana; da qui nasce la ricerca di una via verso la decrescita.
Infatti, la crescita è indicata come la causa dell'instabilità nei rapporti tra paesi ricchi e paesi poveri, e nei singoli paesi, tra i cittadini con differente livello di reddito; inoltre, la crescita è causa di sfruttamento, alienazione, rilascio di inquinanti, rischi per la salute, e dalla crescita dipende il mantenersi della fame nel terzo mondo. Su queste conseguenze per l'uomo e per la società, esiste ormai una documentazione che è vastissima, ma viene costantemente negata dai difensori del sistema capitalistico. Su quanto riguarda le conseguenze per l'ambiente, invece, in generale ci si limita ad effetti globali, come il cambio climatico ed il buco d'ozono, che, pur nella loro drammaticità, rimangono scarsamente percettibili a livello individuale.
In queste pagine, il discorso parte dalle conseguenze che investono tutti i diversi componenti della biosfera, e non soltanto l'uomo: esso infatti è solo una, tra le tante specie di piante, animali e microrganismi (stimate a 10-20 milioni), che popolano il pianeta, e non mi sembra corretto attribuirgli una posizione privilegiata nella biosfera. Come dato di fatto si può ricordare che la specie umana è probabilmente quella che tra gli animali raggiunge la più elevata biomassa, sfrutta quasi la metà delle risorse globali, e genera un flusso energetico superiore a quello naturale derivante dalla fotosintesi dell'intera vegetazione del pianeta. Però, anche questi primati di Homo sapiens, che sono una conseguenza della crescita economica, soprattutto durante gli ultimi due secoli, determinano una inaudita condizione di squilibrio nell'intera biosfera. Cerchiamo dunque di approfondire il problema dal punto di vista della biodiversità.

Biosfera in crisi
Dati che permettano di conoscere le conseguenze dell'espansione del ciclo economico sul patrimonio biologico del pianeta sono tuttora abbastanza scarsi e spesso contraddittori, e questo per diversi motivi: mancano inventari completi delle specie esistenti, e risulta difficile (spesso impossibile) dimostrare l'estinzione di una specie. Quando questo può essere fatto con certezza (ad es. nel caso del dodo, uccello incapace di volare dell'isola di Mauritius), si tratta sempre della constatazione di un'estinzione già avvenuta, dunque ormai irreversibile; e del resto si può sempre argomentare che anche nel caso della possibile scomparsa di animali-simbolo di grande significato, come tigre, rinoceronte e balene, la vita sul pianeta potrà continuare più o meno immutata.
Invece, se dalle grandi sintesi globali si passa all'analisi delle condizioni sul territorio, il quadro appare completamente differente. Il patrimonio biologico è costituito dal completo set di organismi presenti, che in molti casi è ben conosciuto e le cui variazioni sono ben documentate almeno durante l'ultimo secolo. Nelle aree ad agricoltura intensiva dell'Europa (es. Pianura padana, Paesi Bassi, Westfalia) si può stimare a livello territoriale una perdita di circa il 40 % delle specie vegetali. Le strette relazioni tra il tappeto vegetale e gli insetti impollinatori fanno ritenere che anche tra questi si abbia una corrispondente perdita di specie (si tenga presente che gli insetti sono in assoluto il più numeroso gruppo biologico nella biosfera). Se si esaminano le grandi aree metropolitane (Parigi, Londra, Tokyo, Los Angeles) si trova una situazione molto peggiore di quella delle aree agricole. Questi dati si accordano bene con quelli pubblicati su Nature (Thomas et al., 2004), secondo i quali si prospetta su scala mondiale la perdita del 15-37% (media: 24%) delle specie entro il 2050, per il solo effetto del cambio climatico.
Passando dalle somme generali alla biodiversità, il discorso si complica, perché un procedimento di misura generalmente accettato ancora manca. Una buona indicazione è possibile attraverso il rapporto tra le specie indigene (che sono il risultato di un lunghissimo processo di speciazione e selezione) e le esotiche. L'incidenza di queste ultime nei grandi agglomerati urbani dell'Europa temperata (Berlino, Varsavia) è nell'ambito del 30-40%; a Roma la situazione è migliore nelle aree archeologiche, ma nelle aree centrali si arriva a valori poco differenti.
Un anziano naturalista come chi scrive, che ripercorre dopo mezzo secolo gli ambienti che aveva studiato durante i primi anni di attività scientifica, si trova continuamente di fronte all'immagine sconfortante della scomparsa di ogni traccia di naturalità, a causa di un generale processo di banalizzazione, sfruttamento a fini speculativi, manomissione o distruzione dell'ambiente. Chi abbia la capacità di percepire lo stato del popolamento vegetale ed animale non può sottrarsi all'impressione che da tutto l'ecosistema si alzi un grido disperato (nel senso usato da Holloway per l'uomo) che proviene da una miriade di individui, popolazioni, specie ormai destinati all'estinzione e nell'incapacità di sottrarsi a questo destino. Unica specie in continua crescita è Homo sapiens, la specie dominante, ma questo è vero soltanto per il profitto di pochi, e non sappiamo per quanto potrà durare: per chi suona la campana?
La conclusione che si può trarre da questi dati è che la biodiversità sta crollando e questo mette in crisi la biosfera. Siamo di fronte al più grande fenomeno di estinzione di massa nella storia del pianeta (Leakey & Lewin). La ricerca paleontologica ha già messo in evidenza almeno sei eventi di questo tipo, per cause naturali (ancora in discussione, l'ipotesi del meteorite appare la più verosimile). La settima estinzione, provocata dall'uomo sembra sia avviata a superare tutte le precedenti.

Interpretare adeguatamente i dati globali e le statistiche
Quanto sopra esposto non significa che il 40% delle specie presenti 100 anni fa sono effettivamente estinte, ma che su aree comparabili (per l'inventario floristico europeo si scelgono superfici di 5 ? 3 minuti geografici, pari a circa 35 km2) il 40% delle specie sono ormai scomparse: non sempre le stesse, dunque singole popolazioni possono ancora esser presenti in qualche lontana riserva naturale, esse però hanno perduto la necessaria variabilità genetica e sono sicure candidate all'estinzione. Il 40% è una percentuale molto elevata, però le perdite sono parzialmente oscurate dall'espansione di specie invasive, quindi il dato reale è probabilmente superiore.
Un confronto su dati precisi è possibile per la flora di molti paesi: per l'Italia ad es., alla metà del sec. XIX erano note 4309 specie, salite a 5599 secondo i dati del 1982 e a 6711 nel censimento del 2005. Questi dati vanno esaminati criticamente. Sembrerebbe di poter registrare un aumento di 2402 specie, cioè oltre il 50%, in 150 anni, però questo è dovuto a due fatti: frammentazione e invasione. Frammentazione significa che gruppi che un tempo erano considerati unitari, hanno rivelato mediante moderne tecniche macromolecolari una variabilità interna che ha permesso di riconoscere diverse specie, quindi la variazione numerica è dovuta all'aumento delle conoscenze, mentre il patrimonio biologico è rimasto immutato. L'invasione di specie aliene, provenienti da altri continenti, è un fenomeno generale in tutto il mondo come conseguenza del traffico commerciale e (da qualche decennio) turistico: in Italia esse sono per lo più di provenienza americana o tropicale, costituiscono quasi il 10% del totale, spesso hanno carattere invasivo oppure si tratta di specie allergeniche. La conclusione è che nella flora d'Italia l'aumento è apparente e dovuto soltanto all'inclusione di specie invasive, che costituiscono una sorta di inquinante.
Va qui fatto un piccolo commento metodologico. Le medie globali sono un'espressione del metodo scientifico che mira ad ottenere dati obbiettivi di validità generale. Questo potrà anche essere accettabile quando si indagano i principi generali della vita e dell'universo. Quando si tratta dell'ambiente, siamo di fronte ad un sistema complesso, ed il metodo riduzionista non permette un approccio adeguato. Esso tuttavia viene imposto da un ristretto gruppo di editori internazionali, interessati solamente ai profitti aziendali, attraverso il sistema: periodici autorevoli – fattore d'impatto – comitato di redazione – accettazione dei lavori – finanziamento delle ricerche – cattedre universitarie. Si arriva così all'invenzione di una scienza astratta coerente allo sfruttamento capitalistico.

Analisi delle cause
La crisi della biosfera è una conseguenza, forse la più drammatica, della espansione dell'economia capitalista a livello globale. Si tratta di un fenomeno limitato agli ultimi due secoli o poco più, e che dipende dal ciclo capitalistico, descritto adeguatamente già da Marx nel Capitale: l'imprenditore investe denaro (D1) per l'acquisto di risorse (R) ed il pagamento di forza lavoro (L) mediante i quali si producono beni (B) che vengono venduti ricavando denaro (D2). Il denaro compare sia all'inizio che alla fine del processo, che pertanto è ciclico, tuttavia è un motore che "gira" soltanto quando D2 > D1 cioè quando la somma ottenuta con la vendita dei beni prodotti è superiore a quella investita. In altre parole, il processo ciclico funziona soltanto quando l'imprenditore può ricavarne un profitto: in queste condizioni, il processo diviene autocatalitico e tende a crescere continuamente. La critica successiva, nella scia del pensiero marxiano, si è sviluppata soprattutto sui temi del plusvalore, del rapporto tra valore d'uso e valore di scambio, sfruttamento della forza lavoro, alienazione. Poca attenzione ha ricevuto un punto, benché espresso molto chiaramente nell'originale marxiano: il fatto che il ciclo capitalistico implica una continua crescita.
L'importanza di questo punto ha cominciato a divenire evidente soltanto nella discussione sui "Limiti allo sviluppo", verso la fine degli anni '70. Fino a quel momento esisteva la convinzione che il pianeta potesse essere considerato un contenitore illimitato, con una riserva inesauribile di risorse. Il primo campanello d'allarme è stata la crisi energetica del 1972; nello sviluppo successivo, che dura da oltre un trentennio, le crisi si sono moltiplicate ed è iniziata una serie di conflitti armati per assicurarsi il controllo di risorse di importanza vitale. A questo punto è chiaro che la crescita è soggetta a vincoli non eludibili. I principali sono: il vincolo energetico, la disponibilità di risorse scarse, l'esplosione demografica, il cambio climatico e già si profila la scarsità di acqua. In futuro sorgeranno certamente altri vincoli che in questo momento non siamo in grado di immaginare. È interessante notare come la comunità scientifica durante gli ultimi cento anni non abbia avuto la capacità di prevedere questa situazione (salvo qualche voce isolata presto tacciata di catastrofismo), mentre il chiarissimo discorso di Marx ne forniva tutte le premesse necessarie.
Un discorso a parte merita il vincolo ambientale. Lo schema marxiano sopra riportato dimostra come il ciclo capitalista sia in grado di funzionare solo se l'imprenditore ha un guadagno. A questo punto possiamo domandarci: se lui guadagna, chi perde? Ci perdono gli operai? Certamente no, perché essi sono ben contenti di ricevere un salario, benché sfruttati. Allora ci perde il compratore? Nemmeno questo è vero, perché lui scambia denaro (per lui improduttivo) con un bene che desidera possedere. In termini più moderni, si può riformulare la domanda: Come è possibile mantenere attivo il ciclo, rispettando il II Principio della Termodinamica? Perché il processo funzioni, è necessario prelevare risorse materiali dall'ambiente, che servono a produrre il bene, e quando questo non viene più usato i materiali utilizzati sono scaricati nell'ambiente e dispersi. In questo modo si paga il profitto dell'imprenditore. Così arriviamo alla risposta alla domanda iniziale: Chi perde? L'ambiente. Da quanto detto, deriva un risultato quasi paradossale: il ciclo capitalista è una macchina che funziona dissipando risorse ed inquinando l'ambiente; la produzione di beni è un aspetto del tutto secondario. Ce ne accorgiamo ora, quando constatiamo le conseguenze ambientali dell'economia capitalista.

La crisi della biosfera
Sugli effetti del ciclo capitalistico sulla società umana, soprattutto come sfruttamento ed alienazione, esiste una vastissima letteratura di contenuto politico e filosofico, facilmente accessibile. Quanto agli effetti sull'ecosistema, essi sono oggetto di numerosissime ricerche, ma i risultati di queste sono per lo più dispersi su periodici specializzati, accessibili soltanto agli specialisti del settore. Cerchiamo pertanto di dare un quadro, sia pure approssimato, di come il ciclo capitalistico sia diventato il principale fattore di distruzione della biodiversità.
L'impatto sull'ecosistema può essere diretto oppure indiretto. Gli impatti diretti sono sempre voluti e progettati dall'uomo e provocano modifiche drastiche ed immediate su aree ben definite, come ad es. quando un ambiente naturale viene trasformato in area urbana o industriale. Gli impatti indiretti invece sono conseguenze indesiderate di attività umane, e si applicano estensivamente e con intensità differente su aree vaste, che spesso possono superare i confini nazionali.
Come impatto diretto si intende la trasformazione di ecosistemi naturali in altri semplificati o agroecosistemi, per accogliere attività umane, oppure la deliberata distruzione di ecosistemi, per utilizzare lo spazio per fini economici.
Il capitolo degli impatti indiretti, invece, è la conseguenza di quanto sopra indicato come caratteristica essenziale del ciclo capitalistico, e cioè che tutti i materiali utilizzati durante il ciclo vengono prima o poi dispersi nell'ambiente in forma diffusa. Ad es., per costruire un frigorifero si possono usare metalli come ferro ed alluminio: essi si trovano nelle miniere in forma concentrata, vengono estratti e trattati con processi industriali per costruire i pezzi del prodotto; quando il frigorifero non è più in grado di funzionare, finisce in discarica, i singoli pezzi si separano, le parti metalliche sono attaccate da processi di corrosione, il ferro arrugginisce, e pian piano tutta la materia utilizzata si disperde nell'ambiente in forma diffusa. Si potrebbe raccogliere e riutilizzare, almeno in qualche caso, ma il processo non è economico. Infatti, l'alterazione e dispersione nell'ambiente non sono causate soltanto da incuria dell'uomo: sono la diretta conseguenza del II Principio della Termodinamica, che è impossibile violare, almeno nel mondo in cui viviamo.

Impatti sulla biosfera provocati dalle attività economiche
Tra gli impatti diretti rientrano l'espansione urbanistica, gli spazi per infrastrutture, la modificazione delle coste, le regolazioni fluviali, la deforestazione (soprattutto nella foresta tropicale), la messa a coltura di terre vergini. Impatto diretto sull'ecosistema si ha anche in conseguenza di modifiche della rete idrica, soprattutto quando questo sia causa di affioramento di salinità alla superficie del terreno. Gli impatti diretti per usi urbanistici ed infrastrutture in molti paesi possono superare il 10% della superficie totale, però gli effetti dirompenti sull'ecosistema sono molto più estesi, a causa della parcellizzazione del territorio, causata soprattutto dalle vie di comunicazione: infatti molto spesso le aree residuali, pur mostrando un assetto seminaturale, hanno una superficie inferiore al minimo necessario per la sostenibilità delle popolazioni naturali.
Impatti indiretti di tipo chimico vengono prodotti dalle attività più varie, basti pensare ai gas di scappamento delle auto, ai bruciatori dei termosifoni, all'uso di fertilizzanti e biocidi nell'agricoltura industriale. Tra i fenomeni più diffusi si possono ricordare le emissioni di anidride solforosa, ossidi di azoto, metalli pesanti per effetto di combustioni. Il fenomeno più dannoso per l'assetto ecosistemico è l'emissione di nutrienti, soprattutto azoto e fosforo, che produce l'eutrofizzazione. Sostanzialmente, è una sorta di concimazione involontaria provocata da sostanze di scarto, residui di combustione, diffusione dei fertilizzanti nella falda. Altre sostanze immesse nell'atmosfera sono causa di modifiche importanti dei fattori fisici che regolano l'ecosistema: i casi più importanti sono le emissioni di gas con effetto serra (anidride carbonica, metano, ecc.) che provocano il riscaldamento globale. Le emissioni di CFC sono la causa della formazione del buco nella fascia d'ozono, che protegge la superficie terrestre dalla radiazione ultravioletta.
La crisi generalizzata della biosfera nasce dal fatto che gli organismi degli ecosistemi naturali sono esposti a questi diversi tipi d'impatto, e vengono distrutti per azione diretta, oppure per l'effetto degli inquinanti. Nel caso dell'eutrofizzazione si potrebbe pensare che una fertilizzazione faccia bene all'ecosistema, ma non è così: infatti essa modifica i rapporti tra le singole specie, favorisce quelle che hanno capacità di crescita più rapida, che diventano invasive, così si accumula materia organica in eccesso rispetto ai normali processi di demolizione, ed alla fine si innescano processi di putrefazione. L'ecosistema funziona in condizione di risorse scarse e per questo offre una nicchia a tutte le specie in grado di sopravvivere: sono queste le specie che vengono eliminate dall'eutrofizzazione. Così la biodiversità può venire distrutta sia da sostanze nocive, sia dall'immissione di fertilizzanti.

Gestire la decrescita
Quando si tratta di "decrescita" siamo di fronte, almeno in apparenza, ad un termine negativo, che quindi può difficilmente essere indicato come un traguardo da raggiungere. In realtà, però, questo termine viene usato come parola chiave, alternativa a "crescita". Esso ha significato solo in relazione al ciclo capitalista, cioè riguarda una cosa creata dagli uomini, per il profitto di alcuni di essi. Se invece si guarda il problema nel contesto ecosistemico e dell'intera biosfera, "decrescita" significa salvaguardia delle popolazioni naturali ed in generale dei viventi, tra questi anche dell'uomo. Dunque, alla decrescita corrisponde in maniera simmetrica il recupero dell'ecosistema manomesso ed eventualmente la crescita della biodiversità, e questi sono percepiti come obbiettivi positivi.
È un compito immane, perché si tratta di cambiare il mondo, e non sappiamo come si possa arrivare a questo. Il fallimento dell'Unione Sovietica ha dimostrato che strumenti come lotta di classe, rivoluzione e conquista del potere dello stato non sono adeguati. Bisogna pensare in termini completamente nuovi ad una rivoluzione che porti ad una nuova cultura. Per avviarci in questa direzione si possono indicare alcune condizioni, ciascuna delle quali meriterebbe un discorso approfondito, ma in questa sede ci limitiamo ad enunciarle:

• Rinuncia alla violenza / alla guerra / al potere
• Crescita zero
• Salvataggio del patrimonio genetico
• Accordi globali per l'ambiente (dopo Kyoto)
• Riequilibrio demografico

L'ancoraggio a culture tradizionali
Il sistema capitalista esiste soltanto da due secoli o poco più: se qui sta il male, sarebbe possibile tornare a qualche tipo di società precedente? Evidentemente no, perché il potere e lo sfruttamento del lavoro esistono da quando esiste lo stato, cioè da migliaia di anni. Nessuno può seriamente proporre il ritorno alla società di cacciatori e raccoglitori. Però possiamo allora chiederci se nelle culture tradizionali esista tuttora qualche elemento alternativo rispetto al capitalismo. Qui bisogna ricordare che all'origine il capitalismo si sviluppa dall'etica protestante (M. Weber), quindi da quella parte è dubbio che possa venire l'insegnamento di come superarlo. In linea più generale, sembra che le religioni monoteiste abbiano una parte importante nella formazione di un mondo basato su violenza, guerra, conquista, potere. Questo probabilmente deriva dalla pretesa di possedere la verità, attraverso la rivelazione, e di avere la missione di imporla agli altri (fondamentalismo). Da questo sono derivate persecuzioni, genocidi e guerre di religione; anche l'attuale integralismo islamico deriva da questa matrice. Alla base sta una visione dualistica della realtà, divisa tra corpo–anima, spirito–materia. Questo tuttavia non esclude che in queste culture possano anche emergere pensatori di grande profondità (A. Schweitzer) e iniziative molto avanzate, ad es. nel campo del volontariato. Per quanto riguarda la biodiversità, la visione dualistica mette l'uomo in una posizione privilegiata rispetto agli altri viventi e la Bibbia autorizza lo sfruttamento di piante ed animali per le esigenze umane: anche questo va superato.
Su una posizione alternativa si trovano le religioni orientali, soprattutto il buddismo che riconosce la fondamentale unità dei viventi. Molte idee di pensatori cinesi (anche nelle tradizioni taoista e confuciana) sembrano anticipare le basi della teoria ecologica (ad es. Tien Tai): cinesi, giapponesi ed indiani possono affrontare il problema della decrescita come uno sviluppo della propria cultura, e la rivoluzione pacifica guidata da Gandhi ne è la prova. Per i popoli europei e mediterranei, invece sarà necessaria una svolta drastica.
Si può arrivare alla decrescita soltanto dopo il superamento del capitalismo, ottenuto con mezzi pacifici. Per imporre questo cambiamento è anzitutto necessaria una rivoluzione nel modo di vedere il mondo tra quelli che oggi sono oppressi. È necessario superare il ghetto antropico ed imparare a vedere i problemi a livello di biosfera. Sarà necessario superare il dualismo materia/spirito e stringere una nuova alleanza con tutti i viventi. Oggi prevale l'individualismo e l'interesse egoistico; si deve superare l'abitudine a giudicare ed agire in termini di "io" e passare ad un "noi" allargato, tale da includere tutto il mondo vivente.
Un altro punto importante, discusso in maniera approfondita da Holloway, è la centralità del "fare", che in questo caso potrebbe intendersi in un superamento della parcellizzazione del lavoro e del fordismo.
Un problema ulteriore è costituito dalla scala temporale: il sistema capitalista si muove con grande rapidità e tendenziale accelerazione, mentre per creare un nuova cultura ci vogliono tempi lunghi. Siamo già fuori tempo?
È possibile pensare ad un mondo nel quale si viva in condizioni di stabilità, senza l'ansia di crescita che caratterizza il capitalismo, e nel quale tutti i viventi, dai microrganismi all'uomo, abbiano una propria nicchia. Questa situazione si è mantenuta fino all'inizio dell'evo moderno, quando la popolazione mondiale non superava il mezzo miliardo. Tuttavia questa cifra è poco significativa perché i progressi scientifici e tecnologici degli ultimi secoli hanno permesso di aumentare in maniera notevole (Fattore 4, E. v. Weizsäcker) la produttività delle lavorazioni agricole ed artigianali. Comunque, una drastica diminuzione della popolazione mondiale rispetto agli attuali 7 miliardi circa sembra inevitabile, e durante questa fase sarà necessario un patto di stabilità per regolare i movimenti migratori dai paesi sovrappopolati. È chiaro che si tratta di processi complessi e sicuramente non indolori. Prima o poi il capitalismo andrà in crisi, ed esiste il rischio che si apra una fase di gravi conflitti. Di fronte a questi deve essersi formata una porzione di umanità, numericamente maggioritaria, in grado di affermare una società stabile, senza sfruttamento del lavoro di altri e ben integrata nell'ambiente e con gli altri viventi.


PIGNATTI S., 2006 – Biodiversità e decrescita. I Quaderni di Muscandia, 7: 17-24

(Il testo è di proprietà intellettuale dell'autore. E' vietata la riproduzione totale o parziale con qualsiasi mezzo senza la preventiva autorizzazione scritta dell'autore e dei responsabili dell'Associazione "Terra, Boschi, Gente e Memorie")


Sarah


"... mi rendo conto anche che non possiamo vincere questa battaglia per salvare specie e ambienti senza creare un legame emozionale tra noi e la natura, poiché non lotteremo per salvare ciò che non amiamo, ma che apprezziamo solo in qualche senso astratto" (S. J. Gould)
Torna all'inizio della Pagina

theco
Utente Super




6117 Messaggi
Tutti i Forum

Inserito il - 09 settembre 2007 : 22:53:03 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Cara Sarah, gent.mo prof. Pignatti,
la lettura di questo articolo è tanto interessante quanto inquietante.

Giorni fa ci si interrogava sul questo stesso forum sulle unità di misura della biodiversità, potremmo a questo punto concludere che la si misura in dollari... e che la formula per misurarla altro non è che il differenziale tra un investimento e un ricavo.

La lettura mi ha portato ad alcune riflessioni, che ho esitato a postare visto l'interesse intrinseco e il taglio esaustivo di quanto contenuto nell'articolo, ma in fondo un forum è prima di tutto uno strumento di confronto, e allora eccomi qua.

E' vero che nemmeno la logica del profitto, così connaturata al capitalismo, è in grado di infrangere i principi della termodinamica. Il contenuto di energia di un sistema chiuso si ostina a rimanere costante: consumare risorse impoverisce necessariamente il sistema.
Però il capitalismo forse avrà la forza di espandere il sistema chiuso, come ha già fatto e sta tuttora facendo tramite il colonialismo: la futura missione progettata su marte (pianeta chimicamente ricco) mi fa tanto pensare a questo tentativo (visto che la luna si è dimostrata sostanzialmente sterile).
Penso che se l'obiettivo fosse solo quello di cercare tracce di vita extra-terrestre, forse le sonde sarebbero più che sufficienti a portarlo a termine, discorso diverso è invece verificare se, a livello di economia globale, il vantaggio nell'utilizzo di quelle risorse supera il costo di andarsele a procurare.

Tra gli scenari futuri prenderei in considerazione anche l'ipotesi che non ci sia un 'dopo capitalismo'. L'umanità sembra in grado di modificare l'ambiente in cui vive in modo sfavorevole alla propria sopravvivenza, in fondo non siamo ancora in grado di assorbire l'ultravioletto solare, nè di metabolizzare metalli pesanti, nè di convivere con un ampio range di radiazioni, eppure tutto ciò non solo è possibile, ma è già reale.
Forse la vecchia selezione naturale potrebbe semplicemente selezionarci per l'estinzione.

Ma ammettendo che il capitalismo possa concludersi in qualcosa di diverso rispetto all'estinzione della specie dominante, la considerazione che più mi preme è relativa ai contenuti culturali di questa ipotetica fase di passaggio.

Non sono del tutto d'accordo sul fatto che, tra le culture tradizionali, siano quelle orientali a possedere un miglior potenziale di ripresa post-consumistico.
Le culture orientali sono ancorate, non meno delle occidentali, alle logiche dello sfruttamento e della guerra, basti pensare a Sun Tzu (l'arte della guerra) composto in Cina nel 4° secolo a.C., più di un millennio prima del nostro Principe, e oggi così in voga tra gli studiosi di strategie di mercato.
A titolo di esempio cito la terza legge di Sun Tzu: 'Indurre il popolo a condividere le finalità dei governanti, uniti nella vita e nella morte, senza timore del pericolo: questa è la Via (il Tao)'

Le culture orientali non hanno creato il capitalismo, hanno dovuto assorbire il made in Europe, ma questo non è dovuto a qualche ostacolo culturale, ma al fatto che la loro organizzazione sociale era ancora ancorata al modello latifondista, già archiviato in Europa dall'esportazione napoleonica della rivoluzione francese.
E il modello sociale latifondista, in oriente come in occidente, è stato padre di continue guerre, di sfuttamento e di ingiustizia sociale.

E la cultura occidentale invece? davvero può condurre unicamente alla riduzione della biodiversità?

'Per segnare le stagioni hai fatto la luna
e il sole che conosce il suo tramonto.
Stendi le tenebre e viene la notte
e vagano tutte le bestie della foresta;
ruggiscono i leoncelli in cerca di preda
e chiedono a Dio il loro cibo.
Sorge il sole, si ritirano
e si accovacciano nelle tane.
Allora l'uomo esce al suo lavoro,
per la sua fatica fino a sera.

Quanto sono grandi, Signore,
le tue opere!
Tutto hai fatto con saggezza,
la terra è piena delle tue creature.
Ecco il mare spazioso e vasto:
lì guizzano senza numero
animali piccoli e grandi.
Lo solcano le navi,
il Leviatàn che hai plasmato
perchè in esso si diverta.'


Davvero vi è capitato di leggere altri testi, risalenti addirittura al 10° secolo a.C., che contengano una visione così armonica della biosfera e del ruolo di ogni partecipante (uomo compreso) come parte di un tutto? Altri testi in cui si raggiunge così mirabilmente una sintesi tra l'apparente dualità della materia e dello spirito?
Eppure non si tratta nè di un testo buddista, nè di un'invocazione dei nativi americani, ma potrete trovare questo testo al salmo biblico numero 104.

E la giustificazione della superiorità dell'uomo all'interno della biosfera? si trova nel secondo racconto della Genesi:
'E Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somoglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra.'
Esiste un'interpretazione alternativa, chiaramente minoritaria, che sostiene che, essendo queste parole pronunciate da Dio, il termine 'dominio' va inteso in senso divino e non in senso umano; il dominio di Dio sull'uomo si concretizza in un lungo piano per la sua salvezza, e allo stesso modo il 'dominio' dell'uomo sulla biosfera dovrebbe essere rispetto e tensione verso la salvaguardia.

Naturalmente qui non ci interessa il contenuto fideistico di questi passi, ma solo quello culturale e ciò che vorrei sottolineare con questi esempi, non a caso prelevati dalla bibbia, è che nelle stesse basi della cultura occidentale sono presenti temi di rispetto per la biodiversità come valore primario, superiore all'uomo stesso e ai suoi egoismi.
Il capitalismo ha semplicemente scelto di emarginare questi contenuti culturali, poco confacenti ad un modello economico a crescita obbligata.

Cosa ne è stato di questi contenuti? sono andati persi? o sono sopravissuti in qualche nicchia culturale?
Non saprei rispondere a questa domanda, spesso tanto la scienza, quanto la passione naturalistica, mi danno l'impressione di un prodotto di scarto della cultura dominante, più che di un moto di pensiero realmente alternativo.

In conclusione di questo lungo discorso sulle culture orientali e occidentali (ma non sarà anche questa una falsa dualità?) vorrei dire che in realtà entrambe mi sembrano comunque poco adatte a fornire il substrato necessario ad elaborazioni post capitalistiche.
Penso che se riusciremo a rinunciare al capitalismo senza estinguerci, le risposte sul futuro vadano cercate ad un livello più profondo e più atavico rispetto al livello culturale. Vadano cercate in quell'insieme di stati e rapporti che accomunano tutti gli esseri umani, a prescindere dal loro abito culturale.

Ho pensato a lungo che le l'essere donna potesse avere la risposta, in fondo tutto quanto descritto mirabilmente dal prof. Pignatti è frutto di una storia e di un sviluppo storico e sociale di stampo squisitamente maschile.
Oggi non so più cosa pensare.

Ringrazio chi avrà avuto la pazienza di arrivare fin qui a leggere, e in primis Sarah e il prof. Pignatti per avermi dato l'occasione di fare queste riflessioni.

Ciao, Andrea
Torna all'inizio della Pagina

Daniele Taffon
Utente Junior

Città: Roma


32 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 24 settembre 2007 : 12:24:39 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Aggiungerei al discorso di Andrea, che condivido in pieno, che la cultura occidentale che ci sta portando alla rovina, ossia la cultura capitalistica, ha poco a che fare con le religioni cristiane e mi sento anche di dire con l'islam e l'ebraismo. Anzi nella Bibbia e ancora di più nei vangeli c'è proprio la risposta al male del mondo (leggi peccato). Non parlo di fede, attenzione...Ognuno di noi è libero di credere o meno. Parlo dei discorsi di Gesù: "non potete seguire Dio e Mammona (il Dio denaro)" Luca capitolo 16; o ancora quel meraviglioso pezzo chiamato inno alla provvidenza " guardate i gigli dei campi...gli uccelli del cielo". Di esempi se ne potrebbero fare centinaia. Il consumismo non viene dal cristianesimo, semmai si può dire che se i cristiani fossero veri cristiani forse la situazione oggi sarebbe diversa...Magari il mondo occidentale seguisse quello che è scritto nel vangelo...
Mi sento anche di parlare chiaro: e rivolgo una domanda al forum. Quanti di voi pensano che l'essere umano sia il "cancro della terra"? Quando gli ambientalisti sposano questa idea (a volte accade) ritengo facciano un pessimo servizio alla società umana...
Scusate la lunghezza e grazie al Prof. Pignatti per questo contributo (di cui condivido molto...non tutto come si capisce)
Ciao, Daniele
Torna all'inizio della Pagina

macromicro
Utente Super


Città: Piovene Rocchette
Prov.: Vicenza

Regione: Veneto


7113 Messaggi
Macrofotografia

Inserito il - 24 settembre 2007 : 12:47:43 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Daniele ha sintetizzato la situazione; condivido il suo esposto

Gianfranco
Torna all'inizio della Pagina

fern
Utente Senior

Città: Vicenza


2349 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 29 ottobre 2007 : 18:15:06 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Visto che sono diventato una mina vagante, non resisto al desiderio di raccontarvi una mia opinione a proposito di uomo, natura e mito. Mi sembra che nell'antichissima epopea di Gilgamesh si trovi l'analogo sumerico-babilonese del racconto biblico del peccato originale, e che getti una luce particolare su quel racconto. Poiche' non tutti l'avranno letto riassumo brevemente l'episodio:
Enkidu e' un uomo straordinariamente forte che vive con gli animali, e' forte e veloce come loro e vive in armonia con loro. La sua presenza impedisce al cacciatore di catturare gli animali e cosi' escogita un piano. Gli porta una donna, una prostituta sacra, che fa l'amore con lui e lo introduce alla civilta'. Quando Enkidu tenta di tornare fra i suoi animali si rende conto che non puo' piu' farlo: non puo' piu' correre come loro e quelli lo fuggono.
Il parallelismo con il racconto biblico mi sembra chiaro:
- stato di natura iniziale, armonia uomo-animali
- cio' che rompe questo stato e' una donna
- in compenso l'uomo conquista la civilta' (nella Bibbia non dimentichiamo
che le arti sono inventate dai discendenti di Caino).
E' difficile non pensare che il peccato originale rappresenti in ultima analisi proprio la coscienza di questa rottura dell'armonia uomo-natura, qualcosa che ci portiamo dentro dalla notte dei tempi.

Fern
Torna all'inizio della Pagina

theco
Utente Super




6117 Messaggi
Tutti i Forum

Inserito il - 29 ottobre 2007 : 20:49:56 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Continua a vagare mina, benvenuto Fernando, a te e all'epopea di Gilgamesh
In effetti sono molteplici i rapporti tra quel mito e il racconto biblico.

Mi sembra molto interessante la tua lettura del peccato originale, quale rottura dell'armonia uomo-natura. In epoca moderna quest'idea si è sviluppata nella filosofia di Rousseau e nel suo famoso topos del 'mito del buon selvaggio'.

Certamente la tua è una lettura poco ortodossa del peccato originale, ma non per questo meno interessante. A questo punto potresti chiudere il sillogismo che hai aperto:
- per il racconto biblico il peccato originale è la rottura della prima alleanza tra l'uomo e Dio;
- per il mito sumero il peccato originale è la rottura dell'armonia tra l'uomo e la natura;
- dunque il cerchio dei miti si chiude se identifichi Dio con la Natura.

Che ne dici? un po' troppo animista come conclusione?

Ciao, Andrea
Torna all'inizio della Pagina

fern
Utente Senior

Città: Vicenza


2349 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 30 ottobre 2007 : 14:13:55 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Mi fa molto piacere che trovi interessante la mia idea. Tornando alla tua proposta, diciamo che sarebbe panteismo al 100%, e questo e' un passo che non sono disposto a fare. Penso piuttosto che ci siano due piani di lettura: un racconto che aveva in origine il significato di rottura dell'armonia uomo-natura e' stato adattato per indicare la rottura dell'uomo con Dio E la natura (la cacciata dal paradiso con tutti gli annessi, il suolo che non da' piu' i frutti come prima ecc.). Ciao,

Fern
Torna all'inizio della Pagina

theco
Utente Super




6117 Messaggi
Tutti i Forum

Inserito il - 30 ottobre 2007 : 15:17:24 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Messaggio originario di fern:

Mi fa molto piacere che trovi interessante la mia idea. Tornando alla tua proposta, diciamo che sarebbe panteismo al 100%, e questo e' un passo che non sono disposto a fare. Penso piuttosto che ci siano due piani di lettura: un racconto che aveva in origine il significato di rottura dell'armonia uomo-natura e' stato adattato per indicare la rottura dell'uomo con Dio E la natura (la cacciata dal paradiso con tutti gli annessi, il suolo che non da' piu' i frutti come prima ecc.). Ciao,

Fern


Piuttosto che ad una derivazione diretta preferisco pensare, da buon darwiniano, all'esistenza di un progenitore comune tra i due miti. In fondo il bello dei miti è che affondano talmente in profondità nell'animo umano da potere poi essere letti e riscoperti in tante chiavi, a volte disinteressate a volte no; l'amicizia tra Gilgamesh ed Enkidu è stata vista anche, per esempio, come un prodromo dell'amore omosessuale.

Utilizzo la parola 'mito', in relazione alla Bibbia, riferendomi solo al suo contenuto letterale e non a quello spirituale. Ci sono moltre persone, tra cui il sottoscritto, che pensano che quel particolare mito, a differenza di altri, sia di ispirazione divina.
Al di là dell'ispirazione, che non posso e non voglio mettere in discussione, rimane il fatto che la Bibbia è stata materialmente scritta da mani umane, che non potevano avere altri riferimenti culturali se non quelli della loro epoca: gli antichi miti e non le moderne analisi del dna.

Dopo questo doveroso disclaimer, vista la delicatezza dell'argomento, ritorno al progenitore comune.
Potrebbe trattarsi di qualcosa di non scritto, di anteriore all'estensione materiale di ogni mito, qualcosa che, proprio per la sua qualifica di sapere pre-culturale, apparteneva agli uomini di allora come a quelli di oggi, agli uomini di oriente come a quelli di occidente.

Il motivo fondamentale dell'epopea di Gilgamesh è l'angoscia dell'uomo di fronte alla certezza della morte e i suoi tentativi (goffi) per venire meno a questa necessità. Penso che anche le religioni e le loro scritture (tra cui la Bibbia) partano da questa angoscia fondamentale dell'uomo, suggerendo soluzioni diverse.

Ma questo discorso ci porta un po' lontano dal tema di questo post, dovremmo fare uno sforzo per attualizzare queste idee, in chiave di 'biodiversità e decrescita'.
Nell'Eden biblico, così come nella vita di Enkidu, regnava la perfetta armonia tra l'uomo e la natura (nella Bibbia addirittura l'armonia regnava anche tra prede e predatori), purtroppo per noi il ritorno all'Eden non è una soluzione praticabile (non fosse altro per il fatto che Dio mise cherubini armati alle sue porte, per impedire all'uomo di avvicinarsi all'albero della vita, visto che aveva mangiato dell'albero della conoscenza), occorre praticare qualche altra strada.

Come dicevo nel mio primo intervento, sono convinto che questa battaglia non possa essere vinta attraverso la cultura, ma spero che lo si possa fare facendo leva su qualcosa di più profondo della cultura. La paura della morte, come visto, è una delle basi di tanti miti e noi oggi siamo ancora, e di nuovo, di fronte a questa paura, amplificata dai meccanismi evidenaziati nell'articolo del prof. Pignatti.

Cosa dovrà accadere perchè ci si renda conto di questa realtà? che non stiamo discutendo democraticamente dei pro e dei contro dello sviluppo, adagiati nelle nostre comodità, ma siamo di fronte all'angoscia di Gilgamesh: dobbiamo fare qualcosa per evitare di soccombere a noi stessi.

Ciao, Andrea
Torna all'inizio della Pagina

Akis bacarozzo
Utente V.I.P.

Città: Bologna
Prov.: Bologna

Regione: Emilia Romagna


424 Messaggi
Tutti i Forum

Inserito il - 31 ottobre 2007 : 14:26:17 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Sono in gran parte d'accordo col Pignatti (metto l'articolo perché il prof. Pignatti è per i naturalisti un vate).
Il prof mi pare una delle poche persone coraggiose che raccomandano la crescita zero, argomento spigoloso e spesso evitato perché si ritiene che non sia giusto impicciarsi delle scelte riproduttive altrui (ma allora che dire della campagna mediatica volta a denigrare chi non vuole avere figli?).

Dissento un pochino quando attribuisce buona parte delle colpe al capitalismo. Per meglio dire, sono d'accordo se intende riferirsi al capitalismo in senso lato, comprendendo tutte le forme di società economico-centriche. In fondo anche il comunismo non è diverso, il valore centrale è comunque il lavoro, quindi la produzione. E' vero che nel capitalismo gli aspetti economici assumono un rilievo spesso ridicolo: si arriva a considerare l'aumento della produzione un bene in sé, anche se ciò che si produce è inutile o persino dannoso.

Temo che il desiderio di espandersi, di avere di più, sia insito nella natura umana, nella natura di qualsiasi uomo. Credo che le diverse ideologie (o religioni) non siano la causa dei comportamenti umani, ma che, al contrario, siano state forgiate sulla base dei desideri umani, per giustificarne il perseguimento.
Non basta combattere il capitalismo, bisognerebbe cambiare la natura umana, l'istinto di prevaricazione, la mania di lavorare, lavorare, lavorare... per arrivare dove?

Bisognerebbe rivalutare l'ozio. Certo c'è un limite, se si ozia troppo si muore di fame. Ma la giusta dose d'ozio aiuta a riflettere, a vedere la vita in un'altra prospettiva. Dovremmo fermarci a pensare. Ma pensare è faticoso e porta a scoprire verità scomode. E' più facile far finta che vada tutto bene e seguire la massa.

Non sono ottimista. Sembra che il Pignatti abbia qualche speranza. Io no. Credo che riusciremo a estinguere la maggior parte delle specie. Questo potrebbe non succedere solo se la popolazione umana diminuisse drasticamente a causa di epidemie, peraltro possibili, anzi sempre più probabili man mano che la popolazione aumenta. Ma anche questo non è un bello scenario. Credo che, comunque vada a finire, andrà a finire male.


Silvia
Torna all'inizio della Pagina

fern
Utente Senior

Città: Vicenza


2349 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 31 ottobre 2007 : 14:35:38 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Sono d'accordo con Andrea "Theco" su molti punti, a cominciare dal significato del mito nella Bibbia, cui avevo accennato in modo molto sbrigativo. Sono d'accordo anche sul fatto che siamo finiti fuori tema, ma la visione della natura attraverso i tempi e le culture mi sembra un argomento estremamente interessante, che mi piacerebbe approfondire.
Dissento sulla sfiducia nella cultura, che in fondo e' l'unica vera arma che abbiamo. Perche', riallacciandomi al discorso sulla biodiversita' e al fatto che certe cose hanno valore se uno le sente, credo che quella sensibilita' si chiami cultura, nel suo significato piu' vero.
La paura e' una leva molto forte: e' il motivo per cui l'argomento ambiente/energia/cambiamenti climatici si e' conquistato tanta parte nei notiziari da un anno in qua, con poco costrutto devo dire, a giudicare dalla mancanza di iniziative concrete, almeno in Italia. Molti ormai molti capiscono che la decrescita arrivera' volenti o nolenti: leggete ad esempio questo documento
Link
Per molti aspetti e' troppo tardi e non riusciremo a cavarcela a buon mercato. Mi sembra che qualcosa di fondamentale si sia rotto: io non ho mai superato lo shock del 2003, che ha dimostrato che certi meccanismi di compensazione, su cui avevo sempre inconsciamente contato non funzionano piu'. Ora so che in una stagione puo' scomparire un ecosistema e, dopo una buona pioggia, mi dico: possiamo tirare avanti un altro mese.
"Questo di tanta speme oggi ci resta ..."
Ciao,

Fernando


Modificato da - fern in data 31 ottobre 2007 14:49:00
Torna all'inizio della Pagina

theco
Utente Super




6117 Messaggi
Tutti i Forum

Inserito il - 31 ottobre 2007 : 15:34:00 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Messaggio originario di fern:
"Questo di tanta speme oggi ci resta ..."


"... a noi prescrisse il fato illacrimata sepoltura"

Il completamento della tua citazione, Fernando, assume in questo contesto una sfumatura particolarmente sinistra

Benvenuta sul forum, Silvia, aspettiamo insieme l'opinione di qualche ottimista.

Ciao, Andrea
Torna all'inizio della Pagina

ecolab
Moderatore

Città: lucera
Prov.: Foggia

Regione: Puglia


634 Messaggi
Tutti i Forum

Inserito il - 01 novembre 2007 : 19:56:29 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Nella situazione in cui viviamo e con la mentalità imperante è molto difficile essee ottimisti!
E' anche difficile individuare "la responsabilità" della situazione.
Ognuno cerca, come è comprensibile, il "motivo" della rottura di questo equilibrio uomo - natura.
Quasi sicuramente quelle che sono individuate come le cause di questo evento da lole non avrebbero prodotto i guasti di cui siamo testimoni. Piuttosto questo è accaduto attraverso la somma di tutte queste cause.
L'uomo si è posto al di fuori della natura (rottura dell'armonia uomo-natura), ha fatto della propria "comodità" una religione peraltro molto comoda da seguire individuando nel denaro il proprio dio (praticamente di fronte alla necessità di scegliere fra Dio e mammona ha scelto quest'ultima), si è considerato l'unica specie degna di considerazione (le altre sono utili solo se ci fanno comodo = producono il nostro benessere immediato).
Senza voler peraltro entrare in dotte disquisizioni (sono troppo piccolo per esserne capace), basta gurdarmi intorno per capire come il profitto sia ormai l'unic interesse dell'umanità: chi mi conosce e conosce il mio lavoro si chiede come mai io "perda tempo inutilmente" a studiare animali e piante senza ricavarci soldi!
Il mondo economico e le sue leggi supportano questa teoria: se non c'è profitto in quel che facciamo perché lo facciamo?
Condividere con gli altri è assai scomodo, non è conveniente. Non lo è fra noi umani, figuriamoci con altri esseri viventi che consideriamo inferiori a noi!
E' la stessa filosofia che ha creato e mantenuto lo schiavismo (se muore uno schiavo che ci interessa?). E' la stessa filosofia che ha provocato la disruzione delle popolazioni dell'Amazzonia (sono primitivi, occupano spazi preziosi, non ci rendono niente, che ci interessa di loro?).
La biodiversità? che è? quale profitto posso avere da una farfalla, da un ragno, da un rettile, da una pianta, ecc?
Ecco, al di là delle motivazioni filosofiche, teologiche, mitologiche, vedo l'Egoismo dell'uomo. E' triste, molto triste dover "monetizzare" la natura per trovare una giustificazione alla sua tutela!
Forse dico un'enormità, ma mi vien pensato che questa mentalità abbia portato grossi guai; facciamo una salto a casa nostra, nel nostro piccolo, nei nostri parchi: quante (troppe) volte si è sentito dire che il parco fa bene perché porta turismo e denaro? Tutela della natura come possibile fonte di reddito!!
E quando questa possibilità di reddito si confronta con certezze di redditi maggiori e più immediati che succede?
Se dovessi seguire il filo dei miei pensieri concluderei che l'uomo si è troppo espanso, ha rotto l'equilibrio con la natura proprio in questo!
l'ecologia ci insegna che tutte le volte che una specie esplode demograficamente in modo incontrollato tutto l'ambiente ne soffre. Però questo principio non viene applicato all'uomo.
L'uomo è "sacro" (soprattutto quello economicamente emergente), non abbiamo più predatori, abbiamo notevole successo sulla maggior parte delle malattie (per carità, appartenendo a questa specie mi sta pure bene, egiosticamente parlando), non c'è angolo del mondo che si sia salvato dalla nostra presenza ed avidità. Mi viene da pensare che la natura, la biodiversità, gli equilibri soffrano per la troppa invadenza dell'uomo.
Basta. Non voglio infliggervi di più le mie elucubrazioni neanche troppo dotte.
E' il piccolo pensiero di un mediocre naturalista affranto.
preferisco leggervi ed imparare da voi.
quanto a Pignatti, è un grande, interpreto la sua espressione "economia capitalistica" come "economia egoistica" .... mi ci ritrovo di più.
giampaolo
Torna all'inizio della Pagina

Akis bacarozzo
Utente V.I.P.

Città: Bologna
Prov.: Bologna

Regione: Emilia Romagna


424 Messaggi
Tutti i Forum

Inserito il - 02 novembre 2007 : 11:06:03 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Grazie ad Andrea "Theco" per il benvenuto.

Concordo con quanto dice Giampaolo "Ecolab": la gestione dei parchi naturali è un esempio perfetto, da cui si capisce bene quale sia l'atteggiamento della gente nei confronti della natura.
Pensate che vicino a casa mia vogliono trasformare un parco naturale in un'azienda agricola, affermando che le coltivazioni e l'allevamento aumenteranno la biodiversità. Non ho parole. Quando ci sono di mezzo i soldi, il buon senso svanisce. E chi pensa che l'economia non sia la cosa più importante viene preso per pazzo.
Ben venga la pazzia, allora.

Silvia
Torna all'inizio della Pagina

simmare
Utente nuovo

Città: milano


10 Messaggi
Tutti i Forum

Inserito il - 04 novembre 2007 : 16:58:38 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Ciao a tutti, sono nuovissimo del forum, ed è davvero emozionante poter affrontare argomenti del genere.
vorrei semplicemente esprimere la mia opinione...Io sono un altro pessimista convinto, convinto che i mali da noi creati siano difficilmente rimediabili e che la strada imboccata sia senza ritorno.
Imboccata magari inconsapevolmente , o senza prevenzione, chi lo può dire, non conosciamo nessun altra società di esseri viventi che possiamo definire intelligenti, quindi nn abbiamo termini di paragone per poter giudicare un processo evolutivo di un essere come l’uomo.
Sarebbe fantastico pensare di rimanere i 7 miliardi che siamo, bloccare l'espansione demografica, e di conseguenza tutto ciò che direttamente implica! Perché alla fine l’uomo cè da migliaia di anni,
credo infatti che sarebbe forse la soluzione che piu immediatamente potrebbe presupporre un equilibrio uomo-natura piu sensato..
Ma è proprio qui che vorrei esprimere il mio concetto,la mia visione è forse la piu semplicistica possibile ma in cui ancora credo.
Io non credo in una rottura uomo-natura, credo infatti che se anche siamo arrivati a un gradi tencologico, tenore di vita, conoscenze ,e chi piu ne ha piu ne metta, tali da renderci la specie dominante ( forse piu adatto prevaricante) sulla terra, da distinguerci da qualsiasi altro essere vivente conosciuto, altro che non rimaniamo che una delle tante specie, altro non rimaniamo che degli animali.
Detto cosi sembra un pò riduttivo per la nostra specie, ma come saprete siamo una specie relativamente giovane sul pianeta terra, e per questo mi viene da pensare che l'EGOISMO di cui giustamente si parla, non sia altro che una spietata forma istintiva di sopravvivenza!
Ciò lo credo proprio perchè sfruttiamo e sfrutteremo le risorse fino a esaurimento, come farebbe qualsiasi altro essere vivente, con l'unico scopo di riprodursi e tramandare i proprio caratteri.
Siamo esseri pensanti è vero e qui dimostriamo come la variabilità esista anche nel modo di pensare,ma questo se veniamo presi individualmente, ma se ingrandiamo la scala di indagine rimaniamo davvero una specie che si adatta, sfrutta le risorse per nutrirsi , cresce e si riproduce...l'equilibrio si ristabilirà all'esaurirsi delle risorse, esaurita la preda, la selezione naturale fa il suo corso...
Quindi essendo la nostra nicchia ecologica finita( il pianeta) cosi come le risorse( tutte), è ovvio che la nostra presenza, e finche sarà di questa entità, e crescerà con questo ritmo, provocherà inevitabilmente perdita di biodiversità.
Mi consola solo pensare che sicuramente non estingueremo mai tutte le specie viventi del pianeta, quindi in qualsiasi altra forma , una volta estinto l’uomo, la biodiversità riprenderà piede, magari in maniera piu affascinante.

L’ipotesi a cui nn voglio credere, è la capacità dell’uomo di colonizzare altri pianeti, allora li si che sarebbe la rovina, e non solo del pianeta terra, ma fortunatamente per ora è qualcosa di improbabile.

Simone






"solo quello che conosciamo possiamo amare....solo quello che amiamo siamo disposti a proteggere"
Torna all'inizio della Pagina

Daniele Taffon
Utente Junior

Città: Roma


32 Messaggi
Flora e Fauna

Inserito il - 18 novembre 2007 : 18:54:58 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
Io non posso essere d'accordo con la visione pessimista.
Il pessimista è sconfitto in partenza.
Penso invece che questa meravigliosa specie, creatrice di arte, scienza e imprese incredibili, supererà anche la sfida della vita armoniosa con la natura. I semi già si vedono, basta non farsi distrarre da chi grida al lupo al lupo per i propri interessi.
Ciao
Torna all'inizio della Pagina

Acipenser
Utente Senior


Città: Francoforte sul Meno
Prov.: Estero

Regione: Germany


1668 Messaggi
Tutti i Forum

Inserito il - 25 marzo 2010 : 01:12:29 Mostra Profilo Apri la Finestra di Tassonomia
La presente discussione è stata recuperata dalla vecchia versione di L'UOMO E LA NATURA: SCIENZA CULTURA ED ETICA; prima di intervenire si prega di leggere qui.

Buon proseguimento.

Tautò tèni zon kài
tethnekós kai egregoròs
kai kathèudon kai nèon kai
gheraiòn tade gàr
metapésonta ekéina ésti
kakèina pàlin táuta.

Eraclito, Frammenti, 88; Di passaggio, Franco Battiato.
Torna all'inizio della Pagina
  Discussione Precedente Discussione Discussione Successiva  
 Regolamento da sottoscrivere per partecipare alla discussione
 Versione Stampabile my nm Leggi più tardi
Scorciatoia






Natura Mediterraneo © 2003-2024 Natura Mediterraneo Torna all'inizio della Pagina
Questa pagina è stata generata in 0,35 secondi. TargatoNA.it | Movie BackStage | Snitz Forums 2000

Leps.it | Herp.it | Lynkos.net