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Nelle campagne il cicaleccio accompagnava i mietitori nelle loro fatiche, facendoli meditare sull'ingiustizia che lì a poco avrebbero subito nella spartizione del raccolto col padrone. Spesso pensavano che il canto non annunciasse che questo, tanto che, in Romagna, accatastando i covoni, ripetevano amaramente: "Dice la cicala al cicalino: il grano al padrone e la paglia al contadino". Un'altra caratteristica della cicala è quella di avere gli occhi molto sporgenti, quasi stessero per schizzare fuori dalla testa. In un'antica leggenda si diceva: «Una volta, tanti anni fa, un cuculo lavorava nella costruzione di una casa, trascinandosi su e giù per le scale portando sulle spalle la calce, ed aiutandosi, per la gran fatica, ripetendo
so pu', so pu', so pu' (su pure, su pure, su pure). Un insolente cicala, posata poco lontano, lo canzonava dicendogli:
dai, dai, dai (dagli, dagli, dagli). Il cuculo, persa la pazienza, la rincorse, raggiungendola proprio in una bottega di un fabbro, dove, preso un martello, la schiacciò su un'incudine, facendogli schizzare gli occhi fuori dalla testa». La proverbiale inoperosità della cicala, traspare anche da un detto bolognese:
Gratar la panza alla zigala (Grattare la pancia alla cicala), riferito a chi se ne sta in panciolle tutto il giorno e chiacchiera tanto per far trascorrere il tempo. Un gioco molto comune tra i fanciulli era quello di catturare questi insetti alla mattina, quando erano ancora intorpiditi dal freddo della notte, per poi infilarvi una pagliuzza nell'addome. Dopo tale tortura, le cicale non erano più in grado di cambiare direzione nel volo, ed erano costrette a volare in linea retta fino a quando non cadevano stremate dalla fatica. Di questo crudele trastullo fanciullesco, resta il detto "Andar dritto come la cicala con la paglia nel sedere", riferito a chi, dopo avere subito un torto, cammina via dritto, senza mai voltarsi. Comunque sia, il canto della cicala era di buon augurio, specialmente se lo si udiva nel mese di settembre. A Modena dicevano che "Se la cicala canta in settembre, non comprare frumento da vendere", in quanto il suo canto era il segno che la buona stagione si era conservata a lungo, permettendo ai contadini di fare scorte alimentari per l'intero inverno.
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